martedì, gennaio 31, 2006

La Fiat 

La Fiat è tornata in utile dopo quattro anni, ha investito molto nei processi produttivi, nei modelli ed ora potrebbe investire anche sui progetti di comunicazione se lo volesse.

La pubblicità interattiva in televisione è particolarmente adatta per il settore automobilistico, peccato che in Italia la conoscenza sui nuovi modelli di progettazione delle campagne interattive sia ancora poco diffusa. Ci si limita ancora alla possibilità di prenotare una prova o a visualizzare le caratteristiche dell'auto, quando si potrebbe fare molto di più.

Ricordo che con il progetto on line della Fiat Barchetta, la casa torinese ha fatto un'interessante sperimentazione, è davvero un peccato che non sia andata avanti.

Alla Fiat non costerebbe poi molto progettare un piccolo laboratorio sull'innovazione nella comunicazione, per testarne le nuove forme, come già sta facendo BMW in Germania.

Sempre in movimento 

Non è ancora partita l'Iptv, che qui si lavora già ai modelli per i contenuti per il DVB-H.

Lo sviluppo tecnologico ha dei ritmi davvero impressionanti, è veramente difficile stare al passo, ma esiste un termine che è stato cancellato dal mio vocabolario: noia.

Per chi vuole innovare e ha buone idee, questo è il momento più bello.

La percezione degli investimenti 

  1. imprese che spendono centinaia di migliaia di euro per le fotografie di un catalogo perché vogliono a tutti i costi il fotografo di grid0, vogliono risparmiare sulle creatività per il loro sito web.
  2. broadcaster o aziende telefoniche che investono milioni di euro su infrastrutture per le televisioni digitali, vogliono risparmiare sulle analisi di usabilità
  3. agenzie di comunicazione che hanno clienti innovativi ritengono inutile qualsiasi investimento in ricerca e sviluppo o formazione del personale.
  4. operatori che hanno vinto bandi e che hanno ottenuto finanziamenti, pagano volentieri hardware e software, ma i contenuti li vogliono gratis.
Mi chiedo talvolta dove sia la logica.

Nuotare nelle acque del cambiamento 

Quello che le ricerche spesso non dicono 

Che dramma scoprire dopo aver investito tanto che il tuo brand è estremamente visibile, ma che risulta antipatico.

Ma le ricerche lo dicono o cercano di indorare la pillola per non perdere i clienti?

lunedì, gennaio 30, 2006

Rivediamo anche le presentazioni? 

Un'altra vignetta di Doug Savage

Dove si impara il marketing? 

Dove si impara il marketing oggi? Bastano i corsi universitari o devono essere integrati? Come progettare la formazione permanente di marketing?

Sono domande a cui sto cercando di rispondere con una serie di progetti di formazione su cui sto lavorando.

Anche i responsabili marketing più esperti si stanno rendendo conto che tante cose stanno cambiando sotto i nostri piedi. Vogliamo fare qualche esempio (per nulla esaustivo) in ordine sparso?
  1. La definizione degli obiettivi di marketing
  2. La progettazione dei contenuti di marketing
  3. La costruzione del marketing e dell'advertising mix
  4. L'utilizzo delle tecnologie digitali per la comunicazione di marketing
  5. Le metodologie per la misurazione delle campagne di comunicazione
  6. La progettazione di un brief per le campagne integrate
  7. L'evoluzione della progettazione di un sito web
  8. L'analisi dell'usabilità dei touch point
Forse è di consolazione sapere che queste domande se le stanno ponendo tanto le imprese quanto le loro agenzie di comunicazione.

Occorre essere umili e avere il coraggio di rimettersi a studiare con tanta determinazione e impegno, l'obsolescenza delle competenze è sempre più veloce.

L'aggiornamento costante è questione di sopravvivenza. A tale proposito suggerisco la lettura dello studio di Henrik Schneider, sull'obsolescenza delle proprie competenze causate dal rapido sviluppo dei cambiamenti dell'ICT perchè è molto pertinente.

Vivere nel passato 

Vienna è una bellissima città, i turisti italiani la adorano, a passeggio per Stephansplatz o sulla Kaerntner Strasse, in primavera, spesso si sente parlare quasi solo italiano. Nei negozi, tutto ci parla dei fasti del passato, i programmi teatrali celebrano la musica di Strauss e Mozart.
Mozart è stato il più grande genio musicale di tutti i tempi.

Parlando con gli austriaci non traspare ottimismo sul futuro, l'economia non è particolarmente brillante e molti giovani pensano di trovarsi nuove chance professionali all'estero.

L'Austria è innegabilmente un Paese molto proiettato nel passato, da osservatore esterno non faccio fatico a notarlo.

Quali sono i prodotti realmente made in Austria che possono essere competitivi sui mercati internazionali? Quali sono gli asset competivi per il Sistema Paese Austria oggi?

Firenze è una bellissima città, i turisti austriaci e tedesci la adorano, a passeggio per via del Corso o via degli Strozzi, in primavera, spesso si sente parlare tedesco. In giro per i negozi possiamo trovare gli straordinari prodotti della moda italiana. Noi riteniamo che la moda italiana sia la migliore al mondo.

Parlando con un austriaco in vacanza a Firenze emerge la realtà: "la moda italiana è di altissima qualità, ma non è l'unica, ci sono anche gli spagnoli, gli stilisti del nord europa e quelli d'oltre oceano, ma gli italiani vivono ancora nello splendore del passato, ritengono la loro moda l'unica vera alta moda e tendono a sottovalutare la concorrenza dall'estero. Lo stesso vale per la gastronomia e per il vino dove Paesi come il Cile, il Sudafrica, l'Australia stranno dando gran filo da torcere ai vini italiani".

E' proprio vero che dovremmo vedere le cose con più obiettività e soprattutto smettere di vivere esclusivamente nel passato. E' facile giudicare quando sotto la lente c'è qualcun'altro.

domenica, gennaio 29, 2006

Il marketing percepito 

La foto è di Zepfabio

sabato, gennaio 28, 2006

Corporate Self- Esteem 

Un'altra brillante vignetta di Doug Savage

Evoluzione, rivoluzione o devoluzione dei media? 

Ci troviamo in un periodo di transizione ed è estremamente difficile riuscire a distinguere tra tendenze di aggiustamento (anche reversibili) e quelle di carattere più strutturale.

Ci possiamo infatti chiedere ad esempio quanto si spingerà il processo di frammentazione delle audience sui diversi media e sui diversi contenuti disponibili, considerato che dal lato dell'offerta, gli operatori che avranno un business model non sostenibile tenderanno a scomparire oppure ad essere assorbiti, mentre dal lato della domanda, gli utenti con l'aumentare dell'esperienza selezioneranno direttamente le fonti che producono contenuti ritenuti rilevanti e marginalizzeranno coloro che si limitano ad amplificare o "rimodellare" contenuti di altri senza creare valore aggiunto.

Possiamo poi domandarci quali saranno i modelli di business dei contenuti disponibili, ovvero quali e quanti contenuti saranno disponibili gratuitamente (free press, blog, programmi televisivi ecc) e quali quelli premium, ma anche quali disponibili attraverso modelli misti che sicuramente verranno introdotti nei prossimi 24 mesi.

Infine dobbiamo chiederci quali saranno i rapporti di forza contrattuale tra produttori, aggregatori e distributori di contenuti nella grande competizione per le audience su tutti i media.

Se ripercorriamo la storia economica del nostro Paese, possiamo osservare che dal dopoguerra, siamo passati da un'economia agricola basata sull'autoproduzione ad una produzione di massa che ha diffuso i prodotti di largo consumo.

L'avvento della Grande Distribuzione Organizzata ha dato un impulso all'industria, ne ha razionalizzato i costi di distribuzione, ha creato nuovi mercati ma ne ha anche diminuito la forza contrattuale. Questa è una delle ragioni per cui l'industria ha sviluppato con grande determinazione i prodotti di marca facendo aumentare in brevissimo tempo gli investimenti pubblicitari e permettendo la nascita e lo sviluppo della televisione commerciale.

Il processo di concentrazione nell'industria sta premiando oggi i soggetti più vicini ai consumatori, quelli che meglio controllano la distribuzione.

Nel panorama dei media, anche in seguito al processo progressivo di digitalizzazione, forse stiamo assistendo al processo inverso: la prevalenza della produzione.

La frammentazione delle audience e del mercato premierà chi saprà produrre o aggregare contenuti di valore anche per target di limitata ampiezza in modo economicamente sostenibile o chi si presenterà sul mercato con modelli innovativi di business che consentiranno di alimentare l'industria dei contenuti.
La "distribuzione" rischia la comoditizzazione (mi scuso per l'orribile termine).

Per certi versi si tornerà al periodo degli anni quaranta e alla produzione dei cosiddetti "branded contents" ma con modelli più complessi ed evoluti.

Credo di non avere difficoltà ad affermare che ci troviamo di fronte ad una svolta epocale, per questo gli attuali equilibri sono fortemente instabili.

giovedì, gennaio 26, 2006

Il vero mestiere dell'uomo di marketing 

Quest'opera è di Don Tatro

Si possono brevettare le idee? 

Si possono brevettare le idee? Il brevetto è buono o cattivo? Denota l'arroganza delle multinazionali o tutela le piccole aziende innovative? Vale in quanto tale o richiede investimenti tecnologici? Penalizza i paesi economicamente più deboli o incentiva la competività? E' utile applicarlo ai nuovi settori innovativi?

I frequentatori di Marketing Usabile, sanno che questi sono dei temi caldi anzi roventi. Qui si parla di innovazione e di incentivi all'innovazione ma anche degli strumenti per difenderla, per farla sviluppare e per remunerare giustamente chi lavora.

Devo ringraziare Andrea Granelli per avermi così gentilmente inviato il suo recente libro, scritto con Andrea Bonaccorsi e Riccardo Pietrabissa, edito da Medusa (ma si facciamo pubblicità), che come si capisce dal titolo, cerca di affrontare i quesiti che ho esposto in apertura, che ho trascritto dalla presentazione del volume.

Leggerò il libro con grandissima attenzione e posso già affermare, che se mi fornisse anche solo una risposta ai diversi quesiti posti, avrà sicuramente raggiunto lo scopo che gli autori si sono prefissi.

La bufala del marketing interattivo oggi 

Ho criticato in passato, il sistema pubblicitario italiano, (sia dal lato della domanda sia da quello dell'offerta), cercando sempre di essere costruttivo e propositivo, perché ritengo di avere sviluppato qualche idea innovativa negli ultimi anni in cui sono tornato ad occuparmi di ricerca sulla comunicazione di marketing.

Oggi vorrei esprimere la mia opinione sullo stato dell'arte del marketing interattivo e credo di potermelo permettere visto che sono oltre dieci anni che me ne occupo professionalmente.

Sappiamo tutti molto bene che oggi l'attenzione è la vera risorsa scarsa e che questa ha un valore economico, per questo le diverse campagne di marketing interattivo remunerano i comportamenti degli utenti (attenzione, fornitura di dati, prova, acquisto...) con un incentivo come si è sempre fatto. Fin qui credo, non ci sia assolutamente niente di male.

La rete, poi, allarga le dimensioni del possibile: dalle promozioni, ai concorsi, dai giochi, al marketing virale e tanto di più. E' l'ambiente ideale per il marketing interattivo.

Per la maggioranza delle campagne interattive che ho avuto modo di osservare, noto una grande mancanza di empatia da parte di chi le organizza. Più che ad interessarsi all'interlocutore e a cercare di comprenderne esigenze, sentimenti e opinioni, si tende a propinargli quasi esclusivamente gratificazioni istantanee, reali, come premi, campioni di prodotto, o aspirazionali come la possibilità di conoscere un campione sportivo o avere l'accesso ad un provino televisivo.

E' evidente che la mia è una provocazione bella e buona, utilizzo volutamente la metafora della bufala, non intendendo il termine come sinonimo di fregatura, o sòla (se vi piace di più), ma come di uno scambio mercantile basato su una commodity, appunto la mozzarella di bufala (attenzione o azione dell'utente contro premio o incentivo), come se fossero tutti cani di Pavlov.

Prima di offendersi, vorrei che qualche operatore si ponesse queste questioni:

  1. come si farà ad organizzare una campagna di marketing interattivo con questi schemi, quando anche sulle televisioni digitali come su internet ci saranno 50, 100, 200 campagne e si potrà giocare, richiedere coupon e partecipare a concorsi di ogni tipo?
  2. come si farà a raggiungere quegli utenti (e vi assicuro che ci sono) che stanno diventando immuni all'incentivo del premio o quelli che ritengono che la loro attenzione o comunque i propri dati personali hanno un valore economico superiore all'incentivo offerto?
  3. chi lo ha detto che ad esempio le promozioni, che spesso hanno una valenza tattica di breve periodo non possano anche essere utilizzate strategicamente?
Sono sicuramente problematiche reali. Se avete letto fin qui, sono sicuro che qualcuno si aspetterà da parte mia una risposta; ci sarà, ma non ho dubbi che per molti sarà deludente.

La mia personale convinzione è che il marketing interattivo debba diventare più empatico. A che mi serve raccogliere punti mille miglia se poi quando li devo redimere, gli operatori delle compagnie aeree mi trattano come un parassita, quando quel momento dovrebbe invece essere il miglior modo di celebrare il cliente?

Il marketing interattivo come è progettato oggi, almeno nel nostro Paese, assomiglia molto al comportamento del marito che trascura la moglie e che dopo una litigata pensa di risolvere tutto regalandole un mazzo di rose rosse e portandola a cena fuori.

Mi dispiace, purtroppo non funziona così. Per questo le moglie ripetono sempre, la solita frase come se fosse un mantra: "mi hai regalato dei fiori, ma non lo hai fatto con il cuore."

Temo che abbiano ragione.

mercoledì, gennaio 25, 2006

Marketing e neutralità tecnologica 

Ho deciso da alcuni anni di percorrere la strada della neutralità tecnologica, questo vuol significa che pur nell'ambito del marketing digitale, mi sto occupando di tutti i mezzi e non solo di alcuni (internet).

E' una scelta difficile perché è molto difficile tenersi al corrente sull'evoluzione tecnologica dei diversi mezzi, ma ho scelto di limitarmi ai modelli di fruizione e ai contenuti per il marketing.

Ritengo la neutralità tecnologica una necessità per i clienti perché molte agenzie creative non sono certamente neutrali tecnologicamente. La maggioranza di quelle che conosco, tende a proporre ai propri clienti i mezzi che conosce meglio (televisione, below the line, internet ecc) piuttosto che andare ad avventurarsi in terreni sconosciuti.

Quando alcune web agencies dichiarano di essere neutrali tecnologicamente, si riferiscono ad esempio alle tecnologie relative al loro ambito di operatitivà e non ai media in generale.

Questa è a mio modesto avviso, una delle ragioni per cui non si vedono progetti realmente crossmediali.

La foto è di PPDIGITAL

martedì, gennaio 24, 2006

L'art director oggi (senza offesa) 

L'immagine è di Don Tatro

Brand Impact 2005 

Quale brand ha avuto il maggior impatto a livello internazionale sulle nostre vite nel 2005?

E' troppo facile, sono sicuro che tutti voi avete già indovinato.

Qui il link al 5° Reader's Choice Award di Interbrand.

lunedì, gennaio 23, 2006

Il problema dell'innovazione nella formazione universitaria 

Il dibattito lanciato da Alfonso Fuggetta sull'incongruenza del comportamento di diversi studenti universitari , continua sui commenti al suo post.

Tra i tanti interventi segnalo quello di Carlo che pone un quesito a mio avviso importante:

Come mai nel 1996 la rata annuale si aggirava attorno al milione e duecentomila lire e oggi si aggira sui mille e trecento euro (Universita’ di Trieste)?

In questo lasso di tempo (dieci anni per raddoppiare le tasse: un inflazione media dell’8%) i servizi a disposizione degli studenti non hanno avuto nessun tipo di miglioramento. In cosa sono andati a finire quei settecento euro di aumenti annuali?

Scusami se qui sono in totale disaccordo e sono pure provocatorio, ma potrei essere d’accordo su un aumento delle tasse SOLO a fronte di VERE innovazioni: sale computer non invase da 486 obsoleti, migliorie alle strutture e rafforzamento del rapporto docente/studente.

Ti domandi perche’ CEPU ha fatto fortuna?
Io credo che uno dei motivi sia perche’ paghi per non essere un semplice numero.

Sono ovviamente punti di vista, io sono da quello dello studente che guarda allibito la mancanza di cooperazione a fronte di un innalzamento delle tasse…

La discussione è senza via di fuga perchè hanno ragione tutti.

L'Università non migliora perché i fondi sono insufficienti, ma è altrettanto vero che su quelli gestiti, gli sprechi e le inefficienze sono moltissime.

Gli studenti non sono disposti a sopportare un aumento delle tasse universitarie per principio e a maggior ragione quando non vedono un aumento dell'efficienza e produttività delle università.

E' evidente che occorre una nuova "politica della formazione" perché quella attuale non sta funzionando visto che sono tutti scontenti (i professori, le università, gli studenti e le imprese che vogliono personale qualificato).

Siamo tutti d'accordo quando si sostiene che la formazione debba essere considerata come il propulsore dell'innovazione, il vero problema è come rompere questo circolo vizioso.

domenica, gennaio 22, 2006

Mostrare il vero volto del brand 

L'immagine è di Raspberrytart

Marketing Usabile, Consumatore Responsabile 

Questo blog si propone di diffondere la cultura di un marketing usabile, dal volto più umano, ma per essere davvero onesti intellettualmente, occorrerebbe riflettere anche sul livello di maturità del consumatore, le cui scelte appaiono spesso incomprensibili.

La maturità di un mercato dipende da entrambi la domanda e l'offerta.

Non posso che essere d'accordo con Alfonso Fuggetta, quando ci fa notare una delle tante incongruenze a cui assistiamo ogni giorno in Italia parlando della situazione delle università con un ragionamento che non fa una piega.

Scrive Fuggetta "...... gli studenti si lamentano della qualità dei servizi offerti dagli atenei. Per cui ci sono decine di migliaia di studenti che si rivolgono a strutture come il CEPU, che in questi anni ha visto crescere il proprio fatturato fino a raggiungere le centinaia di milioni di euro.

Ma come? Gli studenti si lamentano del servizio ma non vogliono pagare più tasse. E poi danno centinaia di milioni di euro a strutture che nulla hanno a che fare con la formazione universitaria?"

Sia chiaro, non è il CEPU il problema, è un'impresa che ha individuato una nicchia profittevole e ha creato un business miliardario.

Ci lamentiamo della scarsa qualità dei programmi televisivi, della mancanza di cortesia di molti negozianti, dell'affidabilità dei politici, ma poi non modifichiamo le nostre scelte di acquisto, di lettura e visione o di voto.

Il gioco è duplice, un marketing usabile si rivolge ad un consumatore responsabile. Qui si tratta di rompere il circolo vizioso e cominciare ad innescare un processo virtuoso.

Chi incomincia?

venerdì, gennaio 20, 2006

Do you love your customers? 


Fonte: Savagechickens.com

Creatività in pubblicità 

Da quanti anni si dibatte in Italia nei vari convegni, sulle riviste specializzate sulla crisi della creatività in pubblicità?

La "colpa" di questa crisi sarebbe imputabile, secondo qualcuno alle agenzie pubblicitarie che utilizzerebbero schemi troppo consolidati, mentre altri ritengono che il vero problema sia l'atteggiamento conservativo di molti responsabili della comunicazione in azienda, che invitano le loro agenzie pubblicitarie ad essere creative, ma di fatto scelgono le proposte più tradizionali. Non voglio entrare in questa polemica, non mi interessa.

Quando un giorno in seno all'Associazione Italiana Marketing, di cui ero Consigliere Direttivo, ho proposto di organizzare un workshop per parlare di creatività e marketing in collaborazione con alcune associazioni professionali del mondo della Comunicazione, sono stato letteralmente "fustigato". "Come ti permetti e quale titolo hai per parlare di creatività a chi di creatività ne fa la sua professione ?" Questo era in soldoni, il pensiero generale.

Ragioniamo ancora a compartimenti stagni, per questo l'innovazione nel nostro Paese è scarsa.
Mi ritengo un creativo, ma non in senso classico. Non ho mai elaborato alcuna idea creativa o originale, non ho mai scritto nulla di inedito, non ho mai inventato nulla. Eppure negli ultimi dieci anni ho fatto tanta innovazione. Come è possibile?

Per chiarire il concetto, è opportuno distinguere tra l'idea creativa e la progettazione creativa.
La creatività, come ci insegna Edward De Bono è un processo che non riguarda solo la fase ideativa. Professionalmente mi occupo della creatività nella fase di esecuzione. Oggi le tecnologie digitali consentono di trasformare, esaltare, amplificare gli effetti di un'idea creativa.

Questo secondo aspetto, che afferisce ad esempio all'utilizzo dei mezzi digitali per la produzione e per la "distribuzione" di un messaggio, anche pubblicitario, ha ampi spazi di innovazione creativa, ma di questo, ad esempio le agenzie di pubblicità non parlano mai, perché è un terreno che conoscono poco, ivi comprese le web agencies.

Per queste ragioni, mi sento perfettamente a mio agio quando parlo di creatività anche ai creativi, perché anche loro hanno qualcosa da imparare, come tutti.

mercoledì, gennaio 18, 2006

you can't please everyone 

Come sta cambiando la comunicazione? Forse una vecchissima storiella dei primi anni del novecento ci può dare alcune indicazioni.

A man and his son were once going with their Donkey to market. As they were walking along by its side a countryman passed them and said: “You fools, what is a Donkey for but to ride upon?”

So the Man put the Boy on the Donkey and they went on their way. But soon they passed a group of men, one of whom said: “See that lazy youngster, he lets his father walk while he rides.”

So the Man ordered his Boy to get off, and got on himself. But they hadn't gone far when they passed two women, one of whom said to the other: “Shame on that lazy lout to let his poor little son trudge along.”

Well the Man didn't know what to do, but at last he took his Boy up before him on the Donkey. By this time they had come to the town, and the passersby began to jeer and point at them. The Man stopped and asked what they were scoffing at. The men said: “Aren't you ashamed of yourself for overloading that poor Donkey of yours—you and your hulking son?”

The man and Boy got off and tried to think what to do. They thought and they thought, till at last they cut down a pole, tied the Donkey's feet to it, and raised the pole and the Donkey to their shoulders. They went along amid the laughter of all who met them till they came to Market Bridge, when the Donkey, getting one of his feet loose, kicked out and caused the Boy to drop his end of the pole. In the struggle the Donkey fell over the bridge, and his fore-feet being tied together, he was drowned.

“That will teach you,” said an old man who had followed them:

“Please all, and you will please none.”

Differenziazione formale oppure sostanziale? 

La foto è di Thomas Hawk

I pericoli dell'iperspecializzazione 

Mi sono laureato in Economia Aziendale all'Università Bocconi con specializzazione Marketing.

Dopo la laurea ho iniziato a lavorare per imprese industriali del settore tessile, grazie alla mia tesi sperimentale sulla previsione delle tendenze moda nel settore tessile-abbigliamento che ha suscitato l'interesse per le aziende per cui ho poi lavorato.

Verso la prima metà degli anni 90 ho iniziato a frequentare la "rete" ed è stata subito passione. Ho intuito allora che internet sarebbe potuto diventare uno straordinario ambiente di comunicazione anche per le aziende, visto che lo era già per le persone. Da quando era stato inventato il browser Mosaic, vedevo crescere a ritmi esponenziali gli utenti di internet a livello globale: 12 milioni, 18 milioni, 24 milioni, 30 milioni.... Il futuro era sicuramente li.

Ho deciso di specializzarmi, leggendo libri, frequentando corsi ed elaborando le mie prime teorie e senza paracadute mi sono buttato, aprendo il primo studio di consulenza per quello che allora veniva chiamato il cybermarketing. Dopo aver fatto le prime esperienze con aziende lungimiranti e aver incassato decine di no, da imprese anche di grandi dimensioni che non riuscivano a capire perché diavolo avrebbero dovuto spendere dei soldi per essere "presenti in questa fantomatica rete", ho pensato di organizzare la prima conferenza in Italia (che io sappia) sull'internet marketing con la casa editrice Tecniche Nuove ad Assago. (Correva l'anno 1996)

Mi sono ulteriormente specializzato in pubblicità on line, studiando, leggendo e frequentando seminari all'estero, affrontando tutti i temi del web advertising e dell'allora nascente search engine marketing. Ho organizzato in quel periodo la prima conferenza sul web advertising a Vigevano all'interno della prima edizione di una fiera dedicata all'industria del Web, Internet Expo, dove veniva presentata una nuova rivista: Web Marketing Tools, con cui avrei poi collaborato per diversi anni. I protagonisti di allora, oggi sono tra i più stimati professionisti del mondo del marketing e della comunicazione digitale (Mauro Lupi, LaylaPavone, Federico Rampolla, Massimiliano Bancora, Nicola Silvestri per citarne alcuni). (Siamo nell'anno 1997)

Il mio lavoro non è passato inosservato ad una new media agency, Inferentia, che ha deciso di assumermi per portare all'interno dell'azienda le competenze specifiche del web marketing.

Il successo di alcune campagne di web marketing, una fra tutte il lancio che ho curato personalmente del portale ciaoweb sul web, ha portato alla costruzione di una nuova struttura dedicata al marketing digitale che avrebbe preso il nome di Web Media Center, WMC.
In questa nuova struttura, mi sono occupato della ricerca e sviluppo, concentrandomi sui temi dell'innovazione: affiliation, campagne in pay per performance, nuovi formati e nuove tecniche di pianificazione pubblicitaria.

Mi sono presto accorto, che la specializzazione poteva essere un'arma a doppio taglio e che mancavano nel panorama italiano della comunicazione competenze trasversali che abbracciassero i mondi del marketing, della creatività, della tecnologia, della ricerca e ho deciso di fare un passo indietro.

Ho iniziato ad occuparmi con successo di convergenza e di multicanalità, allargando le mie competenze ai mezzi mobili, alle tv digitali, al Crm, alla progettazione dei contenuti e alla comunicazione crossmediale. Avrei divulgato il mio approccio in due convegni. Il primo per The Economist Conferences, sulla Tv Digitale Terrestre, il secondo per la Broadband Week, sulle Televisioni Digitali. L'approccio era quello olistico, volto ad analizzare i processi di integrazione. Non ero più uno specialista, ma ero diventato un creativo generalista.

Per farla breve, parlando ieri con un'impresa multinazionale con cui sto collaborando per un progetto molto complesso, mi è stato chiesto di organizzare un incontro operativo, non coinvolgendo per il momento le persone che hanno sui diversi aspetti delle competenze molto specialistiche. In questo momento hanno in azienda la necessità di sviluppare una visione di insieme, dei dettagli se ne parlerà dopo.

Mi sono presto reso conto che l'iperspecializzazione è un'arma a doppio taglio, che può portare alla comoditizzazione. Oggi non sono più come un tempo esperto di singole problematiche come il search engine marketing, l'usabilità e via discorrendo, ma ho sviluppato una visione di insieme che mi sta consentendo di gestire progetti anche molto complessi. Questa scelta, apparentemente contro tendenza, mi sta dando straordinari risultati.

Sui temi del marketing olistico, dell'integrated marketing communication e della customer experience management, mi muovo infatti con più disinvoltezza rispetto a prima. Con le imprese con cui mi sto relazionando, c'è grande sintonia, mentre molte agenzie di comunicazione, sembrano facciano molta fatica a comprendere di che cosa diavolo stia parlando. Mi sembra di essere tornato indietro di dieci anni.

martedì, gennaio 17, 2006

Servono nuovi significati, non nuovi spazi pubblicitari 

La foto è di Eggplant

I rischi dello zero based marketing 

Generare attenzione a grandi livelli e su base continuativa, è molto costoso e molto faticoso. Qualcuno cerca sempre di trovare delle scorciatoie.

Lo zero based marketing sta diventando oggi una forma di marketing parassita che cerca di sfruttare la notorietà altrui per promuoversi a costo zero.

Laura Lake ne da una definizione benigna. Se fosse solo una strategia di esternalizzazione di costi, oppure un approccio creativo al marketing non ci sarebbe nulla di male, anzi.

Il problema è che oggi zero viene associato al budget in modo tale che con il termine zero based budget, si intendono tutte quelle strategie di promozione, a costo zero o quasi.

Se Chuck Lamb, posa da morto per ottenere visibilità e ci riesce, per mostrare a tutti le sue "abilità di attore", Ann Howard, cerca di ottenere a sua volta visibilità per la sua agenzia di pr, dicendo al mondo di essere riuscita a far invitare Lamb, allo show di Jay Leno.

Niente di nuovo sotto il sole. Succede anche da noi, La visibilità come prodotto "stand alone", alimenta un'intera industria delle "pseudo celebrità", che vanno "professionalmente" ad inaugurare discoteche ristoranti, o catene di negozi, quando non sono impegnati a scrivere instant book, o partecipare a film trash.

Non c'è nulla di moralistico nel mio ragionamento, ognuno è libero di fare quello che vuole. Se qualcuno è in grado di capitalizzare la sua popolarità/visibilità anche per periodi brevi perchè non dovrebbe farlo?

Chi invece cerca di utilizzare la visibilità di queste "meteore" per cercare di promuovere gratuitamente i propri prodotti e servizi, si renderà presto conto che alla fine, tutto ha un prezzo e che non esiste nulla che abbia costo zero se non si è in grado di produrre valore. Un prezzo lo si paga sempre, anche se non è monetario.

domenica, gennaio 15, 2006

C'è anche bisogno di cuore 

La foto è di Roberdan

sabato, gennaio 14, 2006

Altre riflessioni sulla mobilità e sulla mobile tv 

Come diversi analisti hanno fatto notare, i modelli di fruizione dei contenuti digitali costitueranno un ulteriore criterio di segmentazione della domanda.

Il dibattito attuale sulla sostenibilità dei modelli di business ad esempio del DVB-H in relazione alla mobile tv, è di primario interesse per chi deve produrre, aggregare, distribuire e trasmettere contenuti audiovisivi che si sta ponendo questi quesiti:
  • quale modello di business per la mobile tv?
  • quanto è ampio il mercato oggi e in un prossimo futuro?
  • quali sono i contenuti più adatti?
  • quali sono le caratteristiche dei segmenti di utenza potenzialmente interessati?
  • quale integrazione tra contenuti e servizi a valore aggiunto?

Per chi invece si pone nell'ottica di marketer ed è interessato alla mobile tv, desidera avere risposte anche ad altri quesiti:
  • chi sono i soggetti che distribuiscono contenuti audiovisivi in mobilità che si rivolgono ai differenti pubblici di nostro interesse? (broadcaster, telcos, portali ecc)
  • i pubblici che noi vogliamo raggiungere in mobilità stanno mostrando una predilizione per specifici modelli di fruizione? (streaming sul cellulare, vodcasting fruito da un portale e scaricato sul terminale mobile, broadcasting in mobilità, contenuti video fruiti attraverso la consolle di gioco ecc)
Allo stato attuale, queste domande sono ancora senza risposte, tuttavia, sia dal lato della domanda, sia dal lato dell'offerta e dagli utenti finali, giungono segnali di vivo interesse per la mobile tv e per la fruizione degli audiovisivi di rete in mobilità.

Continuo a pensare che il mondo dell'offerta sia ancora troppo concentrato sulle tecnologie e non abbia prestato attenzione sufficiente ai contenuti specifici per la mobilità.

Riflettere sul mobile marketing 

L'interesse per il "telefonino" come strumento di comunicazione di marketing è facilmente spiegabile. E' il secondo "medium" dopo la televisione in termini di penetrazione. E' l'unico dispositivo davvero personale, che ci portiamo sempre con noi.

Cresce di giorno in giorno, il numero di device che vengono presentati sul mercato, che consentono di fruire contenuti audiovisivi e multimediali in mobilità (smart phone, palmari, consolle portatili, mobile media player, wearable device, sistemi car-navi ecc).

Ho visto diverse campagne di mobile marketing in cui francamente non ho capito le ragioni di utilizzo del device mobile per la pianificazione e quali reali benefici poteva dare all'utente quella specifica scelta.

Credo che non si sia riflettuto ancora abbastanza sui modelli di fruizione dei contenuti in mobilità.

Il concetto di mobilità è alquanto complesso e articolato, comprende temi come la mobilità nel tempo (always on - fruizione sincrona, asincrona, push e pull, e quindi tipologia di contenuti e servizi e relative modalità di trasmissione), ma anche portabilità (tipologie di mobilità nello spazio, livelli di mobilità e modelli di fruizione dei contenuti), solo per citarne alcuni.

Quali saranno i contenuti ed i formati di comunicazione per il marketing in mobilità per i differenti segmenti di utenza, sarà un argomento molto caldo che verrà discusso al prossimo Miptv a Cannes. Si parlerà infatti di mobile marketing e multicanalità (partecipation tv, integrazione e marketing convergente)

Loghi, suonerie e sms marketing sono caratteristici della preistoria del mobile marketing. Le opportunità offerte dai nuovi device e dalle nuove frontiere della mobile tv, e dall'interessamento di giganti come Google, Yahoo e altri, ai mezzi mobili ci spingono ad un approccio più completo e complesso. Molta letteratura sull'argomento sarà resa disponibile quest'anno e contribuirà ad alimentare il dibattito in corso.

L'anno 2006 sarà sicuramente un anno di svolta per lo sviluppo del mobile marketing.

venerdì, gennaio 13, 2006

La consuetudine e la conservazione nel marketing e nella comunicazione 

Ancora sul cultural divide e sulla formazione permanente 

Vorrei nuovamente tornare sul tema della formazione permanente e sul cultural divide. Il tema è davvero importante e ha delle enormi ricadute sul mercato del lavoro e sull'intera ecoomia.

Un tempo, gli investimenti in formazione di chi ha frequentato corsi universitari o post laurea avevano tempi relativamente lunghi. Inoltre l'effetto esperienza faceva si che il tempo di permanenza in azienda o comunque il numero di anni di esercizio di una professione aveva una relazione positiva con il livello di competenza maturato.

Oggi non è più cosi. In un periodo come quello che stiamo vivendo, caratterizzato da forti turbolenze ambientali e dall'elevata velocità di cambiamento, chi è fresco di studi può avere un bagaglio culturale differenziale e padroneggiare una serie di "tools intesi in senso lato" che chi lavora da diverso tempo può non disporre.

Sto parlando quindi dell'obsolescenza delle competenze.

Per questa ragione sto insistendo così tanto sulla formazione permanente nel comparto della comunicazione, dove vedo dei cambiamenti e delle evoluzioni davvero radicali.

Da oltre dieci anni metto il tema della formazione permanente tra le mie priorità. Esistono diverse opportunità a disposizione: corsi di aggiornamento, libri, riviste, siti web, blog, conferenze e seminari e via discorrendo.

Sono molto preoccupato per il futuro della Comunicazione italiana, quando vedo che molti operatori si ostinano ad utilizzare logiche e strumenti che in modo del tutto evidente si stanno dimostrando inadeguati anche se hanno funzionato per tanto tempo.
Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettare risultati diversi.
(A. Einstein)


Il problema dell'anonimato in rete 

Mantellini cita in un suo post un articolo di Bruce Schneier su Wired, sulle ragioni dell'importanza dell'anonimato in rete, che sottolinea quanto il vero problema sia quello che con il termine "accountability" intende la raccolta surrettizia di informazioni su un utente grazie alle tracce che ha lasciato in rete durante tutti i percorsi di navigazione o ai messaggi/commenti "lasciati" in gruppi di discussione o blog.
Nicholas Negroponte aveva già nel 1999, definito questa pratica (con un articolo sempre pubblicato da Wired), come la costruzione del "digital self" denunciandone la pericolosità.

Ne avevo già scritto molti anni fa su Web Marketing Tools, illustrando il caso di Deja News, un motore di ricerca di newsgroups che verso la fine degli anni 90 aveva istituito un servizio per il quale era possibile costruire il profilo di un utente, in base alla raccolta dei suoi messaggi postati nei diversi newsgroup.

Alcuni navigatori si sono molto risentiti quando hanno ricevuto spam relativo ad offerte personalizzate di prodotti e servizi costruite utilizzando "dati sensibili" prelevati in rete. La sensibilità non stava nei singoli dati, ma nella loro raccolta ed organizzazione sistematica grazie al servizio di Deja News. Gli utenti di newsgroup erano infatti consapevoli che le loro opinioni ed i loro commenti andavano a finire su un "medium pubblico" e quindi "a disposizione" potenzialmente di milioni di persone, quello che invece appariva sconvolgente era il fatto che tramite il servizio di Deja News, fosse possibile ricostruire mediante la raccolta dei diversi messaggi postati da uno stesso individuo (anche in periodi diversi) un suo profilo, talvolta molto dettagliato.

Ancora oggi è possibile consultare il database di Deja che è stato nel frattempo acquisito da Google, ma il servizio come era stato inizialmente concepito è stato modificato.

Il tema centrale non è più quindi solo quello dell'anonimato e della privacy, ma più in generale dell'identità in rete. Tanto è vero che oggi si discute moltissimo di Identity 2.0, argomento di cui parlerò in prossimi post.

giovedì, gennaio 12, 2006

Lo sviluppo in Italia delle piccole e medie imprese 


L'opera è di Gagné

Non prendiamoci troppo sul serio :) 


Si è vero, stiamo affrontando i temi del cambiamento nel marketing e nella comunicazione. Ma ci sono alcune cose che davvero non cambiano.

Ringrazio Roberto Albano, per avermi gentilmente inviato le foto della premiazione dell'Interactive Key Award da lui ideato e organizzato, in cui sono stato giurato. (Io sono quello con la busta in mano e la faccia perplessa, quello meno fotogenico di tutti).

Diciamoci un po' le cose come stanno, nella foto troverete i premiati (che rappresentano idealmente l'innovazione) ci sono i giurati (che rappresentano idealmente i testimonial) ci sono gli organizzatori (che rappresentano idealmente gli abilitatori) e ci sono i conduttori.

Guardate bene la foto e ditemi in tutta sincerità tra tutti i soggetti idealmente rappresentati, dove casca l'occhio?

Questa metafora per spiegare che la rincorsa all'innovazione non è fine a se stessa e che certi "driver" rimarranno immutati. Siamo persone umane, con le nostre peculiarità e con le nostre debolezze.

Questo è un post scherzoso per rimanere con i piedi per terra e per non prendersi troppo sul serio :), che vuole ricordarmi che è bello parlare di RSS, di blog, di tv digitali e di podcasting, ma che spesso ci dimentichiamo di Renato, Filippo, Maria, Angelo ecc che non hanno tutta questa dimestichezza con i nuovi mezzi e che sarebbe un gravissimo errore trascurare.

Ci occuperemo anche di loro. :)

Ripensare la pianificazione di marketing 

" When do your marketing dollars bring you the least ROI? It's not a trick question...it's simply when they're aimed at the wrong people. But how often do we revisit such basic ideas?

Peter Clark

Per approfondimenti leggi: marketing budgets aren't very strechy- ore are they?

Dispersione e concentrazione degli investimenti pubblicitari 

In questa fase di transizione, alcuni termini utilizzati in pubblicità devono essere ripensati.

Dispersione e concentrazione degli investimenti
"E' necessario non disperdere gli investimenti pubblicitari perchè al di sotto di una certa soglia non producono risultati o li producono in modo non significativo, per tanto occorre orientare tali investimenti sui mezzi/canali che si dimostrano più efficaci"

Il principio è sempre valido, ma occorre tenere conto:
  1. della frammentazione delle audience e della difficoltà di raggiungere i target desiderati
  2. del fenomeno del multitasking
  3. del nuovo panorama mediale, (in profonda evoluzione)
  4. della inadeguatezza di alcune metriche di misurazione dell'efficacia
  5. dei media partecipativi in cui prevalgono logiche differenti dalla pianificazione pubblicitaria
Ritengo che i più forti cambiamenti verranno dal lato dei centri media, che se non si adegueranno, rischieranno di essere disintermediati nella peggiore delle ipotesi (poco probabile), e più probabilmente rischieranno che il loro lavoro venga "banalizzato" e inserito tra le "commodities", con ovvie ripercussioni sulla loro profittabilità.

mercoledì, gennaio 11, 2006

Pre-school product placement? 

La foto è di Pollas

Space shifting e la rivoluzione dei contenuti on demand 

Di Tivo, Dvr e di time shifting ho scritto abbondantemente e mi sono accorto di non essermi occupato di un importante cambiamento nei modelli di fruizione dei contenuti: lo space shifting.

Si tratta della possibilità di copiare o trasferire un contenuto digitale da un device per il quale il contenuto era destinato ad un altro, ad esempio copiare file musicali da un CD ad un lettore Mp3, dopo le opportune conversioni.

Il progetto televisivo DigiTalk che va in onda su Sky Canale 817, di cui sono coautore, non solo è disponibile sul web, ma è anche scaricabile su un palmare oppure su un lettore mp3.

I podcast su Tivo sono uno degli esempi più interessanti di space shifting.

E' evidente che i concetti tradizionali di reach & frequency sono da rivedere alla luce del mutato scenario mediale, così come sono da rivedere gli attuali metodi di misurazione delle audience sui vari mezzi che stanno diventando digitali.

L'importante è farsi capire 


La foto è di Bluewave

martedì, gennaio 10, 2006

Ancora sul marketing esperienziale 

Sono tanti oggi a dire di fare marketing esperienziale, anche io me ne sto occupando, rendendomi perfettamente conto che è un termine alquanto generico che significa tutto e niente.

Il marketing esperienziale si differenzia secondo il suo focus che può essere:

  1. Il cliente
  2. gli ambienti in cui il brand agisce e si relaziona con i suoi pubblici
  3. l'identità visuale e percettiva del brand
  4. i processi relazionali
  5. i touch point
Per un analisi più approfondita, rimando all'articolo di Leigh Duncan, ripromettendomi di ritornare sull'argomento scrivendo dei progetti su cui sto lavorando attualmente.

Una volta che la definizione è chiara potremo passare ai modelli, in prossimi post.

State all'ascolto.

Anche i consulenti devono cambiare 

Fonte: Savagechikens.com

Declinata, no integrata, ..... la comunicazione 

Se nel 2005 mi sono occupato molto di innovazione, lavorando su prototipi di format innovativi per la pubblicità interattiva per le televisioni digitali (su ip, DTT, satellite ecc) e sui relativi modelli di progettazione, pianificazione e misurazione, quest'anno la parola chiave sembra essere integrazione.

Dai primi contatti avuti mi viene chiesto sempre di più un lavoro di razionalizzazione, in virtù della proliferazione di tante nuove opportunità di comunicazione tra cui occorre fare una scelta.

Le imprese sono terrorizzate, sono assalite da un esercito agguerrito di nuovi attori che prospettano soluzioni innovative, nuove tecnologie e nuovi strumenti.

Da una parte le imprese ragionano a compartimenti stagni (le campagne pubblicitarie, il sito web, il direct marketing, il crm sono gestite da persone diverse, che spesso non si parlano), dall'altro ci sono un pletora di fornitori iperspecializzati che propongono soluzioni molto verticali, che portano competenza, ma che è anche molto complesso gestire.

Sembra una contraddizione, ma sto operando per:
  • gestire la complessità nell'arena della comunicazione
  • semplificare i processi
Finora di progetti di comunicazione realmente integrata se ne sono visti davvero pochi. Sarà forse il 2006 l'anno di svolta?

lunedì, gennaio 09, 2006

Il brand parassita 

Il post di Tim Nudd su Adfreak su un libro che fa il verso al successo di Malcolm Gladwel dal titolo: Blink, the power of thinking without thinking che avevo letto quest'estate, mi ispira a scrivere a proposito dei brand parassiti.

Sono quei marchi che cercano di vivere alle spalle di nomi già famosi. Non sto parlando dei falsi, ma di brand che vivono legalmente di vita propria ma sfruttando la notorietà altrui.

Recentemente ho notato in un mall in Sudafrica un brand come Evita Peroni, che non mi ha ispirato alcuna simpatia.

Ci sono grandi professionisti tra le imprese e tra le agenzie di comunicazione che faticano per rendere credibile un brand, a loro va la mia considerazione.

Questo è un mio punto di vista strettamente personale, ognuno è libero di creare tutti i cloni che desidera, avrà un cliente in meno sul mercato. (Per quello che può valere)

Ognuno ha i clienti che si merita 

La foto è di L0ckergn0me

Quale partner per un brand? 

Da tempo si discute su questo blog sull'evoluzione della pubblicità e più in generale della comunicazione di marketing, al fine di essere p rispondente alle sollecitazioni che provengono da ampie fascie di consumatori.

Lo si è detto più volte, le agenzie di comunicazione e di marketing dovranno cambiare se vorranno soddisfare i clienti finali che stanno diventando (giustamente) sempre più esigenti, e di conseguenza soddisfare gli investitori pubblicitari con campagne e strategie di comunicazione sempre più efficaci e misurabili.

Quali sono i criteri per scegliere un partner?

Joseph Jaffe ha elaborato alcuni criteri, che ha poi successivamente elaborato che possono essere memorizzati con un acronimo molto evocativo: R.E.A.C.H

  • Rejecting the status quo and objectively discarding staid and failing paradigms
  • Embracing change by entertaining a suite of new tools/options
  • Accepting responsibility and a higher level of accountability or marketing efficacy
  • Challenging the external partner to adapt.... or to die
  • Hiring or investing in talent that can adapt to welcome and capitalize on the rapidly occuring sea changes in marketing
In fin dei conti Joseph Jaffe invita i brand a scegliere partner in grado di portare loro nuovo valore, ma d'altra parte li mette in guardia dal cambiamento per il cambiamento.

Cambiare agenzia non servirà a nulla, se il marketer non opera un cambiamento egli stesso, modificando la sua organizzazione in ottica più orientata al cliente, definendo in modo più preciso gli obiettivi e individuando precise metriche di valutazione dell'efficacia delle strategie.

Solitamente la prima cosa che fa un nuovo brand o marketing manager è il cambiare i fornitori per mostrare una discontinuità con il passato. Il cambiamento fine a se stesso senza una precisa strategia non solo è poco efficace ma può anche essere dannoso.

Occorre scegliere bene i propri partner, ma poi verificare se essi sono sempre nelle condizioni di operare al meglio. Questo occorre dirlo.

La comunicazione deve ripensare se stessa e il suo ruolo all'interno delle strategie aziendali. Questo processo strategico di fondamentale importanza non può e non dovrebbe essere delegato all'esterno.

E' proprio vero che per avere intorno a se ottimi partner occorre essere un ottimo cliente.

L'immagine è di Daveybot

sabato, gennaio 07, 2006

Quale ritmo per un brand esperienziale? 

Abbiamo spesso parlato dei touch point come dei momenti e dei luoghi in cui un brand entra in contatto con i propri pubblici.

Questi contatti possono essere più o meno frequenti secondo differenti ritmi.

Vorrei segnalarvi l'interessante articolo di Callum Lee che evidenzia l'importanza dell'analisi ritmica nella progettazione della brand experience.

venerdì, gennaio 06, 2006

Quale direzione per il marketing? 


La foto è di Mirando

Il dibattito sulla pubblicità in Italia 

Ringrazio Sergio Maistrello per avere riaperto il (necessario) dibattito sulla pubblicità.

Ritengo che la pubblicità abbia un profondo bisogno di essere ripensata, perchè l'attuale modello interstiziale basato sull'interruzione e sulla ripetizione dei messaggi non regge più.

Ci tengo a sottolineare per chi fosse capitato qui per caso, che mi occupo professionalmente di comunicazione e di marketing, che sono stato Consigliere Direttivo dell'Associazione Italiana Marketing e che quindi vedo il problema dall'interno.

Ho deciso di aprire questo blog proprio per esplorare nuove vie per una comunicazione più consapevole ed un marketing più usabile.

Una pubblicità più rispettosa delle persone è soprattutto a vantaggio della pubblicità stessa.
Mi rattrista constatare che spesso il comparto della comunicazione nel nostro Paese abbia atteggiamenti conservatori e sia così poco propenso all'innovazione.

Fin'ora nessuno mi ha ancora smentito, fatelo, ve ne sarò grato.

E' morto l'e-mail marketing? 

Dichiarare che l'e-mail non sia più un efficace strumento di marketing e affermare che gli RSS sostituiranno le newsletter sarebbe un errore molto grossolano, tuttavia ritengo che le potenzialità dei Feed per il marketing siano davvero enormi.

Sembra che Kate Green di Technology Review sia d'accordo con me.

giovedì, gennaio 05, 2006

Secondo voi avrà successo il DVR? 


La foto è di Hessie Bell

A proposito di segmentazioni 

Stavo lavorando oggi, cercando di mettere ordine ad alcuni appunti sull'evoluzione dei modelli di segmentazione della domanda, (oggetto di un corso di marketing che sto preparando) e mi sono accorto che i nuovi modelli di fruizione dei contenuti stanno già costituendo un ulteriore criterio di segmentazione, poichè ci sono specifici segmenti di utenza che utilizzano prevalentemente:

  • Rss
  • podcast e vodcast
  • quotidiani free press
  • blog
  • contenuti on demand
  • Dvr
Dai mezzi di massa, stiamo davvero passando alla massa dei mezzi.

Marketing tradizionale ed il rap 

Cosa c'entra il marketing tradizionale con il rap?

C'entra, c'entra. Ma cominciamo dall'inizio, ovvero una canzone di Young Gunz, dal provocatorio titolo Same Shit Different Day di cui potete leggere l'artistico testo.

Pare che dal titolo di questa canzone e dal relativo acronimo SSDD, sia nato nell'ambiente dei giovani marketer americani il termine di SSDD Marketing Approach, intendendo quello che noi più genuinamente chiamiamo il fuffa marketing.

Sono comprese nel SSDD Marketing Approach, tutte quelle tecniche, volte a stimolare artificiosamente l'attenzione degli utenti, ampiamente utilizzate anche da noi (la foto della ragazza nuda, quando l'immagine non ha niente a che fare con i prodotti pubblicizzati, il forum farlocco, il finto blog, la promozione fintamente conveniente a cui aggiungere surplus, surcharge, tasse, sovratasse, ricchi premi e cotillons, ecc).

Per tutte le imprese che ancora fanno uso di queste tecniche, il commento di un rapper non potrebbe che essere: "your marketing sucks baby".

La risposta che solitamente viene data da parte degli SSDD marketer è che queste tecniche ancora funzionano. Ma ancora per quanto?

Fingere di ascoltare 

L'interattività è veramente "una brutta bestia". E' come quando un ristorante decide di progettare una cucina a vista, è un'operazione di immagine molto efficace a condizione che la cucina sia pulita.

Non è obbligatorio aprire un blog, invitare le persone ad interagire, per questo quando lo si fa è bene progettare le risorse e avere la costanza di rispondere.

Il mio è un accorato appello per tutte quelle imprese/enti che non rispondono alle mail, alle telefonate e non danno prezzi per telefono.

Per favore abbandonate tutti i mezzi interattivi, spendete meglio i vostri budget, piuttosto invitate tutti i vostri clienti in una pizzeria, farete sicuramente una migliore figura.

A che (chi) serve un blog quando non si vuole ascoltare? 

La vignetta è di Tom Swanson

martedì, gennaio 03, 2006

Brand carismatici 

Un brand carismatico ha una precisa identità e sicuramente non potrà piacere a tutti, come ci spiega Rick Nobles in questo articolo.

Customer Promise 


La foto è di The Rocketeer

Con i piedi per terra, o forse no 

Ho passato gli ultimi mesi a scrivere e lavorare per promuovere l'innovazione nel campo della comunicazione, perchè sono convinto che essa possa essere il traino per un'innovazione ancora più diffusa.

Il problema è che nel nostro Paese non esiste un incentivo all'innovazione, manca infatti una cultura dell'innovazione. Per noi l'errore è sinonimo di fallimento, negli Stati Uniti l'errore è considerato parte integrante del processo di apprendimento che porta al progresso e allo sviluppo.

Non sono solo le aziende italiane ad essere conservatrici, molto spesso lo sono anche i consumatori che con le loro scelte, in troppi casi, non premiano chi investe e chi rischia.

L'innovazione in Italia è spesso portata avanti in chiave difensiva o quando è strettamente necessario, per non perdere quote o competività. In tempi buoni si pensa molto poco ad innovare, non è ritenuto necessario.

Come ho già più volte scritto, il vero problema non è di chi innova, ma di chi blocca deliberatamente l'innovazione, perchè innovare, significa rischiare di perdere il proprio potere. Le vecchie leve in tutti i campi (economia, finanza, politica, comunicazione) fanno di tutto per ostacolare il cambiamento fintanto che non riescono a dominarlo o a gestirlo.

La scarsa propensione all'innovazione non deriva necessariamente da un problema tecnologico o di disponibilità di capitali, più frequentemente il problema è culturale. Chi vuole innovare, non solo non viene incoraggiato, viene ostacolato. Chi è molto motivato al cambiamento spesso è costretto ad espatriare per trovare opportunità che qui sono immaginabili.

Occorre rimanere con i piedi per terra, l'innovazione non può essere imposta. Per questo non voglio insistere con chi ritiene che dall'innovazione ha solo da perdere e preferisco lavorare per chi desidera progettare e costruire il nuovo.

Questi sono i miei propositi per il 2006:
  1. approfondire i temi del marketing usabile
  2. aumentare i progetti di formazione per promuovere l'innovazione in comunicazione e nel marketing
  3. progettare almeno una grande conferenza internazionale su temi innovativi
  4. lavorare su progetti destinati ai giovani perchè saranno loro che renderanno le vecchie leve inadeguate, costringendo loro a cambiare
Ho una sola certezza, il 2006 sarà un anno di profondi cambiamenti ed io vorrei offrire il mio contributo.

Cambiare significa vedere con nuovi occhi 

lunedì, gennaio 02, 2006

Un 2006 di grandi cambiamenti per la comunicazione 

Il 2006 sarà un anno di grandi cambiamenti per il mondo della comunicazione. Queste sono le previsioni di Marketing Usabile.

  1. Assisteremo a nuove acquisizioni ed alleanze nel mondo di internet e dintorni ma sopratutto all'apparire di nuovi protagonisti
  2. Sentiremo molto parlare di Iptv a partire dal secondo trimestre dell'anno
  3. Gli investimenti in pubblicità on line si consolideranno, ma gli investitori saranno esigenti e non si accontenteranno del tipo di campagne che hanno sperimentato in passato
  4. La pubblicità sulla televisione digitale interattiva comincerà a prendere forma verso l'autunno del 2006 grazie alle diverse azioni dei principali broadcaster italiani che cominceranno a sortire i primi effetti in primavera (premi, promozioni ed iniziative speciali)
  5. Il 2006 sarà un anno importante per la raccolta pubblicitaria di Sky e comunque Sky sarà una grande protagonista per l'anno in corso.
  6. Aumenteranno gli investimenti (rispetto al 2005) in campagne di marketing "non convenzionale" anche nel nostro Paese
  7. Le agenzie di pubblicità sentitesi minacciate nei loro business model da nuovi soggetti, si organizzeranno attraverso le loro associazioni di categoria per promuovere diverse iniziative nel campo della tv digitale per mostrare agli investitori pubblicitari di "padroneggiare" il cambiamento nel panorama della comunicazione ma sentiranno la concorrenza da parte di nuovi soggetti.
  8. Assisteremo ad alcuni cambiamenti importanti nel panorama dei media cartacei
  9. La revisione della direttiva Tv Sans Frontière ridisegnerà il panorma dell'advertising televisivo e sarà il tema centrale alla prossima edizione del Miptv di Cannes
  10. Aumenteranno considerevolmente i contenuti prodotti dagli utenti tanto che qualche editore potrebbe cavalcare questa "tigre", ma una parte di progetti di nanopublishing non riuscirà a raggiungere una dimensione critica per poter svilupparsi.
  11. Se il 2005 è stato caratterizzato da Google, nel 2006 sentiremo molto parlare di Yahoo, mentre Microsoft sarà attaccata da più parti e tutto dipenderà da come saprà reagire
  12. Crescerà nel 2006 il numero di motori di ricerca specializzati nella catalogazione di podcast e video podcast e il numero di contenuti audio e video disponibili on demand
Forse non tutti questi trend si avvereranno, ma sicuramente il 2006 sarà un anno di profondi cambiamenti per il mondo della comunicazione.

Caricate le batterie, pronti a ripartire 

La foto è di SnakeStu
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