Con i piedi per terra, o forse no
Ho passato gli ultimi mesi a scrivere e lavorare per promuovere l'innovazione nel campo della comunicazione, perchè sono convinto che essa possa essere il traino per un'innovazione ancora più diffusa.
Il problema è che nel nostro Paese non esiste un incentivo all'innovazione, manca infatti una cultura dell'innovazione. Per noi l'errore è sinonimo di fallimento, negli Stati Uniti l'errore è considerato parte integrante del processo di apprendimento che porta al progresso e allo sviluppo.
Non sono solo le aziende italiane ad essere conservatrici, molto spesso lo sono anche i consumatori che con le loro scelte, in troppi casi, non premiano chi investe e chi rischia.
L'innovazione in Italia è spesso portata avanti in chiave difensiva o quando è strettamente necessario, per non perdere quote o competività. In tempi buoni si pensa molto poco ad innovare, non è ritenuto necessario.
Come ho già più volte scritto, il vero problema non è di chi innova, ma di chi blocca deliberatamente l'innovazione, perchè innovare, significa rischiare di perdere il proprio potere. Le vecchie leve in tutti i campi (economia, finanza, politica, comunicazione) fanno di tutto per ostacolare il cambiamento fintanto che non riescono a dominarlo o a gestirlo.
La scarsa propensione all'innovazione non deriva necessariamente da un problema tecnologico o di disponibilità di capitali, più frequentemente il problema è culturale. Chi vuole innovare, non solo non viene incoraggiato, viene ostacolato. Chi è molto motivato al cambiamento spesso è costretto ad espatriare per trovare opportunità che qui sono immaginabili.
Occorre rimanere con i piedi per terra, l'innovazione non può essere imposta. Per questo non voglio insistere con chi ritiene che dall'innovazione ha solo da perdere e preferisco lavorare per chi desidera progettare e costruire il nuovo.
Questi sono i miei propositi per il 2006:
Il problema è che nel nostro Paese non esiste un incentivo all'innovazione, manca infatti una cultura dell'innovazione. Per noi l'errore è sinonimo di fallimento, negli Stati Uniti l'errore è considerato parte integrante del processo di apprendimento che porta al progresso e allo sviluppo.
Non sono solo le aziende italiane ad essere conservatrici, molto spesso lo sono anche i consumatori che con le loro scelte, in troppi casi, non premiano chi investe e chi rischia.
L'innovazione in Italia è spesso portata avanti in chiave difensiva o quando è strettamente necessario, per non perdere quote o competività. In tempi buoni si pensa molto poco ad innovare, non è ritenuto necessario.
Come ho già più volte scritto, il vero problema non è di chi innova, ma di chi blocca deliberatamente l'innovazione, perchè innovare, significa rischiare di perdere il proprio potere. Le vecchie leve in tutti i campi (economia, finanza, politica, comunicazione) fanno di tutto per ostacolare il cambiamento fintanto che non riescono a dominarlo o a gestirlo.
La scarsa propensione all'innovazione non deriva necessariamente da un problema tecnologico o di disponibilità di capitali, più frequentemente il problema è culturale. Chi vuole innovare, non solo non viene incoraggiato, viene ostacolato. Chi è molto motivato al cambiamento spesso è costretto ad espatriare per trovare opportunità che qui sono immaginabili.
Occorre rimanere con i piedi per terra, l'innovazione non può essere imposta. Per questo non voglio insistere con chi ritiene che dall'innovazione ha solo da perdere e preferisco lavorare per chi desidera progettare e costruire il nuovo.
Questi sono i miei propositi per il 2006:
- approfondire i temi del marketing usabile
- aumentare i progetti di formazione per promuovere l'innovazione in comunicazione e nel marketing
- progettare almeno una grande conferenza internazionale su temi innovativi
- lavorare su progetti destinati ai giovani perchè saranno loro che renderanno le vecchie leve inadeguate, costringendo loro a cambiare
Ho una sola certezza, il 2006 sarà un anno di profondi cambiamenti ed io vorrei offrire il mio contributo.
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