martedì, novembre 28, 2006
Le apparenti contraddizioni della pubblicità interattiva in tv
Ma chi lo ha detto che lo spot da 30" scomparirà. La realtà è che non vivrà più da solo. Sarà accompagnato da una pluralità di nuovi formati pubblicitari che stanno lanciando la sfida di nuovi linguaggi.
L'immagine è di Math.umd.edu
Ripensare la pianificazione pubblicitaria televisiva
Questi sono solo alcuni elementi di cambiamento:
1) la pianificazione pubblicitaria verrà prima della fase creativa, contrariamente a quanto viene fatto oggi. (dove sono i nostri pubblici, quale messaggio per quale pubblico?), per questo la pianificazione media e la progettazione creativa dovranno essere strettamente integrate fra di loro. Centri media e agenzie pubblicitarie dovranno favorire il travaso di competenze.
2) l'apparecchio televisivo arricchendosi di funzioni, servirà per vedere un programma televisivo, ma anche per fruire servizi interattivi, pertanto la progettazione delle creatività lineari ed interattive dovrà distingure tra contenuti content related e quelli non content related. I primi vivono contestualmente alla fruizione di un programma televisivo, mentre i secondi possono anche essere stand alone. Le logiche di pianificazione sono diverse nei due ambiti.
3) nuovi sistemi di misurazione dell'impatto emozionale della pubblicità stanno cominciando a misurare non solo l'efficacia del messaggio per i diversi target, ma anche l'efficacia del messaggio per contesto di esposizione a parità di target e questo su differenti device.
4) la progettazione e la pianificazione del messaggio pubblicitario dovrà tenere conto dei tempi e dei luoghi di fruizione dei programmi e dei contenuti digitali, le caratteristiche delle diverse piattaforme di distribuzione (terrestre, broadband, satellite, mobile) e i nuovi modelli di fruizione che stanno emergendo (time e space shifting, on demand, multitasking ecc).
5) i criteri tradizionali di audience, ma anche i concetti di reach & frequency saranno ampiamente rivisti, occorre tenerne conto.
6) i costi di creatività dovranno necessariamente diminuire se si vorrà differenziare la comunicazione per target e per contesti, per questo sarà fondamentale ripensare il processo produttivo
7) comunicazione pubblicitaria e comunicazione non pubblicitaria si dovranno integrare in una pianificazione cross mediale, questo richiede nuovi skill che non sono ancora presenti nei centri media.
8) alcune piattaforme permetteranno livelli di profilazione maggiore di altre, questo comporterà l'utilizzo di differenti criteri di segmentazione all'interno della stessa campagna pubblicitaria.
9) la differenziazione dei formati della pubblicità interattiva, impulse response, minisite, minidal, dal dovranno essere pianificati tenendo conto che l'efficacia dipenderà da una serie di variabili come la creatività, ma anche il settore merceologico, l'incentivo alla call to action, lo spazio di inserimento nei break, la durata del formato. Questo significa che ogni campagna dovrà essere valutata di volta in volta in relazione agli obiettivi.
10) la coesistenza di obiettivi di brand, di direct response, di raccolta delle informazioni, di fidelizzazione richiederà un approccio più olistico alla comunicazione ed un allargamento delle competenze richieste.
Sono pronti i centri media al cambiamento?
L'immagine è tratta dal sito: understanding users
Digital Kids
E' un evento importante per ogni padre, ma se penso alla sua generazione, mi rendo conto che tra me e lei c'è un enorme gap generazionale.
Mi occupo professionalmente di comunicazione digitale, ma rispetto a mia figlia io sono un digital immigrant, mentre lei è una digital native. (I termini sono di Marc Prensky).
Io provengo da un mondo analogico e mi sono riconvertito al digitale, mentre mia figlia è nata digitale.
Fin da piccola è cresciuta in un mondo mediale caratterizzato dal my time, non riuscendo a comprendere il concetto di broadcasting. "Papà che cosa vuol dire che un programma è finito ed io non posso rivederlo quando voglio?"
Mia figlia sa bene che cosa è la pubblicità. "Sono persone che fanno vedere delle cose, perchè vogliono che le compriamo, perchè vogliono soldi". Senza dubbio si fa influenzare, ma ha ben chiaro che cosa vuole e ciò che le piace e ciò che non vorrebbe mai. Un aumento degli investimenti pubblicitari non le farebbe cambiare idea su un prodotto che ritiene non desiderabile.
A mia figlia non piacciono gli spot pubblicitari, raramente li trova divertenti, perchè sono pensati da persone che non sono digital immigrants, ma che non hanno neanche imparato a parlare la lingua digitale.
E' solo questione di tempo, come dissi inascoltato, quando lavoravo in agenzia, il mondo sarà digitale e noi ci dovremo adeguare, ma non i nostri figli, loro sono digital natives, nel digitale saranno a loro agio e cominceranno ad esercitare la loro influenza rendendo obsoleti i vecchi linguaggi.
L'immagine è tratta da questa presentazione di Derrick De Kerchove.
sabato, novembre 25, 2006
venerdì, novembre 24, 2006
Violenza e cultura digitale
Il mio paragone con la cultura digitale serve solo a dimostrare che non si tratta solo di un problema che può essere risolto penalmente ma occorre lavorare soprattutto anche sul piano culturale.
Quello che è violenza è stabilito dal codice penale. Il processo penale ha delle precise regole, (su cui non voglio e non posso approfondire, sarebbe troppo lungo).
Ma cosa è lecito e non lecito nella percezione delle persone? E qui il paragone con il digitale ci aiuta.
Opt out - tutto è permesso salvo specifico rifiuto.
Opt in - qualsiasi comportamente deve avere un permesso esplicito da parte dell'"interlocutore".
Doppio opt in - il permesso esplicito deve venire accordato e rafforzato da un controllo per essere sicuri di aver ben compreso.
Mi rendo conto che la metafora può apparire poco calzante e per qualcuno anche offensiva, ma il punto che vorrei dimostrare è che sia nel mondo digitale che nel mondo fisico, manca la cultura del permesso.
Al supermercato si spinge e non si chiede permesso, in autostrada si supera in modo pericoloso. Le nostre azioni sono anche il frutto della cultura in cui siamo immersi.
Il problema non è quindi il fatto che la violenza alle donne sia un reato, ma nel fatto che la consapevolezza che qualcuno potrebbe avere il diritto di cambiare idea è assolutamente al di fuori della nostra cultura e questo accade nelle relazioni personali ed in quelle professionali.
Se la comunicazione digitale è rigorosamente permission based, anche le nostre relazioni con le persone nel mondo digitale o fisico dovrebbero basarsi sul consenso. Non tollereremo una pubblicità intrusiva ma nemmeno un'avance non desiderata.
Net Neutrality spiegata a mia figlia
E' un tema complesso, su cui sto riflettendo da tempo, se ne parla tanto, ma solo in rete. E' un problema che riguarda tutti, per questo bisogna spiegarlo in modo semplice.
giovedì, novembre 23, 2006
CaseCamp
Il valore della provocazione (nella comunicazione)
Se la provocazione ha come unico scopo quello di scandalizzare ed è fine a se stessa non serve poi a molto.
Prendiamo il caso di Marylin Manson, cantante che personalmente reputo di scarse qualità artistiche. La sua provocazione mi appare vecchia, dopo aver visto i Sex Pistols, i Clash, nella Londra vibrante del 1978.
Per quanto ritenga Oliviero Toscani, un artista, non ho mai compreso fino in fondo le sue provocazioni per le campagne di Benetton (vi ricordate il malato di Aids?).
Quando in un Premio in cui sono stato in giuria, ci hanno chiesto di valutare un video inserito su un sito web volto alla sensibilizzazione contro il massacro delle foche, ci siamo domandati se il mostrare quegli animali insanguinati avrebbe raggiunto lo scopo della campagna di comunicazione. I membri della giuria si sono divisi nel giudizio tra favorevoli e contrari. Io ero tra i perplessi.
Anche la recente campagna di Amnesty International contro la violenza alle donne, mostra delle immagini forti, ma non si può parlare di provocazione fine a se stessa, proprio perchè il visitatore del sito è invitato a collaborare alla sensibilizzazione, invitando i propri amici a vedere il video.
Provocare vuol dire costringere a riflettere per modificare un atteggiamento radicato. La provocazione è utile solo se propone un'alternativa, altrimenti è sterile.
La foto è di images scotsman
Benedetta frammentazione
La frammentazione dei pubblici che i mezzi digitali stanno facilitando, fa molto bene, perchè esalta le differenze. C'è spazio per tutti. Anche se ingiustamente criticata, questa fiction non sarebbe stata possibile solo un anno fa.
Ma è anche da intendersi positivamente la quantità di persone interessate ad eventi culturali di ogni tipo e a modi differenziati di trascorrere il tempo libero.
Se frammentazione vuol dire che non esiste più una cultura prevalente, un gusto dominante, un gusto medio, allora benvenuta frammentazione anche se sarà difficile gestirla.
L'immagine è di Twentifirstcenturyart
La campagna elettorale per la marca
L'elemento valoriale diventa ogni giorno che passa sempre di più il fattore centrale nella percezione delle persone che orienta l'atteggiamento nei confronti di una marca. Non occorre un sociologo per affermarlo, basta parlare con i propri amici.
Non puoi essere eletto se non ottieni voti, è un po' la metafora che prevale nelle discussioni in rete, infatti ci sono tanti candidati che sono estremamente noti, ma che non vinceranno le elezioni.
Ecco perchè la notorietà è solo il punto di partenza per un lungo viaggio alla conquista del cuore degli elettori. E alla fine si dimostra che l'acquisto è un voto, ma questo lo abbiamo sempre saputo, ma se è cosi ovvio come mai la pubblicità sembra non aver ancora compreso la lezione?
mercoledì, novembre 22, 2006
Branded Entertainment
La cosa più difficile rimane allineare i valori del brand al programma, conservando l'attrattività di entrambi. Sicuramente una grande sfida.
Ancora più difficile è la progettazione di branded entertainment nel b2b, ma ci stiamo lavorando.
Agenzie di pubblicità
L'immagine è di Sinope.Redjupiter
Dammi le slide!!!
Formazione 2.0
Formazione 2.0 - Perchè non mi raccontate se ci sono cose che io non so, confrontiamo le nostre visioni ed esperienze e cerchiamo di mettere in ordine i concetti che ora sono sparpagliati? Lo facciamo qui ora e poi sul web e poi cerchiamo di sperimentare insieme qualche prototipo o nuovo modello per il vostro business.
L'immagine è di Markenphill
martedì, novembre 21, 2006
Evitare le trappole dell'innovazione
Enjoy.
L'articolo non è sponsorizzato dalla Rentokil.
Dove finisce la tv?
Di questo ne è consapevole TIVO che offrirà nuove funzionalità per il download di contenuti da internet per una successiva fruizione sull'apparecchio televisivo. Lo potete leggere qui e qui.
Ma non è mica finita qui come potete leggere.
Questo è solo l'inizio. Entro gennaio 2007, di Tivo ne sentirete ancora parlare.
lunedì, novembre 20, 2006
Lavori in corso nel settore dei media
Oggi voglio spingermi nella difficile arte della previsione visto che alcuni pezzi del mosaico, si stanno componendo sotto i miei occhi e tutto questo assume per me nuovi significati.
Queste sono le possibili tendenze del 2007
- Affermazione dei contenuti sui canali - Verranno stipulati nuovi interessanti accordi di distribuzione - da monitore YouTube, iTunes e alcuni grandi attori come Walt Disney e alcune Major verso marzo 2007
- Sky consoliderà il suo interesse per il web con nuove acquisizioni e/o con lo sviluppo della sua strategia per il web. (Che ne dite di Myspace in italiano?) Le performance di Sky sulla raccolta pubblicitaria saranno molto interessanti nel 2007.
- Ci sarà una nuova ventata di acquisizioni che riguarderà i content aggregatori ed in particolare i motori di ricerca video - Tenete d'occhio Blinkx sarà con ogni probabilità oggetto di acquisizione tra il 2007 ed il 2008, ma si sentira parlare anche di ClipBlast
- Tivo proseguirà nella sua strategia con nuovi accordi, restate all'ascolto
- Le proiezioni di crescita del DVB-H subiranno un grande ridimensionamento da parte dei principali istituti di ricerca a meno di mutamenti di strategia da parte delle Telco.
- Ancora tanti interrogativi sullo sviluppo del Wimax, che verrà ostacolato (indovinate perchè)
Stay Tuned.
domenica, novembre 19, 2006
Il pensiero lento
Siamo qui a cercare di comprendere le dinamiche del web 2.0 quando tante agenzie pubblicitarie e tanti clienti non hanno la più pallida idea di come fare buon uso del web 1.0.
Abbiamo il coraggio di ammettere che stiamo affrontando veramente male questa transizione al digitale.
Ragazzi che sapete tutto di Ajax, siete sicuri di sapere cosa sia un GRP? La comunicazione digitale è soprattutto comunicazione prima di essere digitale.
Quando la velocità è tale da provocarci giramenti di capo è il momento di chiudere il nostro aggregatore e di fermarci a riflettere ed esaltare il pensiero lento.
Bisogna essere lenti come un vecchio treno di campagna e di contadine vestite di nero, come chi va a piedi e vede aprirsi magicamente il mondo, perché andare a piedi è sfogliare il libro e invece correre è guardarne soltanto la copertina. Bisogna essere lenti, amare le soste per guardare il cammino fatto, sentire la stanchezza conquistare come una malinconia le membra, invidiare l’anarchia dolce di chi inventa di momento in momento la strada.
Bisogna imparare a star da sé e aspettare in silenzio, ogni tanto esser felici di avere in tasca soltanto le mani. Andare lenti è incontrare cani senza travolgerli, è dare i nomi agli alberi, agli angoli, ai pali della luce, è trovare una panchina, è portarsi dentro i propri pensieri lasciandoli affiorare a seconda della strada, bolle che salgono a galla e che quando son forti scoppiano e vanno a confondersi al cielo. È suscitare un pensiero involontario e non progettante, non il risultato dello scopo e della volontà, ma il pensiero necessario, quello che viene su da solo, da un accordo tra mente e mondo.
Andare lenti è fermarsi su un lungomare, su una spiaggia, su una scogliera inquinata, su una collina bruciata dall’estate, andare col vento di una barca e zigzagare per andar dritti. Andare lenti è conoscere le mille differenze della propria forma di vita, i nomi degli amici, i colori e le piogge, i giochi e le veglie, le confidenze e le maldicenze. Andare lenti sono le stazioni intermedie, i capistazione, i bagagli antichi e i gabinetti, la ghiaia e i piccoli giardini, i passaggi a livello con gente che aspetta, un vecchio carro con un giovane cavallo, una scarsità che non si vergogna, una fontana pubblica, una persiana con occhi nascosti all’ombra.
Andare lenti è rispettare il tempo, abitarlo con poche cose di grande valore, con noia e nostalgia, con desideri immensi sigillati nel cuore e pronti ad esplodere oppure puntati sul cielo perché stretti da mille interdetti. Andare lenti è ruminare, imitare lo sguardo infinito dei buoi, l’attesa paziente dei cani, sapersi riempire la giornata con un tramonto, pane e olio.
Andare lenti vuol dire avere un grande armadio per tutti i sogni, con grandi racconti per piccoli viaggiatori, teatri plaudenti per attori mediocri, vuol dire una corriera stroncata da una salita, il desiderio attraverso gli sguardi, poche parole capaci di vivere nel deserto, la scomparsa della folla variopinta delle merci e il tornar grandi delle cose necessarie. Andare lenti è essere provincia senza disperare, al riparo dalla storia vanitosa, dentro alla meschinità e ai sogni, fuori della scena principale e più vicini a tutti i segreti.
Andare lenti è il filosofare di tutti, vivere ad un’altra velocità, più vicini agli inizi e alle fini, laddove si fa l’esperienza grande del mondo, appena entrati in esso o vicini al congedo. Andare lenti significa poter scendere senza farsi male, non annegarsi nelle emozioni industriali, ma essere fedeli a tutti i sensi, assaggiare con il corpo la terra che attraversiamo. Andare lenti vuol dire ringraziare il mondo, farsene riempire.
C’è più vita in dieci chilometri lenti e a piedi che in una rotta transoceanica che ti affoga nella tua solitudine progettante, un’ingordigia che non sa digerire. Si ospitano più altri quando si guarda un cane, un’uscita da scuola, un affacciarsi al balcone, quando in una sosta buia si osserva un giocare a carte, che in un volare, in un faxare, in un internettare. Questo pensiero lento è l’unico pensiero, l’altro è il pensiero che serve a far funzionare la macchina, che ne aumenta la velocità, che si illude di poterlo fare all’infinito. Il pensiero lento offrirà ripari ai profughi del pensiero veloce, quando la macchina inizierà a tremare sempre di più e nessun sapere riuscirà a soffocare il tremito. Il pensiero lento è la più antica costruzione antisismica.
Bisogna sin da adesso camminare, pensare a piedi, guardare lentamente le case, scoprire quando il loro ammucchiarsi diventa volgare, desiderare che dietro di esse torni a vedersi il mare. Bi sogna pensare la Misura che non è pensabile senza l’andare a piedi, senza fermarsi a guardare gli escrementi degli altri uomini in fuga su macchine veloci. Nessuna saggezza può venire dalla rimozione dei rifiuti. È da questi, dal loro accumulo, dalla merda industriale del mondo che bisogna ripartire se si vuole pensare al futuro.
I veloci, i progettanti, i convegnisti, i giornalisti consumano voracemente il mondo e pensano di migliorarlo. La lentezza sa amare la velocità, sa apprezzarne la trasgressione, desidera anche se teme (quanta complessità apre questa contraddizione !) la profanazione contenuta nella velocità, ma la profanazione di massa non ha nulla della sacertà che pure si annida nel sacrilegio, è l’empietà senza valore, un diritto universale all’oltraggio. Nessuna esperienza è più stolida della velocità di massa, della profanazione che non si sa.
Si può andare lenti solo se si sa dove si vuole andare e se non si gira a vuoto, ma questa è la cosa più difficile.
Io amo la velocità, per questo ogni tanto mi fermo ad osservare il paesaggio, quello che tanti rincorrono e che forse non vedranno mai.
sabato, novembre 18, 2006
Lapsus freudiani
La foto è di Christarenee
I requisiti dell'innovazione
Questi sono a mio parere alcuni prerequisiti indispensabili per favorire il cambiamento in azienda:
- disponibilità ad ascoltare senza pregiudizi (smettetela di chiedervi chi dice cosa, chiunque può sbagliare, ascoltate un'idea indipendentemente da chi l'abbia espressa e giudicatela per quello che è)
- disponibilità a sperimentare (perchè stroncare un'idea con un non funzionerà? E chi lo ha detto, piuttosto è saggio creare dei test, sperimentare investendo una piccola quantità di risorse.)
- frequentare le stesse persone e gli stessi ambienti (solo l'ascolto di persone che provengono da ambiti culturali differenti ci può far uscire dagli schemi rigidi che costruiamo per nostra comodità)
- condividere (l'innovazione calata dall'alto non funziona se non è condivisa, spiegata e se si motivano le persone al cambiamento)
- avere il coraggio di ammettere di avere sbagliato (senza onestà mentale non si può perseguire la strada dell'innovazione lastricata di errori, l'errore è uno strumento per apprendere)
- non giudicare (è inutile giudicare chi non capisce la portata dei cambiamenti, forse i tempi non sono ancora maturi o forse non siamo stati in grado di spiegare i vantaggi nel percorrere nuove strade)
- fare formazione (fare formazione a tutti i livelli è un modo per illustrare la portata dei cambiamenti)
- incentivare l'innovazione (incentivare l'innovazione significa creare spazi di innovazione, permettere a qualcuno in azienda di lavorare con obiettivi di lungo termine)
- dubitare (significa esercitare l'esercizio what if - ovvero cosa succederebbe se facessi in un altro modo?)
- non avere paura (significa accettare che l'incertezza oramai è una regola)
venerdì, novembre 17, 2006
Ancora formazione sul marketing digitale turistico
Stasera ho inaugurato il mio laboratorio on line su Nettuno, dal titolo: la progettazione dei criteri di segmentazione per la creazione di percorsi visuali orientati al cliente. (Marketing Digitale Turistico)
Questo mio laboratorio servirà a quello della professoressa Valentina Anzoise a creare percorsi visuali per l'offerta turistica orientata al cliente per i corsi che rispettivamente gestiamo all'Università Bicocca.
E' un esperimento di progettazione di laboratori collettivi a distanza. Se la cosa dovesse avere successo, potremmo l'anno prossimo collegare almeno quattro laboratori in rete e creare progetti molto articolati a beneficio degli studenti che potranno parteciparvi nei tempi e nei modi da loro preferiti.
Io sperimento e sembra che l'Università mi segua.
Stay tuned.
Diversità ed innovazione
Scusatemi se torno nuovamente sull'argomento.
Sto lavorando ad un progetto con persone che provengono da estrazioni culturali differenti (psicologia, filosofia, tecnologia) e le idee scorrono a fiumi.
Mi sono laureato in Economia Aziendale all'Università Bocconi, ma devo ammettere che lavorare con soli bocconiani sarebbe per me come entrare in una stanza che non ha mai aperto le finestre, mi mancherebbe l'aria.
Ho bisogno di lavorare con qualcuno diverso da me che mi possa offrire la sua visione delle cose, il progetto ne beneficierebbe.
La diversità è un valore, occorre promuoverla.
La foto è di Timken
giovedì, novembre 16, 2006
Quello che i blogger non dicono (e non fanno)
Il blog è importante ma non è al centro del mondo, altrimenti sarebbe un problema da esperti di psicanalisi. Scusate la provocazione, ma non stiamo esagerando? Non ci parliamo un po' addosso on line e nelle conferenze che trattano gli argomenti che ci stanno a cuore? Stiamo contribuendo alla riduzione del digital divide? O lo stiamo alimentando?
Ecco il mio pensiero articolato in pochi punti.
- Il mondo sta cambiando grazie ad internet che esercita i suoi effetti ovunque, perchè tutto è o sarà presto in rete. (E' quasi un'ovvietà)
- Esiste tuttavia anche un mondo al di fuori di internet e che lo rimarrà per molto tempo
- Chi ha un blog spesso ha una conoscenza delle tecnologie, delle relazioni di rete che potrebbe mettere a disposizione di chi non ha queste "competenze", ma spesso si rivolge a chi sa già, amplificando la comunicazione autoreferenziale che "guarda se stessa"
- Si parla tanto di blog e di internet all'interno della rete e fuori cosa succede?
Nel 2007, come ho già fatto nel 2006, dedicherò una buona parte delle mie attività professionali alla formazione, pur consapevole che questa attività è meno profittevole della consulenza. Credo che esista una forte domanda da parte del mercato di formazione sui diversi temi della comunicazione digitale e considero questa attività come "apripista" per futuri lavori di consulenza. (Lo dico senza remore)
La formazione deve avere luogo a tutti i livelli e nei diversi ambiti per questo ho organizzato o sono docente in diversi corsi rivolti a
- top manager di aziende che operano nel comparto dei media (corsi molto avanzati)
- top manager di aziende che operano in altri comparti (corsi di aggiornamento)
- quadri di aziende diverse (corsi molto operativi)
- segretarie e assistenti di direzione (corsi di introduzione al cambiamento)
- neolaureati (corsi di approfondimento)
- diplomati (corsi di avvicinamento alle tematiche)
La diffusione della cultura della rete, non può circolare solo all'interno della blogosfera, deve uscire, perchè dobbiamo smetterla di parlarci addosso, solo così creeremo un mercato degno di questo nome. C'è chi molto meritatamente scrive libri di divulgazione o scrive articoli su riviste specializzate. Credo che sia molto importante.
Viviamo la rete, ma usciamo dalla rete, per fare entrare nuova gente in rete.
So che molti non saranno d'accordo con le mie affermazioni, ma i commenti sono a disposizione di tutti, per chi non la pensa come me e vuole alimentare il dibattito.
Vi aspetto.
La foto è di Un.org
mercoledì, novembre 15, 2006
Le mani nel motore di internet
Questo lo si deve fare in prima persona, non lo si può delegare ad un consulente o ad un'agenzia di comunicazione.
Un buon consulente si affianca ad un progetto di comunicazione, ma è essenziale che ogni progetto crei non solo valore per gli utenti e per l'azienda committente, ma soprattutto cultura. Per questo il coinvolgimento del management deve essere totale.
Ed è essenziale che la cultura della rete, sia pervasiva in azienda e stimoli al cambiamento del pensiero, delle strategie, delle azioni, ma soprattutto dei processi organizzativi.
Due sono le cose da fare:
- Sperimentare ed imparare
- Non avere paura
La foto è di Vividlight
Fake blog
Anche gli spam blog, altrimenti detti splog, fanno parte della categoria del fake blog
I corporate blog, sono uno strumento di marketing conversazionale.
Non è un buon inizio cominciare una conversazione con una bugia.
Che ne dite?
L'immagine è di Revolutionary Webdesign
La moda non è una cosa positiva per internet
Io ritengo in modo molto convinto, e lo ripeto, che il passare da una moda all'altra, sia deleterio per lo sviluppo di una cultura della comunicazione digitale.
Oggi un blog non si nega a nessuno.
Ne scrive anche mini[marketing] stroncando senza mezzi termini il finto blog di Casa Bonduelle.
Che dire è un autogoal per il brand e per l'agenzia che lo ha concepito e lo dice un consumatore di prodotti Bonduelle.
martedì, novembre 14, 2006
E se il Web 2.0 fosse donna?
Da una presentazione di Tom Peters:
Who manages more things at once?
Who puts more effort into their appearance?
Who usually takes care of the details?
Who finds it easier to meet new people?
Who asks more questions in a conversation?
Who is a better listener?
Who has more interest in communication skills?
Who is more inclined to get involved?
Who encourages harmony and agreement?
Who has better intuition?
Who works with a longer ‘to do’ list?
Who enjoys a recap to the day’s events?
Who is better at keeping in touch with others?"
Fonte: Selling Is a Woman’s Game: 15 Powerful Reasons Why
Women Can Outsell Men, Nicki Joy & Susan Kane-Benson
L'immagine è di Lindz-Photo
La citazione di Marketing Usabile
- A fanatic is one who can't change his mind and won't change the subject.
lunedì, novembre 13, 2006
Diffondere la cultura della comunicazione digitale
Molti manager hanno familiarizzato con la comunicazione digitale leggendo gli articoli di quella rivista, che oggi non esiste più.
Oggi vorrei contribuire nuovamente alla divulgazione, attraverso i corsi di formazione (attività che ho intensificato negli ultimi mesi)
Come ha ben detto Maurizio Sala allo IABFORUM 2006, i manager saranno obbligati ad accostarsi ad internet perchè saranno costretti a farlo dai loro figli, se non vorranno sentirsi obsoleti.
Ecco perchè ho accettato con entusiasmo di partecipare come relatore al Forum per Assistenti di Direzione e Manager Assistant, organizzato da IIR.
Scordatevi le segretarie, oggi le Assistenti di Direzione sono professioniste molto preparate, che assistono il top management a 360 gradi.
Parlerò al forum di blog, wiki e della nuova comunicazione su internet affinchè il top management sia spinto ad aggiornarsi per non sfigurare proprio davanti alle proprio assistenti.
Il cambiamento si sta imponendo, ma certo che se noi diamo una mano........ non guasta.
La foto è di KHK
La comunicazione oltre lo spot
- Serve ancora la pubblicità per la marca sui mezzi digitali?
- Come sta cambiando la pubblicità?
- Come rivitalizzare un brand nell'era dell'abbondanza mediale?
- Come identificare e qualificare le proprie audience?
- Come creare e veicolare il nuovo messaggio di marketing?
- Come integrare in un piano integrato, comunicazione pubblicitaria e quella non pubblicitaria?
- Come misurare l'efficacia della comunicazione cross mediale e multipiattaforma?
- Televisione Digitale e Internet quali punti di contatto e quali differenze?
- Come si integra un blog nel piano generale di comunicazione?
Questi sono interrogativi a cui il corso dal titolo: dai 30" alla comunicazione multicanale, che ho organizzato per Business International, cercherà di fornire alcune risposte ed indicazioni pronte per l'uso.
Stay Tuned i progetti non sono finiti
La pubblicità on line che cambia
C'è chi ha una posizione estrema. chi propone una mediazione e chi come me ritiene che i mondi della pubblicità on line e quello della comunicazione che io definisco non pubblicitaria, siano destinati ad influenzarsi a vicenda, ma che rimarranno su piani differenti.
La mia affermazione si basa sulla necessaria mediazione tra istanze degli utenti e quelle degli investitori pubblicitari.
Pensare che la marca si possa creare e rafforzare solo sui media sociali è poco realistico, esattamente come lo è ritenere che le logiche tradizionali di pubblicità di tipo interstiziale, possano essere travasate sui media digitali (La realtà dei fatti ha dimostrato il loro totale insuccesso).
La comunicazione commerciale sui mezzi digitali lavora su piani differenti che afferiscono la costruzione della brand equity, la raccolta di informazioni di marketing, il servizio ai clienti, le strategie di loyalty ecc., che prevedono modalità di progettazione differenti.
Internet non è un ambiente omogeneo pertanto si può ritenere che in rete, prevarranno logiche di attrazione e qualificazione delle audience fra loro differenti. Pertanto è ragionevole pensare ad una coesistenza di modelli:
attrattivo (secondo le logiche ad esempio del search engine marketing)
selettivo (secondo le logiche di una pianificazione pubblicitaria segmentata)
liquido (secondo le logiche della conversazione sui media sociali)
Fare comunicazione commerciale sui mezzi digitali, significa, dal mio punto di vista sapere integrare non solo modalità differenti, ma soprattutto logiche diverse, che tenderanno a convivere anche se si influenzeranno vicendevolmente.
Propendo per la logica dei differenti layer, piuttosto che per quella dell'osmosi
Di questo ne parlerò in un corso sulla pubblicità che sto per organizzare a Milano, a dicembre. Ma sul concetto ritornerò perchè ritengo meriti ulteriori approfondimenti.
Stay Tuned.
L'immagine è di Novaradio
Diffondere la cultura della pubblicità interattiva 1
Cercherò di contestualizzare l'evoluzione della pubblicità interattiva sulle tv digitali nel quadro di un panorama mediale in profondo cambiamento.
- Verranno fornite alcunee linee guida su come progettare l'interattività in un medium, quello televisivo, essenzialmente passivo
- Verrà fatta una approfondita disamina degli attuali formati della pubblicità interattiva, con la consapevolezza che si tratta di formati in transizione
- Ci dilungheremo sulle minacce e oppurtinità legate alla diffusione del Digital Video Recorder
- Evidenzieremo la differenza tra formati content related e formati non content related
- Illustreremo i principali fattori di cambiamento nella progettazione e pianificazione del nuovo messaggio di marketing per diverse imprese che operano in differenti mercati (e settori merceologici)
- Lavoreremo sulle peculiarità dei formati pubblicitari, considerando l'evoluzione della comunicazione pubblicitaria e non pubblicitaria su tutte le piattaforme digitali
- Daremo una panoramica sui nuovi modelli di misurazione
- Affronteremo la sfida degli User Generated Content
Alcuni link:
Il master
Le aziende partner
Il percorso didattico
I docenti
La pubblicità on line che cresce
Eppure sappiamo che all'interno del comparto web advertising, la crescita non è stata omogenea.
La pubblicità sui motori di ricerca, il search engine marketing, hanno contribuito in grande misura a far crescere gli investimenti sul web.
Con un minimo di razionalizzazione ex post possiamo affermare che:
- si tratta di forme di pubblicità innovative che sfruttano pienamente le caratteristiche di internet (indirizzabilità, rilevanza, interattività)
- sono state ben spiegate dagli operatori anche alle piccole e medie imprese
- sono state oggetto di tante attività di formazione
- sono state divulgate ampiamente (da Web Marketing Tools in poi)
Quello che penso è che il web advertising cresce selettivamente nella cultura delle aziende.
Le pratiche il cui valore è evidente o ben spiegato si affermano,quelle il cui valore è poco chiaro o non così ben divulgato stenteranno ad affermarsi.
Per queste ragioni, in questo inverno 2006 e per tutto il 2007 le mie attività di formazione si moltiplicheranno.
Stay tuned.
L'immagine è di SEO Image
domenica, novembre 12, 2006
Internet, collezione autunno inverno 2006
Le aziende fondano i loro investimenti su basi solide.
La foto è di Blog-Zilla
sabato, novembre 11, 2006
venerdì, novembre 10, 2006
Comunicare la marca, oggi: integrare le culture
Un nuovo matrimonio tra arte e scienza.
La foto è di Unbridled Expression tm
Non chiamiamoli New Media
Quando è che un "new" medium si consolida? internet è ancora un medium nuovo?
Per questa ragione, io amo parlare di next media, così come hanno già iniziato a fare molti miei colleghi, perchè il concetto di next, vuol dire letteralmente, ciò che verrà dopo, ma che in una concezione più ampia potrebbe anche significare, ciò che è laterale, includendo tutte le forme alternative a quelle tradizionali.
Sto lavorando professionalmente proprio al concetto di integrazione che viaggia tra l'evoluzione dell'advertising e la formazione di una nuova comunicazione non pubblicitaria. In questo mondo complesso, sono realtà che andranno a convivere, nel difficile processo di creazione di nuovi significati alla marca.
Credits per la foto:3dzled
giovedì, novembre 09, 2006
Del significato della pubblicità
Ripeto la mia solita domanda: quale è per loro il significato attuale del termine pubblicità?
Credits per la foto: MMS
Online Advertising: un cammino ancora lungo
Queste sono alcune strade che credo che ritengo sia indispensabile percorrere per ridurre il gap:
- indagare in profondità sulle ragioni per cui i grandi marchi, non investono come dovrebbero sui media interattivi
- creare progetti di formazione pluridisciplinari e incentivare l'aggiornamento professionale
- favorire lo sviluppo di ambienti creativi
- aumentare i momenti e gli spazi di condivisione
- finanziare i progetti di ricerca pura e applicata
- favorire il travaso di competenze creando gruppi di lavoro "misti"
- creare un osservatorio di best practices
- diffondere la cultura della cross medialità
- trovare risorse per la ricerca e sviluppo
- preparare materiali di divulgazione, libri, dispense, siti, blog
- lavorare sul'elaborazione di modelli, prototipi e metriche di misurazione
- favorire le sperimentazioni con i clienti (condizioni speciali)
- creare le condizioni per una più ampia collaborazione tra operatori e clienti
- verificare la reale condivisione di un linguaggio comune
- creare più osservatori in collaborazione con scuole e università
- creare a tutti i livelli una maggiore consapevolezza sul cambio di paradigma, dalla pianificazione, "alla conversazione"
- smettere di parlarsi addosso e cominciare a creare strumenti di cambiamento, (seminari di sensibilizzazione,strumenti informativi, glossari, manuali,....)
- valorizzare i giovani talenti
- abbattere le barriere, diffondere competenza
- creare eventi di solo ascolto
IAB FORUM 2006 SECONDO GIORNO
Ottimo il lavoro di Blogosfere.