giovedì, novembre 23, 2006

Il valore della provocazione (nella comunicazione) 

Chi mi conosce sa che a me la provocazione piace molto, ma non quella gratuita.

Se la provocazione ha come unico scopo quello di scandalizzare ed è fine a se stessa non serve poi a molto.

Prendiamo il caso di Marylin Manson, cantante che personalmente reputo di scarse qualità artistiche. La sua provocazione mi appare vecchia, dopo aver visto i Sex Pistols, i Clash, nella Londra vibrante del 1978.

Per quanto ritenga Oliviero Toscani, un artista, non ho mai compreso fino in fondo le sue provocazioni per le campagne di Benetton (vi ricordate il malato di Aids?).

Quando in un Premio in cui sono stato in giuria, ci hanno chiesto di valutare un video inserito su un sito web volto alla sensibilizzazione contro il massacro delle foche, ci siamo domandati se il mostrare quegli animali insanguinati avrebbe raggiunto lo scopo della campagna di comunicazione. I membri della giuria si sono divisi nel giudizio tra favorevoli e contrari. Io ero tra i perplessi.

Anche la recente campagna di Amnesty International contro la violenza alle donne, mostra delle immagini forti, ma non si può parlare di provocazione fine a se stessa, proprio perchè il visitatore del sito è invitato a collaborare alla sensibilizzazione, invitando i propri amici a vedere il video.

Provocare vuol dire costringere a riflettere per modificare un atteggiamento radicato. La provocazione è utile solo se propone un'alternativa, altrimenti è sterile.

La foto è di images scotsman
# html> # # # # ... # # # ... # # # # # # Disclaimer: questo blog è ad alto tasso di innovazione, potrebbe destabilizzare la vostra azienda/agenzia