mercoledì, marzo 29, 2006

Cercasi sponsor 


La foto è di Signs of the times

La citazione di Marketing Usabile 

It does not have to match, it just has to blend.

Sharna Goetz - stilista

Quale futuro per l'immagine coordinata? 

Ero di partenza per Roma, il volo era prenotato nel primo pomeriggio. Essendo ora di pranzo ho deciso di mangiare qualcosa di veloce in un ristorante milanese appena ristrutturato, sembra da un noto architetto. Luci brillanti, arredamento elegante tono su tono, tovaglie e decori perfettamente abbinati all’arredamento. Il servizio era molto veloce ed i piatti da me ordinati ben preparati.

Sulle pareti figuravano ben in vista le fotografie con dedica di noti personaggi del mondo dello sport, del cinema e della televisione immortalati con il proprietario del locale.

Probabilmente non ci andrò più in quel ristorante o comunque non frequentemente. Ci sono a Milano centinaia di ristoranti che si assomigliano, si distinguono solo dalle tonalità dei colori scelti dall’architetto, perché tutto il resto mi sembra troppo simile. Questi ristoranti propongono tutti lo stesso antipasto misto della casa, la stessa tagliata con rucola, le stesse linguine ai frutti di mare e ti offrono come ultima portata gli stessi dessert confezionati da una nota pasticceria industriale, sempre la stessa. Questi locali sono tutti molto eleganti, accoglienti, luminosi, ma …been there, done that.

Circa quattro anni fa ho conosciuto ad un convegno in cui erano relatori, due svedesi dal nome impronunciabile, Kjell Nordström e Jonas Ridderstråle. Si tratta degli autori di un libro non convenzionale sul marketing dal titolo “funky business”. Per delle strane associazioni di pensiero, mi sono tornati in mente quando sono uscito dal ristorante ed in particolare mi sono ricordato di una loro affermazione che mi ha fatto molto riflettere: “in una società del surplus, vi è un surplus di imprese simili, che impiegano persone simili, con simili background universitari e che avranno idee simili e quindi produrranno prodotti simili, con prezzi e qualità simili.”

Nel frattempo è giunto il taxi che avevo chiamato e nel lungo tragitto nel traffico, visto che il conducente era poco loquace, sono tornato a pensare alla fungibilità della maggior parte delle informazioni, dei prodotti e dei servizi che ci vengono proposti nell’arco di una giornata, il cui ricordo è nella gran parte dei casi destinato a dissolversi come il ghiaccio nel bicchiere della bottiglia di acqua minerale, la cui pubblicità mi è apparsa in un mega poster affisso sui muri di un palazzo in corso di ristrutturazione.

E’ proprio vero che come scrive Jesper Kunde, nel suo libro “unique now…or never”, che le “imprese hanno definito così tante best practice da essere più o meno identiche fra loro”. Siamo circondati da negozi che hanno vetrine simili, veniamo esposti a pubblicità sempre più numerose che utilizzano gli stessi schemi di comunicazione.

Immerso nei miei pensieri, non mi ero accorto di essere arrivato all’aereoporto, il conducente di taxi, mi ha riportato alla realtà, chiedendomi se avevo bisogno di ricevuta.

L’aereoporto di Linate lo conosco molto bene, faccio fatica a tenere a mente il numero di volte che mi sono imbarcato per Roma, passando i corridoi verso l’area dei controlli del bagaglio, circondato dai soliti pannelli pubblicitari delle società di consulenza, di quelle telefoniche, o delle imprese di autonoleggio così simili fra di loro che oramai fanno parte a pieno titolo dell’ambiente.

Il mio volo è stato chiamato con circa dieci minuti di ritardo, oramai è un’abitudine di quasi tutte le compagnie aeree italiane. Come molti, ho acquistato dal call center un biglietto elettronico, scegliendo accuratamente la compagnia area in base al prezzo, visto che sono tutte così simili fra loro, soprattutto quelle che fanno la tratta Milano-Roma.

Un breve tragitto sullo shuttle della società aeroportuale ed eccomi imbarcato sull’areomobile. Due hostess dalla divisa perfettamente coordinata a cui non manca il foulard d’ordinanza, dopo aver recitato con poca convinzione il mantra delle operazioni di emergenza e averci informato sull’elenco delle disposizioni di sicurezza di cui è dotato il velivolo ci hanno offerto la solita bibita e la scelta fra un pacchetto di salatini ed una mini confezione di biscotti. Il tempo di volo è di circa 50 minuti che vengono parzialmente trascorsi sfogliando la rivista della linea aerea che propone i soliti articoli di arte, cultura e business, anche se di prestigiosi autori i cui articoli appaiono scritti senza particolare convinzione.

Atterriamo all’aereoporto di Fiumicino, un taxi mi porta all’albergo.L’unico pensiero che vaga per la mia mente è per una doccia. Arrivato in albergo, mi sistemo in camera, è accogliente spaziosa, arredata convenzionalmente come si addice ad un hotel riservato ad una utenza business simile a tantissimi altri alberghi della stessa categoria.

Leggo il solito messaggio di benvenuto personalizzato sull’apparecchio televisivo, mi mangio il cioccolatino delicatamente appoggiato sul cuscino ed in attesa della cena in un tipico ristorante romano, con un arredamento un po’ approssimativo, ma finalmente ricco di personalità, ripenso con tenerezza a chi ancora propone l'immagine coordinata.

L'opera è di Mario Mafai (Osteria Romana - 1943)

Bye bye immagine coordinata 

La foto è di 0.618

martedì, marzo 28, 2006

La credibilità della pubblicità (advertising skepticism) 

Sto lavorando intensamente a nuove forme di comunicazione anche pubblicitaria, perché come diversi studi stanno rilevando, è in forte aumento la percentuale di "consumatori scettici" che non credono a quanto affermato dalla pubblicità.

E' sicuramente un problema di linguaggio, di formati, di modalità di comunicazione e di credibilità del singolo brand, ma soprattutto di una filosofia della comunicazione pubblicitaria, sottoposta dagli utenti e dagli investitori pubblicitari a sollecitazioni per un suo rinnovamento.

Sull'argomento, suggerisco la lettura di questo studio pubblicato sul Journal of Advertising

"Empirical evidence suggests that advertising claims (in ads that are processed) are frequently not accepted. Calfee and Ringold (1994) reported the consistent observation in public opinion polls that roughly two-thirds of consumers claim they doubt the truthfulness of ads. Previous research (Obermiller and Spangenberg 1998, 2000) supports the proposition that consumers are socialized to be skeptical toward advertising, and the extent of their skepticism is a determinant of their responses to advertising."

Mi domando se questi temi siano di interesse, perché mi sembra di notare uno scarso dibattito nel nostro Paese tra gli operatori della comunicazione.

Allenamento graduale, per reggere il peso del cambiamento 

L'immagine è di Vanderpoel

L'interattività è un valore? (seconda parte) 

L'interattività non è un valore tout court per uno spettatore solitamente abituato ad una fruizione passiva del mezzo televisivo, ma solo se è in grado di arricchire l'esperienza di fruizione di programmi televisivi e contenuti audiovisivi.

Ritengo che sia importante nella progettazione di contenuti interattivi per le televisioni digitali, porsi almeno tre domande.
  • come progettare l'interattività affinché l'esperienza di fruizione dei contenuti televisivi venga arricchita, come creare un'esperienza armonica tra contenuti di flusso e contenuti e servizi interattivi?
  • dove offrire l'interattività, sui diversi contenuti content related, non content related e sugli altri servizi fruiti attraverso differenti device e piattaforme distributive?
  • quando offrire l'interattività, con quali modalità di attivazione, in quali contesti di fruizione?
Occorre progettare l'interattività come un sistema coerente avendo ben chiari il cosa, il perché ed il per chi, ovvero:

  • l'interattività possibile - offerta delle opportunità e dai limiti delle tecnologie al momento disponibili su ogni piattaforma
  • l'interattività disponibile - in funzione degli obiettivi strategici di chi la offre (fidelizzazione delle audience o fonte di nuovi revenue streams)
  • l'interattività desiderata - in funzione dei potenziali desideri dei diversi segmenti di utenza
Se si vogliono evitare incogruenze è fondamentale che le tre dimensioni dell'interattività sopra viste siano equilibrate in modo da non creare aspettative che potrebbero venire disattese.

lunedì, marzo 27, 2006

Tv interattiva? 

La fotografia è di Vanderpoel

Speciale anticipazione da Miptv terza parte 

Oramai sono diversi anni che se ne parla, anche se ancora qualcuno non si è accorto che l'introduzione di tecnologie di DVR rappresentano il primo segnale di un cambiamento di vasta portata per quanto concerne l'evoluzione del mezzo televisivo.

Secondo Channing Dawson, senior vice president of emerging media di Scripps Network, che sarà presente ad un panel in una conferenza del Miptv, occorre valutare positivamente tecnologie come Tivo.

"Quello che sta cambiano è in effetti la nostra relazione con il tempo di fruizione dei programmi.
Occorre considerare che il controllo è oggi nelle mani dell'utente e non del programmatore di palinsesti nella misura in cui "gli appuntamenti con la tv" sono prerogativa dello spettatore.

Alla fine le possibilita del fast forwarding forzeranno i programmatori dei palinesti ed i produttori a ripensare il modo in cui sono progettati i programmi televisivi, a introdurre nuovi criteri di segmentazione, e a rinnovare i percorsi narrativi e le modalità in cui viene erogata l'informazione.

Questo sarà anche possibile grazie alla grande quantità di informazioni che sarà possibile ottenere su ciò che gli spettatori vorranno vedere e che il cambiamento più importante avrà luogo quando l'interattività, l'integrazione e più in generale le capacità di coinvolgimento degli spettatori saranno diventate pervasive.
"

Nel panel al Miptv si discuterà di come meglio raggiungere l'utente "anytime" e "anywhere", e su come adeguarsi alla "velocità" dello stesso.

Aggiunge Dawson, "una pubblicità dimesionale, gli effetti del broadband sui processi produttivi, la diffusione un sistema universale di rating su tutte le piattaforme, nuovi modelli narrativi, il contributo dei media partecipativi e la crescente importanza dei social network cambieranno il modo di concepire il modo di intendere la tv.

L'interattività è un valore? (prima parte) 


Nell'attività di lancio del digitale terrestre, si insiste molto sull'interattività, questo mi ricorda quando diversi anni fa, si utilizzava il termine "elettronico" per la promozione dei "nuovi elettrodomestici", oggi l'elettronica è pervasiva, così come domani lo sarà l'interattività.

L'interattività è una caratteristica propria dei mezzi digitali, quindi anche delle televisioni digitali. Dovrebbe essere utilizzata con cognizione di causa e solo dove può offrire un reale valore aggiunto all'utente, che continua giustamente a considerare il proprio apparecchio televisivo in modo passivo.

Sono diversi anni che mi occupo di pubblicità interattiva in tv e purtroppo ho visto che in troppi casi l'interattività viene proposta in modo forzato, in più sembra che ci sia ancora molta confusione anche tra alcuni addetti ai lavori sul significato del termine.

Per quanto riguarda la televisione, molti ritengono che l'interattività abbia necessariamente bisogno di un canale di ritorno, mentre a livello internazionale si è oramai consolidata la consapevolezza che esistono differenti livelli di interattività.

Tra le diverse definizioni, prediligo quella di Jensen, che definisce l'interattività "una misura della capacità potenziale di un medium di consentire ad un utente di esercitare un'influenza sui contenuti oppure sulla forma della comunicazione mediata."

Ci può essere interazione con persone o con oggetti. Il livello di interazione dipende dalla frequenza, dal numero di scelte disponibili e dalla significanza, ovvero da quanto le diverse scelte possono modificare i contenuti. Infatti esistono differenti livelli di interattività possibile:

  • interattività trasmissionale - è la misura della capacità di un medium di permettere la scelta fra una corrente di informazione senza un canale di ritorno (es. data casting, multicasting, teletext, near video on demand, enhanced o EPG)
  • interattività consultazionale è la misura della capacità di un medium di permettere la scelta di una selezione di informazioni pre-prodotte attraverso un canale di ritorno (es. internet, ftp, video on demand)
  • interattività conversazionale è la misura della capacità di un medium di permettere all'utente di produrre le proprie informazioni nel media system (partecipare, votare, fare una video conferenza).
  • interattività registrazionale è la misura della capacità di un medium di registrare a livello individuale (e non collettivo) informazioni e di adattarsi oppure di rispondere con contenuti specifici utilizzando le informazioni del singolo utente.

Se non si fanno le opportune distinzioni si rischia di creare confusione, perchè il digitale terrestre ed internet ad esempio, offrono potenzialmente diversi livelli di interattività.

Un'interattività più spinta non è a mio avviso necessariamente creatrice di maggior valore aggiunto, ecco perché ritengo importante non considerare l'interattività in assoluto, ma in funzione della specifica esperienza di fruizione di un determinato contenuto su un determinato device attraverso una determinata piattaforma.

Credits per l'immagine: Yvonne Rogers

sabato, marzo 25, 2006

Voci 

Un'altra vignetta di Doug Savage

Chi non si aggiorna in pubblicità cambi mestiere 

Umberto Galli Zugaro, titolare dell'omonima agenzia di pubblicita, risponde alle domande della rivista Adv diretta da Fabrizio Bellavista, che pubblica nel numero di febbraio/marzo 2006 un'inchiesta dal titolo: alla ricerca di una professionalità perduta?

La prima domanda posta è volta a verificare se la professione del pubblicitario oggi meriti di essere oggetto di ripensamento.

Umberto Galli Zugaro, ritiene che "l'aggiornamento nella nostra professione (il pubblicitario ndt) sia non solo una necessità ma un assoluto dovere. La comunicazione si evolve continuamente, atting ealla cronaca, al modo di vivere, segue o anticipa lemode, tiene conto di tutto quanto ci circonda, è camaleontica, si adatta ai tempi, ai costumi, invade spazi inconsueti, sfruttando ogni occazione per rendersi visibile, accettata, compresa e apprezzata.

Se chi la concepisce non si rende conto di tutto questo forse è meglio che cambi mestiere. Perché vuol dire che non è in sintonia nè con i tempi nè con le aspettative dei consumatori. Naturalmente di questo devono essere consapevoli anche i clienti. Non si tratta quindi di ripensare ma di essere aggiornati aggiornati e curiosi, capire che la vasta area della comunicazione non si limita più alle campagne pubblicitarie ma ad un giusto mix di attività che il pubblicitario deve conoscere e di cui deve essere regista ed interprete.

Quindi deve capire le nuove discipline, i nuovi sistemi e, se bravo ed informato, anticiparli divenenendone anche creatore.

La foto è tratta dal sito di National Curriculum in Action

venerdì, marzo 24, 2006

Quando la differenza sta in una lettera 

La foto è di Nik

Speciale anticipazione da Miptv seconda parte 

Sarà per me molto interessante poter parlare con esponenti della Comunità Europea a proposito della revisione della Direttiva Tv Senza Frontiere. Ho già fissato un appuntamento a Cannes, nel corso del Miptv.

Se è vero che la nuova Direttiva, consentirà di progettare nuove forme di comunicazione pubblicitaria in televisione che prima non erano consentite, dall'altra parte è anche stata molto criticata da diversi operatori per una mancanza di chiarezza.

Ross Biggam, direttore generale dell'ACT (Association of Commercial Television in Europe) in un'intervista raccolta dal Miptv Magazine, ritiene che il product placement, l'embedded advertising e altre forme surrettizie di pubblicità siano fra loro collegate e spesso confuse nella bozza della Direttiva.
In particolare non essendo chiara la demarcazione tra servizi di flusso e quelli non di flusso (di library ndt), in altre parole ad esempio tra servizi broadcast free to air e servizi on demand, questo creerebbe gravi difficoltà ai broadcaster e ai loro uffici legali nel dover verificare quale tipo di licenza sia necessaria.

Al Miptv di quest'anno ci sarà quindi un importante confronto tra il mondo dei broadcaster e quello dei funzionari di Bruxelles, per cercare di trovare correttivi per migliorare la bozza della nuova Direttiva, in modo che essa possa consentire lo sviluppo di nuove aree di business per le televisioni e al contempo tutelare gli spettatori.

La fruizione differenziata dei media 

La sottile differenza sta in una parola "interesse".

Il numero delle informazioni disponibili cresce a ritmi vortiginosi, mentre il nostro tempo disponibile rimane costante. Per questo ognuno di noi anche involontariamente mette in atto dei meccanismi di razionalizzazione e di ottimizzazione del tempo.

Abbiamo una fruizione differenziata dei media, dei contenuti e della pubblicità. Quando non siamo potenzialmente interessati ad un argomento o ad un contenuto anche pubblicitario la nostra attenzione deve essere catturata, ma molto spesso desideriamo che l'informazione sia breve e rilevante per non perdere troppo tempo.

Quando invece siamo noi a richiedere approfondimenti perché un argomento ci interessa particolarmente, l'informazione deve essere ricca ed articolata.

Sto lavorando attualmente nel processo di differenziazione dei formati pubblicitari in funzione dei momenti di fruizione, per questo sto analizzando tanta pubblicità.

Ancora una volta vedo molto spesso applicati meccanismi del tutto strumentali per catturare l'attenzione degli utenti che mi sembrano fini a se stessi, mi domando per quanto ancora verranno tollerati dalle persone.

giovedì, marzo 23, 2006

Speciale anticipazione da Miptv prima parte 

Sto per prepararmi per partecipare al Miptv e raccogliere le ultime tendenze sul mercato delle televisioni e del multimedia.

Si preannuncia interessante il panel che avrà luogo sulle sfide della tv on demand, moderato da Larry Gerbrand, senior vice president di Nielsen Analytics.

A proposito dei nuovi modelli di advertising, Larry Gerbrand ritiene che nei prossimi anni, il pricing è destinato a cambiare radicalmente.

Anche se le televisioni generaliste dovessero perdere ancora alcuni punti di share, il prezzo della pubblicità che veicoleranno non dovrebbe scendere.

Si possono prevedere schemi multipli di prezzi della pubblicità televisiva, in funzione dei differenti modelli di fruizione e delle diverse tecnologie disponibili sulle diverse piattaforme.

Gli investitori pubblicitari che vorranno massimizzare il numero dei telespettatori su programmi live dovranno pagare un premium price rispetto a quelli che vorranno attirare lo stesso numero di telespettatori, ma in un periodo di tempo più lungo e attraverso una pluralità di devices e di piattaforme di distribuzione dei programmi televisivi.

La sfida del "Tivo" richiederà nuovi approcci pubblicitari, ma in contropartita il DVR consentirà di raccogliere una grande mole di informazioni sulle modalità con cui un programma televisivo viene fruito, lo stesso avverrà per i programmi trasmessi in modalità on demand, visto su un apparecchio televisivo o attraverso un pc o un device mobile.

Quindi differenziazione dei tipi di formato pubblicitario, della durata, dei modelli di pricing e misurazione dell'efficacia muteranno completamente il modo di intendere la pubblicità televisiva.

Ci stiamo preparando adeguatamente al cambiamento?

martedì, marzo 21, 2006

Gestire la velocità di cambiamento 

Real Time Marketing 

Non c'è dubbio, la velocità è un fattore critico di successo. Viviamo a ritmi accelerati, siamo bombardati da una serie di stimoli che impongono un ripensamento della comunicazione di marketing.
  1. Sono impensabili oggi messaggi pubblicitari indifferenziati
  2. E' importante differenziare i messaggi non solo in funzione dei destinatari ma anche dei tempi, dei luoghi e dei contesti di fruzione
  3. Sempre meno il ricordo sarà un indicatore utile
  4. Aumenteranno i modelli di misurazione non verbali (analisi dell'impatto emozionale)
Come ci spiega Jay Pattisal:

Audiences are smaller, more fractionalized, more difficult to define and easily distracted with many choices. As marketing and media professionals, we are versed with the shift of consumer culture from a passive audience of unity to an interactive audience of plurality. Technology, new mediums, the Internet and choice proliferation has splintered the unifying principle of Americanism into many, fragmented subcultures organized by interests, ideology, preferences and tastes. A twist on the Latin phrase "E Pluribus Unum" to "E Una Pluribu," (from "from many come one" to "from one come many") would adequately describe today's society. We have become a Culture of Plurality.

Il marketing in tempo reale, ci impone di considerare uno nuovo spazio dell'attenzione che Pattisal definisce il fastspace.

Non potendo stare dietro alla velocità evolutiva dei trend, i brand carismatici si rendono protagonisti attraverso la capacità di anticipare le tendenze puntando su un preciso point of view piuttosto che un point of difference.

In definitiva acquistare un brand significa aderire ad un punto di vista che non rimane statico, ma che evolve nel tempo.

Qui potete trovare l'articolo di Jay Pattisal.

Grazie al ripensamento delle teorie sul brand, sto lavorando intensamente alla riprogettazione di alcuni formati pubblicitari per il fastspace. Ne parlerò qui presto.

lunedì, marzo 20, 2006

The wow effect 


La foto è di Chow Wendy

Le frontiere del marketing relazionale 


Mi sto occupando attualmente delle ultime tendenze del marketing relazionale e dovendo analizzare il concetto di partecipazione mi sono casualmente imbattuto in questo blog di David Wilcox che tratta i temi del design di una nuova società civile anche attraverso l'utilizzo delle nuove tecnologie.

Devo dire che mi ha stimolato in particolare una mappa mentale che qui riporto che apparentemente non ha alcuna relazione con il marketing, ma che invece trovo densa di concetti importanti su cui sto lavorando e riflettendo.

Non è un caso che da molti mesi non legga più un libro di marketing o di comunicazione e che la maggior parte dei testi che mi stanno ispirando per il mio lavoro sono di autori con estrazioni culturali molto distanti dalla cultura d'azienda.

Sono convinto che il tema della partecipazione, sia tanto importante in politica quanto negli affari. Si parla tanto di coinvolgimento (involvement o engagement se vi piacciono i termini inglesi), ma sono veramente pochissime le imprese interessate a tradurre questo concetto nell'operatività.

Insomma il messaggio prevalente è "bei concetti, ma torniamo alle nostre faccende quotidiane".

domenica, marzo 19, 2006

Il buio prima della luce 

La pubblicità che non amo 

C'è un certo tipo di pubblicità che non amo ed è quella caratteristica di un certo tipo di aziende di cui non sono cliente.
  1. Non amo la pubblicità che utilizza i sotterfugi per attirare la mia attenzione.
  2. Non amo la pubblicità che fa promesse generiche, difficilmente verificabili.
  3. Non amo la pubblicità quando viene contraddetta dalla mia esperienza quando entro in contatto con l'azienda.
  4. Non amo la pubblicità che è associata ai giochi, concorsi. Se non sono interessato, non comprerò comunque.
  5. Non amo la pubblicità dei profumi, che crede che parlare in francese, renda il prodotto più seducente.
  6. Non amo la pubblicità che utilizza stereotipi che non corrispondono alle donne, agli anziani e più in generale alle persone che incontro tutti i giorni.
  7. Non amo la pubblicità istituzionale autoreferenziale che non è in grado di dirmi cosa un brand può realmente fare per migliorare la mia vita.
  8. Non amo la pubblicità che usa la provocazione, dopo i Sex Pistols, credo di aver visto tutto.
  9. Non amo la pubblicità che declina lo stesso messaggio su tutti i mezzi, quando invece potrebbe aggiungere valore in funzione del medium che sto utilizzando in quel momento.
  10. Non amo la pubblicità così creativa,che non mi permette di capire quale sia il prodotto che sta promuovendo
Sembra che qualcuno ancora continui a confondere la pubblicità con la comunicazione. Si può comunicare bene anche senza investire in pubblicità, ma non si può fare pubblicità se non si sa comunicare bene. Anche io sono d'accordo che sia impossibile non comunicare, perché si comunica sempre e comunque.

giovedì, marzo 16, 2006

Domanda ingenua 

Se la percentuale della popolazione over 60 è in crescita, come mai la gran parte della pubblicità si rivolge al segmento 16-34?

Ma l'anziano oggi corrisponde realmente allo stereotipo rappresentato in questa foto?

Non sarebbe ora di rivedere qualche pregiudizio sulle persone della seconda e terza eta?

Il martello lo regge il cliente 

La foto è di darkmatter

mercoledì, marzo 15, 2006

I consumatori insoddisfatti 

Un altro interessante articolo sui consumatori insoddisfatti.

Da leggere.

Il brand nell'era digitale 

Ho aggiornato i contenuti del mio corso sulle nuove frontiere del branding nell'era digitale, ho inserito nuovi esempi e case histories. A leggere le valutazioni dei partecipanti alle edizioni passate, sembrerebbe che non sia venuto tanto male.

Vorrei progettare un nuovo corso che tratti in modo approfondito il tema delle nuove metriche e dei processi di misurazione delle strategie di branding, ma mi domando se non sia un argomento troppo specifico.

Advertising next 

Anche quest'anno parteciperò al Miptv, come inviato della rivista Pubblicità Italia.

Per il terzo anno di seguito, uno dei temi centrali dell'evento di Cannes sarà la pubblicità nelle sue prossime evoluzioni. In particolare si tratterà in questa edizione del tema della revisione della direttiva Tv senza Frontiere, che dovrebbe a breve consentire il product placement e disciplinare il virtual advertising e le diverse forme di embedded advertising in televisione.

Visto che dell'argomento me ne sto occupando da diversi anni, sarà interessante lo scambio di esperienze e opinioni con alcuni colleghi di Francia, Stati Uniti, Inghilterra e Germania, nell'incontro che abbiamo già organizzato da tempo. In quel contesto esamineremo nuove opportunità di collaborazione. Occorre dire che i colleghi non sono solo pubblicitari, altrimenti non sarebbe possibile la cross fertilization.

E' un vero peccato che in Italia, il comparto della comunicazione e del marketing siano così chiusi, che gli scambi siano così ridotti e che l'informazione non circoli. E' evidente che affinché questo possa avvenire, è necessario che ci sia alla base piena fiducia tra i partecipanti ad un "knowledge sharing" e al fatto che questo scambio possa in futuro creare nuove opportunità di business per tutti.

Quando parlo in Italia di questo, mi sembra di venire da un altro pianeta. Sarà forse questa una delle tante ragioni per cui la pubblicità italiana non vince quasi mai a Cannes?

martedì, marzo 14, 2006

Pubblicità credibile? 


Un'alta vignetta di Doug Savage

Trust engineering e analisi della credibilità 

Sto lavorando attualmente in stretta collaborazione con esperti di usabilità per migliorare le performance di siti complessi.

Per siti di commercio elettronico o ad esempio siti di società di servizi bancari ed assicurativi, di case automobilistiche o di operatori turistici, che si rivolgono ad un pubblico vasto, migliorare le performance anche del solo 10%, significa di volta in volta incrementare notevolmente le revenue o ridurre i costi di relazione.

L'analista di usabilità cerca di rispondere a queste domande:
  • qual'è l'esperienza generale di navigazione?
  • si trovano facilmente tutte le informazioni?
  • come si migliora la struttura di accesso alle informazioni?
  • quali sono gli elementi del sito che accrescono il livello del trust?
  • come si riducono gli abbandoni?
L'analista della credibilità, (una delle competenze che ho sviluppato), mette invece a confronto il sito oggetto di indagine con quelli in competizione sulle stesse audience. Cerca di rispondere a queste domande:
  • come è organizzata l'informazione resa disponibile ai diversi visitatori?
  • è rilevante?
  • fornisce valore agli utenti?
  • è credibile?
  • è persuasiva?
  • si differenzia positivamente dai concorrenti?
L'analisi di credibilità è molto importante, perché sui prodotti e servizi complessi, molto spesso le preferenze si formano on line. Gli utenti selezionano solitamente 2 o 3 alternative tra cui scegliere tra le tante che vedono. Per questi prodotti o servizi il primo obiettivo non è quindi quello di promuoverne la vendita, ma di essere inseriti nella mappa delle preferenze.

Ci sono ampi spazi di miglioramento per tanti siti realizzati in Italia; l'analisi di credibilità non si è ancora affermata, nonostante possa contribuire notevolmente al miglioramento delle performance di un progetto on line.

Molte web agencies non distinguono fra le due tipologie di analisi e nonostante abbiano sviluppato competenze sull'usabilità, devono ancora imparare ad organizzare analisi di credibilità per i loro progetti di comunicazione digitale.

Ho iniziato a collaborare con un paio di agenzie web che si sono immediatamente rese conto dell'importanza di questo tipo di analisi.

Proprio domani tengo un corso aziendale sull'argomento, per un grande gruppo industriale multinazionale.

lunedì, marzo 13, 2006

Quale futuro per le fiere in Italia? 

Lo so che quelli di Miptv a Cannes hanno altri budget a loro disposizione, ma forse qui in Italia abbiamo molto da imparare in termini di professionalità nel campo degli eventi e delle fiere professionali.

Visto che mi sono accreditato alla rassegna internazionale del multimedia e della televisione, gli organizzatori della manifestazione hanno pensato di inviarmi per posta la mia personal identification card, con foto già inserita (visto che sono un "vecchio visitatore"), per evitare di farmi perdere tempo all'ingresso e permettermi di ritirare il badge che sarà disponibile in loco.

Ho trovato sul retro dell 'id card inviatomi, alcune utili informazioni per meglio organizzarmi. Come potete vedere, si tratta di una serie di accorgimenti che non hanno un particolare costo, ma che creano grande valore.
  • Il suo badge sarà disponibile alla Registration Hall
  • Per evitare di fare la coda, la invitiamo a considerare gli orari di pre-registrazione (1 aprile dalle 2 pm alle 7 pm e il 2 aprile dalle 9 am alle 7 pm)
  • Gli orari della manifestazione sono: (3 aprile dalle 8 am alle 7.30 pm, dal 4-6 aprile dalle 9 am alle 7 pm e il 7 aprile dalle 9 am alle 4 pm)
  • Per meglio organizzare i suoi incontri e per beneficiare in pieno della sua "marketing experience", le consigliamo di prefissare gli incontri utilizzando il database on line a cui potrà accedere con la sua id e pw
  • Per quelli che non dispongono di uno stand, potranno utilizzare il Partecipants Clubs dove troverà delle hostess a sua disposizione per metterla in contatto con le persone che dovrà incontrare
  • Troverà maggiori informazioni sul sito www.miptv.com per l'organizzazione del suo viaggio, per come raggiungere il suo albergo dall'aereoporto, i servizi di marketing a sua disposizione e il programma delle conferenze e degli eventi.
Nell'ufficio stampa, ci sarà un armadietto a mia disposizione dove chi lo desidera può lasciarmi messaggi e materiale informativo. Se non vorrò segnalare la mia presenza, mi basterà lasciare l'autoadesivo rosso e non sostituirlo con quello di colore verde.

Le fiere sono tutt'altro che in crisi, occorre naturalmente adeguare l'offerta e fornire valore a tutti i partecipanti e agli sponsor.

La foto è di John Zubrovich

Consulenti: nuove istruzioni per l'uso 

  • Un negoziante ha aperto un punto vendita in una zona centrale di Milano, che non sta andando bene, probabilmente i prodotti che offre non sono adatti per il tipo di clientela che frequenta quella zona. Ora ha incaricato un consulente di fargli un'analisi.
  • Un'azienda informatica di medie dimensioni sta avendo diversi problemi di natura legale, a causa dell'ambiguità dei contratti di fornitura che ha proposto ai suoi clienti.
  • Una società di grandi dimensioni, mi ha chiesto di analizzare le performance di un sito che non funziona come dovrebbe, ora lo devono rifare completamente, perché a suo tempo non volevano pagare l'analisi di un consulente.
Avvocati, medici, consulenti sono professionisti che dovrebbero essere consultati per evitare i problemi, non quando questi si sono già verificati.

La prevenzione "costa"quasi sempre meno della cura.

sabato, marzo 11, 2006

Segui l'istinto 

Il vero marketing usabile 


Ci sono anche in Italia aziende straordinarie che sanno cosa è il marketing usabile.

Federico Minoli, ha aperto il blog della Ducati ed è subito gran successo. (via Mantellini)

Identità 

L'opera è di Mattjin

Web Doctor a me? 

Mi piace lavorare sul nuovo e fare da apripista, tanto che sto occupandomi di alcuni modelli di comunicazione, che probabilmente in Italia non vedremo prima di 36 mesi.

Visto che sull'architettura dei contenuti di marketing ho sviluppato delle competenze specifiche, recentissimamente mi è stato chiesto di fare il "web doctor", ovvero di verificare come mai le performance di siti complessi (di società finanziarie e assicurative, dell'industria per il b2b), non funzionano come dovrebbero.

Aiuto di volta in volta, l'azienda o l'agenzia a definire i parametri per riprogettare il sito in modo più funzionale per l'utente, ma con un focus sulle performance strategiche.

In pratica, analizzo le statistiche, individuo i problemi, imposto l'analisi di usabilità, aiuto a ridefinire gli obiettivi strategici del sito, individuo le metriche, riprogetto l'architettura dei contenuti in funzione delle audience. Lo faccio con una mia metodologia originale.

Un tempo mi sarebbe venuto da sorridere se qualcuno mi avesse detto che un giorno avrei fatto pure il "web doctor"

venerdì, marzo 10, 2006

Comprendere i nostri politici 

Un'altra vignetta di Doug Savage

Democrazia digitale e professionalità 

Il digitale in tutti i campi dove è stato introdotto ha allargato le potenzialità creative e produttive.

Oggi con programmi di desktop publishing o di montaggio audio e video una persona sola è in grado di progettare una rivista o un contenuto audio, così come grazie ai blog davvero chiunque è in grado di pubblicare i propri contenuti in rete.

Nella fase introduttiva di una nuova tecnologia o applicazione, molti si vogliono cimentare, ma nel lungo periodo si crea una netta distinzione tra contenuti amatoriali e contenuti professionali. Succede nell'editoria, nella comunicazione aziendale, succede in tutti i campi.

La differenza tra i contenuti amatoriali e quelli professionali è la risultante di competenze, risorse, professionalità, che non possono essere improvvisate in poco tempo.

Ecco perché sono molto d'accordo con quanto Marco Camisani Calzolari scrive a proposito dei podcast e vodcast per il business.

L'immagine è tratta da Business Week

giovedì, marzo 09, 2006

Apprendimento attivo, marketing usabile 

Se nell'era della scarsità mediale è importante saper comunicare, in quella dell'abbondanza è importante imparare ad ascoltare e saper apprendere.

Ho trovato un vecchio articolo, che tratta dell'apprendimento attivo, ve lo propongo perché mi sembra davvero illuminante.

Trovo molto stimolante per un uomo di marketing seguire i tre punti suggeriti:
  1. expand the kind of learning experiences you create
  2. take the advantage of the power of interaction
  3. create a dialectic between experience and dialogue
Imparare ad ascoltare, creare esperienze, sapersi analizzare criticamente, progettare il nuovo, creare un dialogo permanente, non sono forse i principi del Marketing Usabile?

Verso nuove sfide 

La foto è di Gianni D

mercoledì, marzo 08, 2006

Ripensare la pubblicità e la comunicazione d'impresa 

Come ho già avuto modo di affermare più volte, credo che la separazione tra agenzia creativa e centro media non abbia più senso, anzi comincia ad essere controproducente.

Il mercato della comunicazione a mio modesto parere richiede una "riconfigurazione" del settore, per questo sono necessarie figure professionali con competenze trasversali per il coordinamento delle campagne.

Le scelte professionali che ho compiuto dieci anni fa, allora apparentemente discutibili, mi hanno portato oggi ad essere in grado di progettare una conferenza internazionale, un portale web, un corso di formazione, un programma televisivo, un progetto di comunicazione per crm, una pianificazione media, un blog etc.

Questo non significa che tutti debbano fare le stesse scelte. Ritengo infatti che il mercato abbia bisogno sia di competenze molto verticali, sia di figure professionali che abbiano maturato esperienze differenti. E' ora di rimescolare le carte.

martedì, marzo 07, 2006

Non esageriamo con la brand extension 


L'immagine è di Grabthar

Tecniche di vendita? 

Un'altra vignetta di Doug Savage

lunedì, marzo 06, 2006

Long Tail Marketing 

Forse il Long Tail, altro non è che un buzzword, ovvero un termine che sta andando di moda in questo periodo e che verrà presto sostituito da altri più freschi. Non vi è dubbio però che alcuni ragionamenti che sta portando avanti Chris Anderson con grande lucidità stanno già avendo un impatto tra gli uomini di marketing.

Stanno proliferando i blog che si stanno occupando della lunga coda in relazione ai diversi aspetti del marketing. Joshua Wood, ne sta eseminando alcuni aspetti strettamente legati alle vendite, mentre io sto facendo i primi esperimenti legati all'ingegnerizzazione dei contenuti di marketing.

La logica del long tail, impone di ripensare il processo di progettazione della comunicazione di marketing al fine di razionalizzarne la struttura produttiva, in modo tale che la differenziazione dei contenuti per target e per contesti sia economicamente sostenibile.

Superare le indecisioni 

Anche questa è un'opera di Mattijn

Il progetto di marketing 

Una riflessione al volo.

Come mai tutti si meravigliano quando propongo interventi circoscritti, ben delineati e limitati?
Non dovrebbe essere la regola che qualsiasi progetto anche di comunicazione, dovrebbe essere scalabile?

Non mi sembra serio, chiedere alle aziende ogni volta di ripartire da capo, come se tutto dovesse essere rifatto di default.

Purchè si noti 


Scena prima:
Riviera romagnola
Esterno: giardino di un albergo a tre stelle

"Ma lei è pazzo, questa ristrutturazione mi manda in rovina, faccia una cosa Architetto, limiti il suo intervento alle parti visibili, come la hall, il salone e lasci stare le camere così come sono.
Tanto se qualche cliente italiano non torna, ci sono sempre i russi ed i tedeschi, basta fare una pubblicità giusta....


Scena seconda:
Bari
Interno, riunione di condominio,

"Non mi sembra il caso di approvare la spesa del rifacimento dei tubi dell'acqua, abbiamo già approvato il rifacimento della facciata, non è forse questo il tipo di investimenti che aumenta il valore dell'immobile? Se dovessi vendere il mio appartamento fra qualche anno, nessuno saprebbe mai che abbiamo rifatto l'impianto idraulico."

Scena terza
Milano,
Interno, presentazione al cliente, agenzia di pubblicità

"Se non stimassi la vostra agenzia di pubblicità, non vi avrei fatto partecipare alla gara, adesso che l'avete vinta, vi chiederei di limare gli investimenti non produttivi. Visto che vi abbiamo già approvato il budget di 1.5 milioni di euro per girare lo spot in Sud Africa, penso che non ci sia più spazio per il sito web, i contenuti li abbiamo già rivisti sei mesi fa, rifacciamo solo la grafica dell'home page, giusto per rinfrescare l'immagine.


L'immagine è di Jean L'Harmeroult

domenica, marzo 05, 2006

Fine di un'era per la misurazione? 

Torno ad un argomento che mi sta a cuore, che ogni tanto compare su questo blog con puntuale regolarità: il problema della misurazione delle audience.

La frammentazione delle audience, la proliferazione dei micro media, i nuovi modelli emergenti per la fruizione dei contenuti digitali impongono di rivedere i criteri di misurazione.

Traffico, circolazione, reach, grp sono concetti ancora validi?

Il dibattito in rete è sempre più vivace.

L'immagine è di Agb Nielsen.

venerdì, marzo 03, 2006

La nostra mission è servire il cliente 

Ma chi se non Doug Savage?

Customer Revenge 

Del ruolo attivo dei consumatori insoddisfatti, soprattutto in rete, ne ho scritto abbondantemente l'anno scorso e due anni fa. Sembra che il fenomeno si sia molto acuito, tanto è vero che alcuni ricercatori negli Stati Uniti, parlano di customer revenge.

Il crescente utilizzo di internet, la diffusione dei blog, ha fatto crescere il numero di "consumatori in cerca di giustizia" ma anche di "vendicatori dai torti e dai soprusi delle aziende".

Se ne parla qui.

Ma quanto costa questo marketing? 

Ho presentato questa settimana una serie di proposte di comunicazione innovativa, che credo abbiano colpito nel segno.

Le aziende ultimamente stanno combattendo una battaglia quotidiana, sul fronte dei budget ma si rendono perfettamente conto che la qualità ha il suo costo.

Non parlo quasi mai di riduzione dei costi, ma di razionalizzazione dei budget di comunicazione, per cui a parità di investimento è possibile ottenere molto di più. Per fare questo è importante non solo focalizzarsi sull'output ma anche sul processo produttivo per la realizzazione di campagne di comunicazione.

Attraverso una migliore reingegnerizzazione del processo è possibile ridurre gli sprechi e a parità di budget ottenere migliori risultati. Le agenzie di pubblicità non dovrebbero a mio parere ridurre i loro margini, ma semplicemente rianalizzare la loro catena produttiva e si accorgerebbero che vi sono ampi spazi di razionalizzazione. Chissà se un giorno mi crederanno su questo punto.

...ma il viaggio continua 

Un'altra grande opera di Mattijn

E' un periodo di grandi incertezze 

Questa è un'opera di Mattijn

Estensioni professionali 

Negli ultimi dieci giorni ho incontrato tantissime persone con cui ho preso un caffé, ho pranzato, ho colloquiato e per quanto strano possa sembrare non si è trattato di clienti attuali o potenziali.

Alle persone che ho visto e che svolgono i mestieri più disparati ho fondalmente fatto queste domande:
  1. come si svolge il vostro lavoro?
  2. come potete aiutarmi a migliorare il mio?
  3. come posso esservi utile con le mie competenze?
Mi vien da sorridere quando qualcuno mi dice: "faccio questo lavoro da trent'anni chi è lei per insegnarmi il mio mestiere"?

Anche io mi occupo di marketing da diverso tempo e ho un background da puro marketer, proprio per questo mi è stato utile confrontarmi recentemente con una psicologa, un sociologo, un architetto che fanno il mio stesso mestiere, vi assicuro che da questo confronto ho imparato molto.

Il mondo del lavoro sta cambiando e ha bisogno di approcci aperti e flessibili altrimenti non mi sarebbe possibile fare progetti di consulenza e formazione per broadcaster, società telefoniche, gruppi editoriali, società industriali b2b, tour operator e via discorrendo su tematiche così differenziate fra loro.

Quest'anno più che alla ricerca di nuovi clienti, il mio obiettivo è l'allargamento ed il rafforzamento delle mie competenze professionali.

E' questo che i nuovi clienti mi stanno chiedendo.

giovedì, marzo 02, 2006

Pianifichiamo la tv perché è il medium più fruito 


L'immagine è di Bruceict

Il mestiere di pubblicitario 

Ho conosciuto Maurizio Sala nel 1996, al primo convegno di Internet Marketing in Italia, che ho organizzato per la rivista Internet News al Centro Congressi di Assago e a cui Maurizio ha partecipato come relatore.

Maurizio non è solo uno dei più geniali pubblicitari in Italia, ma anche e soprattutto una mente aperta proiettata al futuro. Uno dei pochi creativi ad avere compreso oltre dieci anni fa, le potenzialità dei new media per la comunicazione. Da allora è diventato vice presidente del Gruppo Armando Testa e presidente dell'Art Directors' Club.

Spero che l'amico Fabrizio Bellavista, non se ne abbia a male se riporto integralmente una intervista a Maurizio Sala rilasciata alla rivista Adv (numero di dicembre05-gennaio06).
Non aggiungerò alcun commento, chi mi conosce sa che la condivido fino all'ultima parola.

Il nostro mestiere (il pubblicitario ndt): accogliere il futuro
di Maurizio Sala

La sfida del mercato di oggi si chiama "mettiamoci a studiare". Serve più competenza sul nuovo: sui nuovi media e conseguentemente sui nuovi linguaggi, sulle nuove forme di aggregazione dei target, sulle nuove tecniche produttive e sulle nuove tecnologie in grado di rendere sempre più interattivo e easy-to-live il messaggio della marca.

Le nuove opportunità sono direttamente proporzionali alla voglia del sistema di rimettersi in gioco di ridisegnarsi in termini di competenze professionali e strutture operative. Chi primo cambia, meglio alloggerà.

Il modello agenzia di pubblicità così come lo abbiamo conosciuto fino a oggi, si avvia al suo definitivo tramonto: troppo rigido, troppo costoso a fronte di un ritorno di risultati meno soddisfacente di una volta. Servono strutture più snelle e multicompetenti sui vari aspetti della comunicazione.

Però per aiutare questo trapasso verso una maggiore efficaacia a vantaggio di tutti, primi i clienti ovviamente, è necessario che tutti concorrano a ridefinire le regole del gioco.
Non si può chiedere ai propri consulenti di cambiarsi radicalmente, di investire in nuove competenze e contemporaneamente tagliare le loro commissioni in continuazione al ribasso e invitarli in quindici alla stessa gara.

Se la marca desidera maggiore efficacia, deve a sua volta aiutare il sistema ad evolversi, non può limitarsi a stare a guardare senza cambiare in niente le proprie consuetudini. Ricordiamocelo, per favore, sui prossimi tavoli di discussione intersettoriale.


Nei prossimi due anni avremo in modo massiccio il digitale terrestre nelle case europee e nessuno ha compreso che se verrà usato come all'inizio venne usata internet, cioè come portabrochure digitale e nulla più, la gente clicckerà un paio di volte sui bivi interattivi poi mollerà il colpo davanti a noiosi elenchi di punti vendita o caratteristiche di prodotto.


Va compresa chiaramente questa equazione di fondo, che tra l'altro riguarda la maggior parte delle innovazioni in arrivo: sono tutte opportunità che consentono una maggior comunicazione di contenuti intorno alla marca, proprio per questo l'elemento della spettacolarità, della caratterizzazione creativo-interattiva di ciò che si trasmette è fondamentale, altrimenti la gente si sentirà solo oppressa da un eccesso di informazioni senza fantasia e le rigetterà.


Questo vale per il DTT, ma anche per la comunicazione via mobile o via Iptv. Sempre per queste nuove opportunità mediatiche vale la pena di fare una riflessione su tecniche e costi produttivi.

E' ovvio che non si può concepire una piattaforma di costi realizzativi come quella che oggi vale per un commercial. Un approfondimento audiovideo, indipendentemente dalla piattaforma su cui va in onda, può durare molto di più dei canonici 30 secondi. E' allora che si fa? Scendere di qualità è fuori di discussione, ma lo è anche il mantenere gli stessi costi a fronte di metraggi maggiori.

Bisogna studiare il problema e offrire soluzioni. In fretta, anche perché la svolta non riguarda solo poche frange di target super avanzato, ma trattasi di rivoluzione allargata a grosse fasce di pubblico.

mercoledì, marzo 01, 2006

A proposito di passato 

Ancora lui, Doug Savage.

A passo di Gambero 

L'ultimo libro di Umberto Eco, affronta a 360 gradi il tema della comunicazione.

La lucidissima analisi di Eco, nuovamente coglie nel segno. So che non lo dovrei, fare, ma estrapolo dal contesto, prelevando pensieri dalla presentazione del libro.

"Dopo la caduta del Muro di Berlino si erano dovuti riesumare gli atlanti del 1914, e da tempo le nostre famiglie ospitavano di nuovo servi di colore, come in Via col vento. A poco a poco col videoregistratore si è passati dalla televisione al cinematografo, con Internet e le pay-tv Meucci l’ha avuta vinta su Marconi (telegrafia con i fili) e ora l’i-Pod ha reinventato la radio."

Proseguendo il percorso indicato da Eco, posso aggiungere che anche per quanto concerne la pubblicità stiamo tornando indietro agli anni quaranta con i branded contents che assomigliano alle sponsorizzazioni delle soap opera. Dal videoregistratore analogico stiamo passando al DVR che reinventerà i palinsesti televisivi, spostando di nuovo il baricentro, nel panorama mediale, dalla distribuzione alla produzione dei contenuti come nel passato.

Terminata la Guerra Fredda, abbiamo avuto con l’Afghanistan e l’Iraq il ritorno alla Guerra Calda; riesumando il Grande Gioco kiplinghiano, si è tornati allo scontro tra Islam e Cristianità, compresi gli Assassini suicidi del Veglio della Montagna, e al grido di “mamma li turchi!”
È risorto il fantasma del Pericolo Giallo, è stata riaperta la polemica antidarwiniana del XIX secolo, abbiamo di nuovo l’antisemitismo e i fascisti (per quanto molto post, ma alcuni sono ancora gli stessi) al governo, si è riaperto il contenzioso post-cavouriano tra Chiesa e Stato. Sembra quasi che la Storia, affannata per i balzi fatti nei due millenni precedenti, si riavvoltoli su se stessa, marciando velocemente a passo di gambero.

Questo libro non propone tanto di tornare a marciare in avanti, quanto di arrestare almeno un poco questo moto retrogado.

Viviamo un periodo di transizione ed è veramente difficile comprendere se stiamo davvero tornando al passato o se le tendenze delineate sono solo un passaggio verso una nuova era.
Una cosa è certa, auspicherei un ritorno al passato limitatamente ad alcuni aspetti.

  • Il marketing della lattaia e la riscoperta delle relazioni umane negli affari
  • Il ritorno all'etica nel business
  • Il ritorno ad una comunicazione meno eterea e più vicina alle persone
  • Un revival del gusto di stare insieme, cercando di uscire dall'isolamento che stiamo vivendo anche per effetto delle tecnologie (dal walkman, al podcast, passando dal web)
Visto che è così difficile prevedere il futuro, forse vale la pena cominciare a progettarlo. Questione di buona volontà.

Che cosa vuole un impresa da internet? 

Che cosa vuole un'impresa innovativa da internet?

Paolo in un suo commento ad un post sul blog di Layla Pavone, segnala un intervista di un suo collega d'oltreoceano che risale al 2003, ma se riferita al mercato italiano appare attualissima.

I clienti evoluti come Ing Direct, non sono numerosissimi, ma ci sono in Italia e hanno sviluppato delle competenze molto specifiche sui media misurabili. Per questo le loro esigenze ed aspettative sono cresciute molto negli ultimi anni.

Come ho già scritto in più occasione i Centri Media si trovano ad una svolta, il loro ruolo potrà essere molto importante in futuro, se sapranno adattarsi ai cambiamenti, altrimenti, correranno il rischio di vedere banalizzato il lavoro a mero "pianificamentificio" con grosse ripercussioni sui loro modelli di business.
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