giovedì, settembre 18, 2008
Informazioni personali
- Nome: Maurizio Goetz
- Località: Milano, Lombardia, Italy
Sono un brand advisor e consulente di marketing innovativo con specializzazione in comunicazione digitale avanzata su tutte le piattaforme. Mi occupo quindi solo di progetti di frontiera e lavoro con aziende che pongono il cliente al centro della loro attenzione e che considerano l'innovazione nella comunicazione un elemento di successo per il loro brand.
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12 Comments:
Tiro ad indovinare: un poco perché è come una risata isterica, un poco - forse - perché se l'azienda fallisce e i libri finiscono in un tribunale finalmente si capirà se a far fallire la compagnia sono stati i dipendenti, la direzione, i sindacati... o verrà fuori che la colpa è (anche questa volta, come nella canzone) di Andreotti, .
A parte le battute vorrei capire a chi era rivolto l'applauso (ai sindacati, alla compagnia defunta, a sé stessa, ai colleghi...)
Certo, dopo il mio sfizio, la tragedia rimane. L'Italia non ha bisogno certo di un mostro mangia soldi e stipa-raccomandazioni, ma neppure di altri migliaia di disoccupati.
Dove sta il giusto mezzo?
mi chiedo se sta gente lavori per hobby... o piuttosto contano in una soluzione "all'italiana" che salvi tutti a spese dei contribuenti?
se l'azienda fallisce può essere che vengano comprati al 100% dallo stato e quindi diventano dipendenti statali... come dire "applaudo per il cancro di mia moglie così posso uscire con le ragazze più giovani"..."
Giochi, interessi e retroscena econonomico/politici a parte. La "furia competitiva" come scrive Maurizio ( il marito che si castra pensando di fare un dispetto alla moglie ) porta solamente in un vicolo chiuso.
Pur con tutta la solidarietà che si possa dare ma non era meglio
un accordo?
E' come un'Azienda in crisi che si mette sul mercato, lo stesso vale per la persona.
Se in cassa integrazione o disoccupata ( con professionalità facilmente reperibile sul mercato ) quale appettibilità si ha? Cosa pensi ti offrano?.
Meglio cercare di ricollocarsi se occupati ( anche se a condizioni peggiori ma comunque che garantiscono un minimo reddito ) che non in condizioni di emergenza.
E' crudo ma la realtà di mercato non la facciamo noi.
Direi decisamente fuori tema!
Hai ragione Marco, ma qualche volta la tentazione è troppo forte ;)
Voglio solo segnalare l' articolo apparso il 13 settembre sul FT a firma di Tyler Brulè, editor in chief di Monocle
A breath of fresh air
I was hoping for a quiet Sunday morning last weekend (a backward-facing window seat on the train, the Sunday papers, The New Yorker and Mom’s cookies and apple cake) but the constant pinging of my mobile phone’s e-mail alert kept me from dozing off on the mountain train from St Moritz to Chur. Yes, I know I could have switched it off and carried on napping, but as the correspondence was in response to last week’s column it made for riveting reading.
In case you missed last week’s Fast Lane, it was the first instalment of a two-parter on both how to, and how not to, run an airline. My focus on British Airways’ rather poor performance at check-in at Heathrow’s Terminal 5 generated an avalanche of e-mails about BA’s slipping standards and the general lack of service culture in the UK.
From all corners of the world came tales of an industry that’s no longer customer-focused, a once loved carrier that’s lost its way and myriad solutions about how to cope with early 21st-century air travel. Some readers have moved to chartering private aircraft more often than they used to, some have taken their long-haul business away from BA and moved to carriers such as Emirates and Lufthansa while others have opted to travel less.
That British Airways has allowed such valuable passengers to slip away should be of great concern to its shareholders. It should also serve as a belated final boarding call for frontline and senior managers to take a look around and see who’s still doing things right.
To save them time I thought I’d offer a script from an actual travel tableau experienced in Japan about three weeks ago. My Tokyo colleague Noriko was my travel companion that day. Our story starts in the back of a Toyota limousine shuttling us from a business dinner in Kitakyushu to the city’s airport, some 25 minutes away. The script you’re about to read is not a work of fiction.
Me: “I didn’t think we’d finish up so early. Do you think there’s any way we can catch an earlier flight?”
Noriko: “Our flight’s at 21.00, right? Let me see what the other flight options are. [Noriko rings her office in Tokyo and asks a colleague if our tickets are changeable and what time the next flight is to Haneda. The time is 20.00.] Well, there’s a JAL flight at 20.25, so if we hurry we might catch it otherwise we’ll have to take the Starflyer flight we’re booked on.”
Me: “It would be great to get back to Tokyo that little bit earlier, no?”
Noriko: “Oh definitely. Let me ask the driver how far we are from the airport. [Noriko is told we should be at the airport by 20.15.] We’re not going to get there till around quarter past.”
Me: “I guess it’s Starflyer for us.”
Noriko: “Well, we can always ask.”
Me: “Yes, but we don’t have a reservation or even tickets for the JAL flight so it’s a bit hopeless at this point.” [Minutes later we pull up to the terminal. The time on the clock inside the terminal is 20.17. Noriko strides to the JAL desk, asks if there are still seats on the Tokyo flight and whether she can buy two of them. There’s a soft tapping of keys while, in the background, three colleagues intuitively make other preparations.]
Noriko: “There are no seats in business. You happy with economy?”
Me: “Sure, it’s fine. Are they going to let us board?”
Noriko: “Yes. Just give me your credit card and airline card.”
Me: “You’re serious? The plane’s going in seven minutes.”
Noriko: “Yep. No problem. This is why you like Japan so much, remember?”
Me: “Seriously, if you tried this in the UK they’d call a doctor and have you sectioned for being mentally unstable. If you tried this on in the States, they’d have you in an orange jumpsuit and on a plane to Guantánamo because they’d think you were a deranged security risk.”
Noriko: “Here’s your credit card. Sign here. Here’s your boarding pass. Don’t even talk to me about flying out of your country, it’s an absolute mess. Do you think JAL could teach some other airlines how to do things?” [While we had been going through the ticket purchase transaction the check-in staff had already alerted colleagues that we were on our way and assisted each other in making sure that we were processed in record time. This was also done in near silence with perfect hair, exquisite make-up and jauntily tied neckerchiefs.]
Me: “Look at that. From the car to buying tickets to clearing security to boarding the plane has taken less than seven minutes! Granted it’s a small airport but still they wanted us to make this flight and they did it without a trace of an eye-roll.”
Noriko: “Yep, that’s Japan for you.”
As we settled into our seats on a sparkling new 737-800, JAL had just performed an act of customer service that would make their shareholders proud. In an age when no airline chief executive can afford to lose a single passenger, JAL went above and beyond not only to secure our future custom but also much-needed yen. Best of all, it was handled with grace, professionalism, smiles and not a hint of hassle. JAL operates a series of flight training academies in cities across Japan. BA might want to embark on an exchange programme to promote cultural change within in its ranks.
E' finita un'era e anche i privilegi, bisogna saper stare sul mercato che non aspetta nessuno.
Concordo con Alessandro: gli ammortizzatori per loro ci saranno sempre e vuoi mai che possano stare un po' a casa con una congrua parte dello stipendio pagato dallo stato.
ho pensato la stessa tua cosa Maurizio quando ho sentito della notizia del fallimento dell'accordo. Ancora non riesco a capirne il senso...
Ciao Maurizio.
Non so se i dipendenti Alitalia stessero applaudendo, non è certo l'immagine di una foto che ci permette di capire il comportamento di una categoria. Forse comunque sto applaudendo io! Perchè bisogna tenere in vita a tutti i costi un'azienda totalmente mal gestita negli anni in cui lavoravano a condizioni vantaggiosissime i soliti figli e amici di..., che ha bruciato tanti di quei soldi pubblici che avrebbero potuto essere investiti nella cultura degli italiani o nel ricco business futuro di aziende innovative? Negli ultimi anni le cose erano cambiate ma ormai la frittata era fatta, frutto anche di piani industriali inesistenti, finanza creativa ecc ecc.
Il livello di discussione sul tema è a dire il vero bizzarro se non inquietante. Ci sono 20.000 dipendenti? Abbiamo paura che domani siano disoccupati? Per questo lo stato (io e voi) deve tirare fuori un miliardo di € ogni 6 mesi per evitare la disoccupazioni di questi poveretti? No comment!
Altro tema: la compagnia deve essere di bandiera? E chi l'ha detto? Iberia funziona da dio ed è di British Airways che di iberico poco ha. La compagnia svizzera è fallita e ora è rinata e si chiama Swiss e vola. Non ho capito perchè in questo paese per ogni cosa si debba inscenare psicodrammi collettivi. Si sarebbe dovuto affrontare anni fa, ma si ormai noi viviamo di umori e la malgestione di Alitalia non faceva bene all'umore, il raziocinio sta altrove. Perchè invece che cacciare soldi in una compagnia decotta non si investe nella formazione o nella crescita di nuove aziende con un futuro roseo? L'avete letto il piano di salvataggio? Che c'entra AirOne coi debiti Alitalia? Perchè lo stato si accolla i debiti per regalare a un'accozzaglia di imprenditori una compagnia che cmq ha del valore?? Provata e leggere e chiedetevi se non è meglio che fallisca subito (anzi avrebbe dovuto fallire anni fa)!!
Ciao.
Lorenzo non posso non condividere quanto scrivi, anche io penso che sia il caso di ripartire da capo, perché la situazione è troppo compromessa, comunque ci vuole anche un po' di senso di responsabilità, non credo che l'applauso per un'azienda che chiude sia la reazione migliore, anche considerando tutte le argomentazioni che hai addotto. Ci sono momenti in cui il silenzio è la miglior cosa.
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