L'idea creativa
Ha suscitato molte polemiche l'intervento all'ADVCamp di Vicky Gitto, direttore creativo di DDB, che ritiene che l'attentato alle Torri Gemelle sia il risultato di una straordinaria idea creativa, indipendentemente dal giudizio morale sulla stessa azione.
Non è certamente mia intenzione alimentare la polemica, commentando sull'esempio specifico, altri lo hanno già fatto, quanto dimostrare che l'affermazione di Gitto è comunque errata anche sul piano metodologico.
La creatività in ambito pubblicitario è un mezzo utilizzato per raggiungere uno scopo. Senza creatività un messaggio di qualunque genere, non arriva a destinazione, ma il fine ultimo della comunicazione è quello di "creare valore" non solo notorietà .
Se insisto tanto nella ri-lettura dei classici della comunicazione e del marketing è perchè non tutti i loro contenuti sono superati.
Il Marketing Management è l'arte e la scienza di scegliere i mercati obiettivo e raggiungere, mantenere e far crescere i consumatori attraverso l'erogazione e la comunicazione di superiore valore al cliente. Kotler/Keller - Marketing Management 2005
Wikipedia definisce la creatività, come l'arte o la capacità di creare o inventare.
- L'idea creativa nella comunicazione di impresa se non ha uno scopo, è fine a se stessa.
- Scopo della comunicazione pubblicitaria non è essere vista, ma creare e alimentare il valore di marca
Visibilità, notorietà sono solo passaggi intermedi, perchè parafrasando David Ogilvy anche un gorilla con le mutande rosse si fa notare, ma non aiuterà a vendere il tuo prodotto.
17 Comments:
Quando un cliente mi chiede cos'è necessario fare per finire in prima pagina sul Corriere, gli suggerisco di entrare in un centro commerciale sparando all'impazzata... Efficace, ma come la mettiamo con il brand?
Bella analisi (as usual) sulla vicenda in questione. Commento qua perché mi sembra il luogo migliore per allontanarsi dalle polemiche e cercare di ragionare criticamente sulla morale della lezione.
Non ho assistito alla presentazione in diretta, mi è stata raccontata con una leggera differita al quale ho reagito con incredulità e cercando di leggere una provocazione mal esposta e per nulla riuscita.
Da qui ho riflettuto sul fatto che la creatività è fortemente connessa all'idea di creazione. In altre parole distruggendo qualcosa già esistente non si è creativi, ma si cerca di affermare un immagine (e i suoi relativi valori) opposti all'oggetto che si attacca.
Possiamo parlare di innovazione, originalità ma non di creatività in senso vero.
Tutto questo premettendo che quando in questione non c'è solo un simbolo di una cultura, ma 3000 morti e un evento che ha cambiato il corso della storia e il rapporto tra diversi popoli, non è giusta alcuna speculazione.
Impossibile quindi parlare "indipendentemente dal valore etico e morale"
Maurizio, io apprezzo sempre il tuo garbo e il tuo metodo nell'affrontare i temi. Ma questa volta io distinguerei la querelle in due parti:
- sul piano dei contenuti la tesi di Gitto non mi scandalizza, la condivido in pieno e non mi sembra nemmeno nuova.
- dal punto di vista strettamente comunicativo mi è parso una persona non particolarmente abile a "a parlare in pubblico" e quindi a sostenere una provocazione assai delicata che lui stesso ha cercato. Non è sufficiente dire "al di là dei giudizi etici" quando si toccano certi temi: occorre tatto o grandissimo spessore intellettuale (magari entrambi)
no Roberta, a me la polemica sullo stile non mi interessa, non l'ho nemmeno considerata, il mio giudizio è sui contenuti. Non condivido il giudizio nel merito. L'efficacia è sempre da rapportarsi agli obiettivi e non credo che nessuna impresa vorrebbe avere tanta notorietà ma essere disprezzata, non penso farebbe comodo nemmeno ad una marca che ha come mercato di riferimento il vicino oriente (Israele escluso).
Se tu vuoi darmi qualche lume, te ne sono grato.
Ne creatività o speculazione, la persona in questione è un povero cretino che ha dato aria alla bocca.
L'adv sui media tradizionali e digitali influenza ormai solo i pecoroni e non i consumatori consapevoli.
Complimenti.
Ad majora.
Maurizio, io non mi permetto di "dare lume" a nessuno, tantomeno a te, dico solo la mia opinione. E premetto anche che questa questione ha già avuto più spazio del meritato. Aggiungo anche che trovo di cattivissimo gusto aver utilizato questo parogone. Ma entrando nel merito della risposta che mi solleciti tu dici: "non credo che nessuna impresa vorrebbe avere tanta notorietà ma essere disprezzata, non penso farebbe comodo nemmeno ad una marca che ha come mercato di riferimento il vicino oriente" ed io su questo concordo completamente.
Ma nella fattispecie l'impresa (o la "marca") è un'organizzazione terroristica. Dal loro, sottolineo LORO, punto di vista l'azione non ha portato "disprezzo", anzi è stata estremamente efficcace sia rispetto al loro "target" (aumento di proseliti nel mondo orientale e medio orientale, ...) che rispetto ai loro obiettivi criminali (diffondere il terrore e l'insicurezza in tutto l'occidente).
Cito un sociologo dell'università cattolica (Marco Lombardi) "l'attacco al WTO è stato un grandissimo evento comunicativo, curato da un fortunato abilissimo regista assassino".
http://tinyurl.com/6q3t7a
Roberta, non c'è dubbio che da un punto di vista mediale è stato efficace, quello che io continuo a contestare è la traslazione da un contesto ad un altro. L'efficacia non può che essere rapportata agli obiettivi. Ecco che il paragone tra gruppi terroristici e mondo delle aziende è decisamente fuori luogo.
personalmente concordo, io non l'avrei mai fatto. Ma il dibattito sull'applicabilità dei principi di marketing ad organizzazioni, enti senza scopo di lucro, partiti politici e quant'altro, è delicato ed in pieno svolgimento (vedi Mercati e Competitività, n°1 - 2007). Anche la definizione di marketing dell'AMA, per ciò che può valere, sembra allargarsi in tal senso.
Roberta hai ragione, ma questo sta ad esempio trasformando i partiti politici in contenitori senza valori. Ci sono dei luoghi dove il marketing non dovrebbe entrare.
comq volevo dirti che ne ho parlato solo qua perchè sapevo di trovare luogo pacato e disteso di dicussione:)
Però rimango della mia idea ;)
dico questa e poi più: Roberta (e chi esprime una riflessione simile alla sua) è chiarissima e non ascrivibile a fazioni simpatizzanti del terrorismo internazionale. Per contro, gli altri non possono certo essere accusati di non essere in grado di comprendere la forza mediatica dell'evento 11/9. Mi chiedo solo se è utile, ragionando di pubblicità e quindi in fondo di intrattenimento, utilizzare materiali così estremi, rincalzandoli dentro alle scarpe strette della comunicazione da convention
Credo che voi tutti, nella vostra analisi acuta e ben esposta, stiate accreditando al signor Gitto una cultura e delle capacità assai maggiori di quelle che possiede.
Come ben sappiamo, lasciare a Homer Simpson il pannello di controllo di una centrale nucleare è rischioso. Chiediamoci allora come mai il mondo della pubblicità sia pieno di signori Gitto, e più estesamente come quarantenni di questa risma (perché questo signore ha quarant'anni...) siano potuti arrivare ai vertici di agenzie dove ancora lavorano personaggi che hanno fatto la storia della pubblicità italiana, dotati però di altro spessore culturale e sensibilità.
Mi risulta che il signor Gitto non sia neppure laureato. Di per sé non significa nulla (anzi...); ma osservato il vuoto spinto della sua mente (creativa), viene da domandarsi il perché guadagni cifre a 4 zeri mensili, quando di quarantenni con le contropalle (o della madonna) il panorama pubblicitario milanese è pieno, ma sono costretti a tirare più o meno la carretta (no, non sono fra loro, a scanso di equivoci: osservo e basta).
La fidanzata, l'ambiente che i Gittos frequentano e la pronta difesa di Luca "Wittgenstein" Sofri mi fanno pensare che costui non sia che un altro appartenente al "fight club" di cui non bisogna parlare, ma che "dirige" una certa cultura, anche pubblicitaria, che sta diventando come i suoi protagonisti: becera e abborracciata, ma tanto amata dai puzzettisti à la Sofri (pater et filius), sempre pronti a spaccare in 4 il pelo che non c'è, come l'intelligenza del citato.
Non mi piace attaccare le persone, questo non è un dibattito è un linciaggio. Io rimango fermo ad un'affermazione che è emblematica di una certa cultura pubblicitaria che a me non piace e ne spiego le ragioni. Ho avuto modo di incontrare Vicky Gitto una volta sola e non ho nessun elemento o ragione per giudicarlo. Dovremmo tornare alla qualità delle conversazioni basate sui fatti e sulle opinioni e non sugli insulti.
Come si mette con i Clienti della prestigiosa agenzia quando verranno informati dell’intervento del tal Vicky Gitto.
Scommettiamo che per salvaguardare l’immagine del brand ( che ha un valore di mercato e i consumatori premiamo i brand che si distinguono per responsabilità sociale ) per non accostare il proprio nome a quello dell’agenzia dove lavora rescinderanno i contratti o non li rinnovano?
Il mio è un alias, per quello che mi riguarda in DDB dovrebbero cominciare a preoccuparsi.
Che dite ragazzi perchè non scrivete anche voi alla DDB ed ai Clienti della DDB segnalando l’accaduto?
Marco Boselli
Come ho già scritto, non sono assolutamente interessato ad un linciaggio, mi interessa partecipare ad un dibattito costruttivo, civile e pacato sulla pubblicità e mi limito a quello.
Vorrei quindi limitarmi a commentare solo i contenuti e non fare valutazioni sulle persone.
Bene, rimaniamo sul piano concettuale, ammettendo che il sig. Gitto abbia espresso qualche concetto:
1) Innovazione: far fuori 3,300 o 3000 persone non e' un'idea particolarmente nuova. Il terrorismo come principio e' vecchio di secoli
2) Far parlare di se': anche qui, quale originalita' creativa? Vogliamo parlare dei GRP di Donato Bilancia o della strage di Piazza Fontana?
Diciamo la verita', vedere persone che ritenevo colte difendere la (temporanea?) pochezza di un oratore avvinazzato e' piu' disarmante dell'orazione stessa. Che, sul puro contesto "webico", non raccontava neanche cose particolarmente interessanti.
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