Mondi paralleli
Sono due mondi paralleli, non si incontrano, non si capiscono, sono abitati da persone che parlano linguaggi completamente diversi.
Non ho mai capito perchè il mondo dei pubblicitari abbia mostrato nel tempo una così forte resistenza nei confronti di Internet, dei media digitali e della comunicazione interattiva.
Mancanza di volontà, pigrizia, inerzia non erano le reali motivazioni.
Ho faticato a capire, che il problema è culturale ed è profondo, per questo suggerisco di ripartire dalle definizioni.
Sono i presupposti, i valori fondanti, i riferimenti culturali, di chi lavora professionalmente in rete e di chi si confronta quotidianamente con il mondo degli spot ad essere diametralmente opposti.
Quali sono gli elementi di una comunicazione efficace? Sono sicuro che oggi più che mai troveremmo una varietà di risposte così ampia eppure la risposta c'è, la comunicazione efficace è quella che funziona, è quella che porta risultati positivi, è quella che crea valore.
C'è bisogno di confronto, tanto bisogno di confronto, per ri-trovare un linguaggio comune, perché non si può creare una comunicazione che funziona, se non riusciamo a trovare una risposta condivisa su cosa significhi funzionare.
Il mondo dei pubblicitari è un mondo chiuso, serrato, ma quello di chi si occupa di comunicazione digitale è fintamente aperto, cerca a parole il confronto, ma non si fa capire, si trincera dietro tecnicismi, dietro competenze iperspecialistiche e non vuole perdere il "primato della conoscenza", non rendendosi conto che sta perdendo quello sul mercato.
Sono da rivedere alcuni modelli e paradigmi della comunicazione di impresa, ma i fondamentali rimangono gli stessi.
Internet sta cambiando radicalmente il modo di fruire l'informazione e questo sta avendo un impatto devastante su tutti i media, ma quello che ci fa ridere, piangere, commuovere, è rimasto lo stesso.
Nei Paesi più avanzati si sta cercando di superare questa separazione e i due mondi hanno iniziato a dialogare; i risultati in termini di qualità generale della comunicazione ne hanno risentito positivamente.
E' mai possibile che molte persone che si occupano di comunicazione digitale non abbiano letto Bernbach, Ogilvy, Leo Burnett, Emanuele Pirella, Jacques Seguela e via discorrendo, così come molti pubblicitari non conoscano Pierre Levy, Derrick De Kerchove, Don Tapscott?
Non ci può essere alcun dibattito se non si comincia ad allinearsi sui presupposti.
Non ho mai capito perchè il mondo dei pubblicitari abbia mostrato nel tempo una così forte resistenza nei confronti di Internet, dei media digitali e della comunicazione interattiva.
Mancanza di volontà, pigrizia, inerzia non erano le reali motivazioni.
Ho faticato a capire, che il problema è culturale ed è profondo, per questo suggerisco di ripartire dalle definizioni.
Sono i presupposti, i valori fondanti, i riferimenti culturali, di chi lavora professionalmente in rete e di chi si confronta quotidianamente con il mondo degli spot ad essere diametralmente opposti.
Quali sono gli elementi di una comunicazione efficace? Sono sicuro che oggi più che mai troveremmo una varietà di risposte così ampia eppure la risposta c'è, la comunicazione efficace è quella che funziona, è quella che porta risultati positivi, è quella che crea valore.
C'è bisogno di confronto, tanto bisogno di confronto, per ri-trovare un linguaggio comune, perché non si può creare una comunicazione che funziona, se non riusciamo a trovare una risposta condivisa su cosa significhi funzionare.
Il mondo dei pubblicitari è un mondo chiuso, serrato, ma quello di chi si occupa di comunicazione digitale è fintamente aperto, cerca a parole il confronto, ma non si fa capire, si trincera dietro tecnicismi, dietro competenze iperspecialistiche e non vuole perdere il "primato della conoscenza", non rendendosi conto che sta perdendo quello sul mercato.
Sono da rivedere alcuni modelli e paradigmi della comunicazione di impresa, ma i fondamentali rimangono gli stessi.
Internet sta cambiando radicalmente il modo di fruire l'informazione e questo sta avendo un impatto devastante su tutti i media, ma quello che ci fa ridere, piangere, commuovere, è rimasto lo stesso.
Nei Paesi più avanzati si sta cercando di superare questa separazione e i due mondi hanno iniziato a dialogare; i risultati in termini di qualità generale della comunicazione ne hanno risentito positivamente.
E' mai possibile che molte persone che si occupano di comunicazione digitale non abbiano letto Bernbach, Ogilvy, Leo Burnett, Emanuele Pirella, Jacques Seguela e via discorrendo, così come molti pubblicitari non conoscano Pierre Levy, Derrick De Kerchove, Don Tapscott?
Non ci può essere alcun dibattito se non si comincia ad allinearsi sui presupposti.
4 Comments:
Il post, sostituendo "pubblicitari" con "relatori pubblici", mantiene la sua validità, anche se cambiano le letture (ma ho appena finito un testo di Edward Bernays del 1928 che sembra scritto oggi). Sono mestieri in cui la maggior parte degli operatori è lì quasi per caso, e ovviamente ha il terrore del cambiamento (perché non è preparata nemmeno per il presente, e si vede...).
Adesso che ti sei esposto Italo, ti chiedo a bruciapelo 3 testi irrinunciabili sulle relazioni pubbliche 2 classici e 1 testo attuale. Thanks
Ciao Maurizio, mi sembri ottimista: mi domando quanti "comunicatori digitali" abbiano letto Levy e De Kerchove...
Hai ragione Matteo, figurati se poi hanno letto i classici dell'advertising, comunque occorre uscire dal proprio orticello.
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