Riflettendo sul marketing virale seconda parte
Proseguendo nelle riflessioni sul viral marketing, vorrei approfondire una mia affermazione che merita di essere esplicitata e chiarita.
L'obiettivo del marketing virale non è la diffusione del messaggio tout court, perchè se così fosse, gli effetti cesserebbero nel breve periodo. Il vero obiettivo è quindi far si che le audience possano far proprio il messaggio e per far questo vi si devono riconoscere.
Ritengo estremamente riduttiva una concezione che considera queste attività di tipo low cost e in cui l'utente si sostituisce all'impresa nel trasmettere il messaggio. E' il caso dei video divertenti, i cui effetti sono solitamente di breve periodo.
Se l'obiettivo finale è la sola trasmissione del messaggio, la logica è ancora quella della notorietà, con il rischio che l'agenzia incaricata di creare il "contenuto virale", potrebbe concentrarsi troppo sulla viralità dello stesso, puntando tutti gli sforzi sulla trasmissibilità e non sugli effetti.
Si tratta dello stesso errore che ha compiuto chi ha creato campagne pubblicitarie troppo focalizzate sulla dimensione dell'entertainment, sicuramente molto gradevoli e divertenti, ma che hanno "offuscato" il ricordo sul brand e sul prodotto.
Concentrarsi sulla sola trasmissibilità, significa non tenere conto degli obiettivi strategici che possono essere differenti di volta in volta.
La trasmissibilità non è un fine, è solo un mezzo.
E' impensabile definire a priori dei contenuti ad alto tasso di viralità, senza tenere conto del contesto e delle dinamiche di network. (Hp è un'impresa che le conosce molto bene e che le studia da diverso tempo).
Sono assolutamente convinto che non esista la ricetta magica, sono infatti molto d'accordo con Jennifer Heikin direttrice di Google Video, quando dice che: " you can't just create a viral video, it needs to be very organic, it needs to be grassroots, it needs to be very real and the user will realize what is real and what it is not".
Se non vogliamo bruciarci le mani, evitiamo le scorciatoie e cerchiamo di comprendere il vero significato del termine coinvolgimento.
L'obiettivo del marketing virale non è la diffusione del messaggio tout court, perchè se così fosse, gli effetti cesserebbero nel breve periodo. Il vero obiettivo è quindi far si che le audience possano far proprio il messaggio e per far questo vi si devono riconoscere.
Ritengo estremamente riduttiva una concezione che considera queste attività di tipo low cost e in cui l'utente si sostituisce all'impresa nel trasmettere il messaggio. E' il caso dei video divertenti, i cui effetti sono solitamente di breve periodo.
Se l'obiettivo finale è la sola trasmissione del messaggio, la logica è ancora quella della notorietà, con il rischio che l'agenzia incaricata di creare il "contenuto virale", potrebbe concentrarsi troppo sulla viralità dello stesso, puntando tutti gli sforzi sulla trasmissibilità e non sugli effetti.
Si tratta dello stesso errore che ha compiuto chi ha creato campagne pubblicitarie troppo focalizzate sulla dimensione dell'entertainment, sicuramente molto gradevoli e divertenti, ma che hanno "offuscato" il ricordo sul brand e sul prodotto.
Concentrarsi sulla sola trasmissibilità, significa non tenere conto degli obiettivi strategici che possono essere differenti di volta in volta.
La trasmissibilità non è un fine, è solo un mezzo.
E' impensabile definire a priori dei contenuti ad alto tasso di viralità, senza tenere conto del contesto e delle dinamiche di network. (Hp è un'impresa che le conosce molto bene e che le studia da diverso tempo).
Sono assolutamente convinto che non esista la ricetta magica, sono infatti molto d'accordo con Jennifer Heikin direttrice di Google Video, quando dice che: " you can't just create a viral video, it needs to be very organic, it needs to be grassroots, it needs to be very real and the user will realize what is real and what it is not".
Se non vogliamo bruciarci le mani, evitiamo le scorciatoie e cerchiamo di comprendere il vero significato del termine coinvolgimento.
3 Comments:
io non sono molto d'accordo sulla metodica del messaggio, anche se come anche tu lo dici sono tecniche molto raffinate e occorre uno studio approfondito.
Sicuramente studiare a tavolino la cultura che comporta il virus è un tema complesso soprattutto perchè occorre almeno una generazione per osservare i risultati.
io discuto molto di questi argomenti anche da un punto di vista del consumatore, ovvero cosa fare quando si è attaccati dal virus, sono tecniche alle
quali bisogna cedere ma in modo intelligente.
Ferma Simona. This is the point.
Se tu consideri il fatto di essere attaccati dal virus, allora c'è un problema ed è quello che denuncio.
La cosa funziona se il messaggio ti coinvolge e tu volontariamente decidi che devi assolutamente trasmetterlo.
Il lavoro è tutto li, il tuo coinvolgimento. Nessuno deve cedere a nulla. E questo l'equivoco.
ah,
scendo sempre dal pero ho capito.
Quindi non devo sentire nemmeno la necessità di mettere delle mascherine per non essere attaccata.
Vedi essere troppo intorpidita da accademici.
simona
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