lunedì, ottobre 22, 2007

Riflettendo sul marketing virale prima parte 

Vorrei inserirmi nel dibattito sul marketing virale attualmente in corso. Visto che c'è così tanta confusione i tentativi di chiarimento sono davvero necessari.

Ho iniziato ad occuparmi di marketing virale nel 1998 e ho pubblicato il primo articolo sull'argomento sulla rivista Web Marketing Tools, (che oggi non esiste più). Vorrei riprenderne alcuni concetti chiave per stimolare la conversazione.

Che cosa è il marketing virale?

As much as we may fear or hate viruses both biological and computer varieties these self-perpetuating, self-propagating entities have important lessons for marketers.

Chiamatelo come volete, passaparola, word of mouth (o meglio word of mouse), oppure marketing virale. Di definizioni ne esistono davvero un grande numero. John Audette brillante moderatore di I-sales, prestigiosa mailing list americana, ha lanciato un sondaggio per trovare un termine adatto: organic marketing, perpetual marketing, self propagation marketing, snowball marketing, whisper marketing, chain reaction marketing, sono alcuni suggerimenti che sono stati proposti da alcuni iscritti alla lista. (1998)

Raynay Valles ci offre una definizione che riporto integralmente: “a way of marketing that leverages every contact with a customer or potential customer into additional contacts with potential new customers.”

Non si tratta solo di costruire un processo di “attenzione”, ma soprattutto di ottenere un “palcoscenico virtuale” in cui non importa se si è “star” o “fan” purché il proprio ruolo sia riconosciuto ed apprezzato. Come scrive Michael H. Golhaber: “today what counts more and more is performing, not producing in the old routines sense of factory production”.

Quali sono i principi del marketing virale?

REGOLA NUMERO UNO: Lasciate che sia il comportamento della Community target a far si che venga diffuso il messaggio

I virus non si diffondono casualmente. Sono i comportamenti dei loro “portatori” attraverso le interazioni sociali (e-mail, chat, web ecc) che permettono l’estensione da specifiche Comunità a “territori virtuali” più estesi. Scopo del Web Marketer è quello di creare entusiasmo, trasformando i cittadini della rete in “ambasciatori virtuali”. I messaggi dei comunicatori digitali, sono costruiti in modo tale che essi vengano diffusi dai destinatari come parte del loro stesso interesse.

REGOLA NUMERO DUE: Assomigliate al portatore e non al virus. (Il messaggio si deve diffondere con il linguaggio del portatore e non con quello del diffusore)

La memetica è una disciplina che studia lo sviluppo dei concetti e delle idee e la loro trasmissione. I memi sono singole unità di informazione che hanno la capacità di autoreplicarsi attraverso una sorta di “contagio culturale” in cui il cervello è il portatore sano. Non sorprende che tra gli studiosi più attenti della memetica ci siano brillanti pubblicitari.

REGOLA NUMERO TRE: Affinchè un virus si diffonda occorre raggiungere una massa critica
Un epidemia si sviluppa quando il virus ha raggiunto una certa scala. Se un virus raddoppiasse ogni anno e nel primo anno colpisse solamente l’1% dei portatori il secondo anno ne colpirebbe il 2% ed il quinto anno il 16% divenendo epidemico. Possiamo considerare metaforicamente la diffusione di una moda come un virus che agisce sul cervello e spinge gli “ammalati” a comportamenti bizzarri come: calzare scarponi da montagna in città, fare telefonate inutili con il nuovo telefonino, farsi inserire un anello nel naso o andare al cinema a vedere film noiosissimi e raccontare agli amici di essersi divertiti.
Gabriel Tarde ha definito la moda “un’invenzione seguita da un’imitazione”. (1901)

Il primo equivoco sul marketing virale.

L'obiettivo del marketing virale non è la diffusione del messaggio tout court, perchè se così fosse, gli effetti cesserebbero nel breve periodo. Il vero obiettivo è quindi far si che le audience possano far proprio il messaggio e per far questo vi si devono riconoscere.

Secondo equivoco sul marketing virale

Non esistono video o strumenti virali per definizione o preferibili, per per una migliore relazione tra messaggio e portatore. La viralità sta nel messaggio e non nel canale di diffusione, anche se i canali digitali per le loro caratteristiche, sono particolarmente adatti per la diffusione di messaggi virali.

Non vorrei mettere troppa carne sul fuoco e mi limiterei a proporre la discussione su questi due punti.

Voi che ne pensate?

12 Comments:

Anonymous Anonimo said...

domanda banale (anche stupida), quale azienda è intenzionata ad un tale tipo di messaggio se poi non riesco a quantificare il numero di persone che colpisco?
Lo so che sono grandi aziende che hanno nei tempi passati investito su soggetti che facevono delle cose per poi influenza incosciamente la sua corte, il tutto stava nell'individuare il soggetto giusto.
Ma questo avveniva una 10 di anni fa, credi che oggi si possa fare lo stesso attraverso nuovi strumenti come internet? io no, non da investire se fossi un'azineda, megliouna classica pubblicità.

22/10/07 10:34  
Blogger Maurizio Goetz said...

Eh no cara Simona, al contrario, domanda molto importante e per niente banale. Ogni attività di marketing deve essere sempre e comunque misurabile, il problema è che cosa vogliamo misurare, il numero degli utenti eventualmente raggiunti o gli effetti dell'azione? Quello che poni è un tema di grande importanza su cui conto di ritornare in un prossimo post. Se io fossi un imprenditore non investire un centesimo, su un'attività in cui non posso misurare i risultati. La visibilità tout court non basta ahime più. Ecco perchè insisto tanto sul dibattito relativo alle metriche. L'ho fatto in passato e continuerò a farlo.

22/10/07 10:53  
Anonymous Anonimo said...

mi sento sempre la bambina con il mestro,
favolosa sensazione perchè i miei studi sono giuridici
e mi fai capire molti step
(io lavoro per un'azienda che si studia il fenomeno della comunicazione) (in realtà sono una vera casalinga, perchè è quello che mi sento quando faccio il monitoraggio)
Altra domanda, i dati non possono che essere reali e non empirici una notevole difficoltà per convincere un'azienda a fare questo tipo di marketing?
Grazie per i chiarimenti.
simona

22/10/07 11:13  
Blogger Maurizio Goetz said...

Credo che il passaggio sia oggi di trasformazione di paradigmi. Una volta la pubblicità misurava attenzione, atteggiamenti, propensione all'acquisto e via discorrendo, oggi conta sempre di meno, quante persone hanno visto un messaggio, ma gli effetti che il messaggio ha nella pratica. Ecco che accanto a metriche mutuate dai mezzi tradizionali, che continuano ad avere validità, si affiancano quelli del mondo del direct response che misura azioni precise e direttamente misurabili. Infine sui social media contano sempre di più parametri legati al trust e alla reputazione. Il mondo sta diventando complesso, non si tratta di sostituire nulla, ma di comprendere come scrivevo, che la realtà più complessa necessità di misurazioni più complesse. Spero di non essere stato troppo oscuro.

22/10/07 11:24  
Anonymous Anonimo said...

sei sempre molto chiaro.
per me è un mondo magico che vorrei studiare in modo completo.
grazie e complimenti
simona

22/10/07 11:46  
Anonymous Anonimo said...

Ciao Maurizio,
io cercavo di limitare il tema agli spot cosiddetti virali, e tu giustamente lo allarghi al marketing virale ;-) condivido la maggior parte delle cose che dici, ma sottolineo il fatto che cambiare l'atteggiamento dei fruitori nei confronti di un brand è un'impresa auspicabile ma molto moolto ambiziosa. Nel frattempo sarebbe almeno importante conoscere gli strumenti che possono espandere il messaggio (sull'effetto esponenziale avrei poi qualcosa da ridire, ma la discussione si farebbe un po' troppo lunga). Credo, però, che siamo entrambi d'accordo su una cosa: tutto questo discutere intorno al tema del virale significa che andrebbe fatta un po' di chiarezza e che forse sarebbe il momento che gli addetti ai lavori si incontrassero, no?

22/10/07 14:51  
Blogger Maurizio Goetz said...

Si mizio sono consapevole che la prima discussione riguardava i video, ma credo che se non allarghiamo il campo non ne usciamo perchè correremo il rischio di non spiegarci perchè avremo utilizzato linguaggi differenti, tanto vale affrontare il problema from scratch. Per il resto io adoro le imprese ambiziose ;)

22/10/07 14:59  
Blogger Unknown said...

d'accordo con voi, allarghiamo al marketing virale altrimenti l'azione è fine a se stessa.

Mi unisco ai complimenti di Simona
raramente trovo persone che in 10 righe su un post riescono a dare concretezza ("... accanto a metriche mutuate dai mezzi tradizionali, che continuano ad avere validità, si affiancano quelli del mondo del direct response che misura azioni precise e direttamente misurabili. Infine sui social media contano sempre di più parametri legati al trust e alla reputazione. Il mondo sta diventando complesso, non si tratta di sostituire nulla, ma di comprendere come scrivevo, che la realtà più complessa necessità di misurazioni più complesse...") fantastico.

23/10/07 11:11  
Blogger Unknown said...

Quanto vale ad esempio una views proattiva di un video su Internet rispetto ad una OTS (Opportunity to See) di un piano media tradizionale?
Intendo dire, sarebbe utile capire qual è l'equivalenza fra un contatto quantitativo passivo di spot tv e stampa, per esempio,(tra l'altro non verificato) e uno qualitativo realizzato con atteggiamento di attenzione da parte dell'utente...

25/10/07 08:31  
Blogger Samuele said...

complimenti per la discussione.
Quali sono le maggiori "metriche" per misurare le campagne virali, inoltre, che attendibilità hanno i risultati che vengono fuori???

17/3/08 11:35  
Blogger Maurizio Goetz said...

Esiste un'associazione americana che sta lavorando alle metriche, è la Word of Mouth Marketing Association o www.womma.org

http://www.womma.org/groups/research/framework/

ti sarà utile.

17/3/08 11:40  
Anonymous Anonimo said...

Ciao a tutti
Prima cosa: il blog è di un'utilità strepitosa.
Seconda: Sono dell'idea che il concetto di marketing virale sia alla base della nuova teoria del marketing stesso. In più ritengo che la forma che assume sul Web sia estremamente interessante, date le sue potenzialità. Per quanto riguarda, poi, il problema della verifica dei dati, chiamiamoli di verifica (il feedback per le aziende), il problema si può risolvere utilizzando precisi strumenti di propagazione del messaggio.
Per rispondere a quanto sollevato da Simona nel suo primo intervento, se posso permettermi ovviamente, vi assicuro che questa forma "nuova" forma di marketing è molto conosciuta dalle aziende attente alle innovazioni.

Saluto tutti

Fra

7/5/08 00:46  

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