La stretta via del nuovo marketing?
Cosa hanno in comune il marketing con l'industria della moda? Ambedue propongono collezioni che vengono rinnovate nel tempo e che si propongono di rendere obsolete quelle precedenti.
Mi scuso per la provocazione, è per me un pretesto per parlare della proliferazione di "nuove branche del marketing" che sembrano nascere come funghi, come ha rilevato recentemente il professor Giacomazzi in un suo brillante intervento all'Assemblea Generale dell'Associazione Italiana Marketing
Non sarà che termini come viral marketing, permission marketing, reverse marketing, guerrilla marketing, e-marketing, cause related marketing, social marketing, affiliate marketing, one to one marketing, experiential marketing, collaborative marketing, behavioural marketing, buzz marketing, peer to peer marketing, ambush marketing siano dei tentativi di trovare una formula giusta? Si chiede il professor Giacomazzi, se questa affannosa ricerca sia il frutto di creatività o un tentativo di trovare delle formule preconfezionate. Si tratta di termini creati per attirare l'attenzione, per vendere libri e consulenze oppure concetti con sostanza?
La domanda è sicuramente interessante, perché anche io faccio uso di questi termini e di molti altri, ma il problema è un altro, ovvero, quello di riuscire a "fornire a questo dinamismo un metodo ed un percorso", perché questi approcci parziali "non sempre sono il superamento l'uno dell'altro, ma alcuni convivono si sovvrappongono e si compenetrano".
Ciò che dobbiamo evitare ad ogni costo è l'utilizzo sistematico e automatico di modelli troppo rigidi perché ogni progetto è un caso a sè. Il rischio che molti consulenti e molte agenzie stanno correndo è quello di innamorarsi di una teoria che anche se ha funzionato in un campo di applicazione non è detto che funzioni in un altro oppure nello stesso campo ma in un altro contesto.
Mi scuso per la provocazione, è per me un pretesto per parlare della proliferazione di "nuove branche del marketing" che sembrano nascere come funghi, come ha rilevato recentemente il professor Giacomazzi in un suo brillante intervento all'Assemblea Generale dell'Associazione Italiana Marketing
Non sarà che termini come viral marketing, permission marketing, reverse marketing, guerrilla marketing, e-marketing, cause related marketing, social marketing, affiliate marketing, one to one marketing, experiential marketing, collaborative marketing, behavioural marketing, buzz marketing, peer to peer marketing, ambush marketing siano dei tentativi di trovare una formula giusta? Si chiede il professor Giacomazzi, se questa affannosa ricerca sia il frutto di creatività o un tentativo di trovare delle formule preconfezionate. Si tratta di termini creati per attirare l'attenzione, per vendere libri e consulenze oppure concetti con sostanza?
La domanda è sicuramente interessante, perché anche io faccio uso di questi termini e di molti altri, ma il problema è un altro, ovvero, quello di riuscire a "fornire a questo dinamismo un metodo ed un percorso", perché questi approcci parziali "non sempre sono il superamento l'uno dell'altro, ma alcuni convivono si sovvrappongono e si compenetrano".
Ciò che dobbiamo evitare ad ogni costo è l'utilizzo sistematico e automatico di modelli troppo rigidi perché ogni progetto è un caso a sè. Il rischio che molti consulenti e molte agenzie stanno correndo è quello di innamorarsi di una teoria che anche se ha funzionato in un campo di applicazione non è detto che funzioni in un altro oppure nello stesso campo ma in un altro contesto.
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