giovedì, maggio 22, 2008

Quello che le imprese e le agenzie non hanno ancora compreso sulla comunicazione digitale 


Ci sono tante cose che andrebbero dette, ma non lo fa nessuno, perché non è comodo, perché alle agenzie di comunicazione tutto sommato non piace dirlo, perché alcuni "economics" ancora non tornano, ma anche perché le aziende non sono aiutate ad utilizzare in modo più strategico i media digitali.

Ai vari convegni puntualmente viene riproposta la solita domanda. "Se i mezzi digitali sono così efficaci, perché si investe ancora così poco?"

Non ho certamente una risposta definitiva, ma credo che ci siano alcuni aspetti che meritano di essere approfonditi e su cui vorrei confrontarmi con voi.
  • produrre per i next media non è così remunerativo - Non c'è dubbio che per la maggior parte delle agenzie di pubblicità non c'è alcun incentivo economico a proporre modelli di comunicazione alternativi agli spot, sono strumenti consolidati, il guadagno è tutto sommato ancora molto buono e le dinamiche conosciute. Perché cambiare fintanto che non è strettamente necessario?
  • le aziende non sempre sono disposte a pagare adeguatamente la consulenza di comunicazione o l'idea creativa - Le aziende sono abituate a pagare per uno spot pubblicitario, per un logo, per un evento o più in generale per qualcosa di molto concreto e tangibile, questo costringe le agenzie di comunicazione ad inserire il costo dello sviluppo creativo nel costo generale di un progetto. Cosa succede quando invece che uno spot ci si deve confrontare con le logiche economiche dei media digitali? Già dieci anni fa le agenzie di pubblicità erano fuori mercato nella produzione dei banner, ma non per colpa loro, oggi lo sono nella produzione ad esempio degli audiovisivi di rete. L'unica risposta è scorporare il costo creativo dalla produzione delle creatività. La creatività è una risorsa che deve essere remunerata adeguatamente. Non si può pagare un creativo ad un costo orario, la creatività deve essere remunerata in funzione del beneficio economico che porta.
  • le aziende devono riprendere il controllo strategico sulla comunicazione digitale -Alcune aziende (non tutte) formulano un brief anche molto dettagliato che riassume i loro obiettivi e fornisce indicazioni sui risultati che vogliono conseguire e poi si aspettano una proposta innovativa dalle loro agenzie creative. Quando si decide di utilizzare il web e in particolar modo i Social Media, non è conveniente delegare. La tendenza oggi è di avviare un dialogo diretto tra le aziende ed i loro pubblici. Le aziende devono sperimentare in prima persona gli strumenti che verranno utilizzati, devono imparare a gestire in prima persona le dinamiche conversazionali. Per questo genere di attività, l'agenzia di comunicazione ed il consulente devono essere di supporto, ma non possono che avere un ruolo defilato.
  • le aziende devono investire di più nella formazione permanente - Sono aumentati i programmi di formazione sui nuovi temi del marketing innovativo e della comunicazione digitale, ma non abbastanza. L'evoluzione dei media digitali richiede un cambio di paradigmi che non riguarda solo la comunicazione o il marketing, ma l'intera azienda. Come qualcuno si sarà accorto, aprire ad esempio un corporate blog ha delle forti ripercussioni sull'intera organizzazione. Ci sono tanti fondi disponibili per supportare la formazione finanziata per le piccole e medie imprese che restano inutilizzati, forse perchè la formazione non è intesa come una priorità assoluta in questo periodo di grandi cambiamenti.
La contrapposizione non porterà ad alcun risultato. Le aziende continueranno a rimproverare le agenzie creative di non essere innovative, propositive e proattive e le agenzie di pubblicità continueranno ad affermare che le aziende devono rischiare di più.

Così non si va da nessuna parte. Occorre lavorare insieme per affrontare concretamente i problemi.

L'immagine è di planoscorpio

7 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Perfettamente d'accordo con la tua analisi: siamo nella fase in cui il cambiamento è lì davanti a noi, lo vediamo, ma non siamo ancora in grado di fare il salto.
Questo perchè il marketing online è ancora questione di "sensibilità personale": quanto più l'azienda ha affinità con gli strumenti dei social media, tanto più si fiderà dell'agenzia e delle sue proposte creative; quanto più l'agenzia avrà la capacità di formare e inziare i reparti marketing delle aziende al mondo del web2.0, tanto più avrà la fiducia e la libertà che le consentiranno di creare campagne innovative.
Ma per uscire dalle logiche dei pochi illuminati, la strada è lunga, e concordo in toto con gli step individuati, in particolare con la necessità di trovare standard di misurazione quali-quantitativi dei risultati di una campagna online e con la necessità di formare il personale delle aziende, per non trovarsi più nella situazione di sentirsi chiedere "webduepuntocosa?" o, peggio, "voglio una campagna virale con un video che però si può vedere solo dentro il mio sito di prodotto"...

22/5/08 11:58  
Anonymous Anonimo said...

Sono assolutamente d'accordo sui 4 punti (gli ultimi due sono sacrosanti e da soli meriterebbero MB di confronto..); mi permetto di aggiungerne un paio:

1. Nella maggior parte delle agenzie di pubblicità esiste una sorta di conflitto interno tra la cultura "televisiva classica" e quella necessaria per utilizzare al meglio i mezzi digitali. A mio parere è la riproposizione dello scontro generazionale presente nelle medie imprese durante la transizione del comando alle nuove generazioni.

2. Le agenzie non spostano più di tanto l'attenzione delle aziende clienti per paura; i mezzi digitali consentono - dati alla mano - di vedere i risultati delle azioni intraprese. Si può dire altrettanto di uno spot?

22/5/08 14:33  
Anonymous Anonimo said...

Sono assolutamente d'accordo sui 4 punti (gli ultimi due sono sacrosanti e da soli meriterebbero MB di confronto..); mi permetto di aggiungerne un paio:

1. Nella maggior parte delle agenzie di pubblicità esiste una sorta di conflitto interno tra la cultura "televisiva classica" e quella necessaria per utilizzare al meglio i mezzi digitali. A mio parere è la riproposizione dello scontro generazionale presente nelle medie imprese durante la transizione del comando alle nuove generazioni.

2. Le agenzie non spostano più di tanto l'attenzione delle aziende clienti per paura; i mezzi digitali consentono - dati alla mano - di vedere i risultati delle azioni intraprese. Si può dire altrettanto di uno spot?

22/5/08 14:35  
Anonymous Anonimo said...

L'analisi è più che corretta.

Come soluzione sicuramente vedo la formazione continua come un aspetto strategico, sopratutto in funzione del fatto che il panorama dei media è in perenne e magmatica evoluzione.

L'unica cosa che non condivido tanto è il punto sulla bassa remunerazione. L'esperienza che sto facendo con Connexia, almeno, mi dice che il valore aggiunto nel gestire progetti integrati per conto delle aziende esiste e che può essere riconosciuto e valorizzato adeguatamente.

22/5/08 15:38  
Anonymous Anonimo said...

il tema della creatività è centrale soprattutto in italia, perchè anche sui media tradizionali gli spot sono tra i meno innovativi d'europa. il problema è la mancanza di "slancio" e "rischio", che si riflette nelle scelte strategiche di comunicazione, nella scelta del media su cui fare adv, nella voglia di investire su un nuovo gruppo musicale, nelle forme estetiche del promo. Tutto è conservativo. E perchè? Perchè secondo me la concorrenza non è a livelli tale da impensierire le posizioni dominanti. Quando inizieranno a crearsi case history devastanti sul digitale anche i dinosauri dovranno adeguarsi. Un po' come sta succedendo con la musica online e le case discografiche. Ciao Maurizio.

23/5/08 08:06  
Blogger [m]m said...

essi', centrato in pieno mi sa.
ciao
gluca

23/5/08 16:00  
Blogger gianandrea said...

Vorrei lanciare una provocazione: non sarà che i costi contenuti (rispetto all'adv classico) facciano pensare che il tutto sia ancora un giochino e non una cosa seria?
Inoltre sono anni che i clienti non pagano per il pensiero strategico e un modello di business che ne preveda la remunerazione sfugge dalla capacità di misurazione di ciò che si sta acquistando.

Infine concordo con Claudio sul discorso delle case history. Nel mio piccolo, con Buzzdetector, ho delle belle case history su grosse aziende e, devo dire, che sono il miglior strumento di vendita.

26/5/08 09:39  

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