sabato, giugno 03, 2006

La competività dei prodotti italiani 

Negli ultime mesi sono stato molto spesso all'estero, a Cannes, Vienna, Bratislava, Francoforte, Parigi e Cape Town. Ovunque sono stato molto attento ad osservare i negozi, i manifesti, i prodotti esposti e ho notato in tutte queste città un dinamismo maggiore rispetto a quello che ho percepito nelle maggiori città in Italia.

Purtroppo devo constatare con rammarico, che noi italiani abbiamo un concetto di noi stessi che non corrisponde più alla realtà del mercato.

Si discute tanto di competività dei prodotti italiani, ma sinceramente non dovremmo solo rivedere le nostre strategie competive a livello Paese riguardo ai prodotti, prima di questo, dovremmo rendere più competivi i nostri atteggiamenti, che sicuramente non sono adeguati sui mercati internazionali:
  1. la cultura della bella figura - all'estero, l'ufficio bello, la segretaria in minigonna, l'eleganza dell'abbigliamento passano oggi in secondo piano, prima vengono le idee, i progetti innovativi ed i modelli di business sostenibili non questo nostro ostinato insistere sulla forma, quando ci sono ancora gravi problemi sulla sostanza
  2. la raccomandazione - funziona anche all'estero, ma alla lunga si sa, gli incompetenti creano danni che si ripercuotono anche ai loro "sponsor". La cultura della raccomandazione sta paralizzando il nostro Paese e non permette di far emergere i tanti talenti che sono costretti ad emigrare o ad adattarsi. [update] - Non c'è niente di male a raccomandare persone ritenute competenti, diverso è il caso quando lo si fa solo per spingere amici, parenti e amanti, pur sapendo che non sono all'altezza
  3. il mito dei fasti passati (la moda, il cibo, l'amante latino) - Si vedono in giro per il mondo sempre più negozi Zara, H&M e sempre meno Benetton, il modello per un locale frequentato da giovani è sempre di più Starbucks e non il bar italiano. Se è vero che la cultura del bello è insita nel nostro patrimonio genetico, anche i nostri competitor sui mercati internazionali possono con grande facilità, accedere ai nostri "designer", per offrire sul mercato prodotti italian style like
  4. scarsa conoscenza delle lingue estere - si commenta da solo
  5. la chiusura mentale - Oltre il 60% della popolazione italiana non fa viaggi all'estero e quando lo fa molto spesso si catapulta in spiaggia e si ostina a mangiare esclusivamente nei ristoranti italiani, invece di provare la cucina locale. E' scarsa in Italia la lettura di stampa estera e la fruizione di programmi culturali in lingua.
  6. scarsa informazione sullo sviluppo internazionale - l'atteggiamento di cui ai punti quattro e cinque, ci porta a sopravvalutarci e a sottovalutare i progressi fatti ad esempio dai Paesi emergenti e quindi a non considerare adeguatamente in senso ampio la concorrenza internazionale. Gli spagnoli non fanno più da tempo la siesta, e i sudafricani e cileni producono degli ottimi vini a prezzi inferiori ai nostri e con un marketing più aggressivo.
  7. inesistenza della cultura del servizio - customer care, gestione del cliente, politiche di rimborso sono in Italia allo stato primitivo. Incomprensibile, la chiusura totale dei negozi alla domenica e durante l'ora di pranzo, proprio quando le persone hanno tempo di fare shopping.
  8. scarsa propensione all'innovazione e cultura della conservazione - in Italia rispetto ad altri Paesi si fa particolarmente fatica a promuovere l'innovazione, perché essa è considerata distruttiva e rompe gli equilibri di potere. Meglio ostacolare l'innovazione che cavalcarla, questo è considerato da noi meno rischioso, ma alla lunga questo atteggiamento è altamente pericoloso. Innovazione intesa in tutti i settori, dalla politica all'economia e al sociale.
  9. italians do it better - siamo i migliori nel mondo a..... completate la lista.
  10. orientamento alla bottega - piccolo è bello, ma non se non c'è visione, progetto e investimenti per il futuro non c'è futuro, eppure sono tante le aziende eccellenti in Italia, purtroppo non vengono supportate come meriterebbero.
  11. imprenditoria considerata un disvalore - se non fosse così non ci si spiegherebbe perchè tanta "disattenzione" nei confronti degli imprenditori e di chi investe nello sviluppo delle aziende e del paese
  12. supremazia dei tangibles - da noi è più importante un immobile di un brevetto, l'infrastruttura tecnologica più del software, le piattaforme più dei contenuti, per questo gli insegnanti guadagnano così poco, mentre all'estero sono giustamente considerati l'elemento propulsore di un Sistema Paese.
La mia ricetta?
  • lettura nelle scuole medie di almeno 3-4 quotidiani, settimanali e mensili italiani ed internazionali, per lo sviluppo del senso critico, aumento dei programmi televisivi che parlano di quello che succede nel mondo, non solo cronaca, ma anche cultura, arti, spettacolo
  • aumento dei programmi di scambi internazionale tra studenti
  • incremento degli incentivi per l'aggiornamento degli insegnanti
  • promozione e defiscalizzazione della formazione permanente
Mi sbaglierò, ma ritengo che la nostra competitività, dipenda prima che dai nostri prodotti, dai nostri atteggiamenti. Dobbiamo pertanto cambiare la nostra cultura della competitività per questo insisto tanto sulla formazione e sulla scuola. Credo che i nostri problemi partano da li.

L'immagine è di Vanderpoel

5 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Come ho scritto su altri blog....l'italia è un paese che sta morendo sotto gli occhi di tutti! Se le cose non cambiano alla svelta (in modo radicale) tutto il nostro patrimonio andrà a farsi benedire.
Sfido chiunque a trovare un settore in cui andiamo bene.
Esagero?

4/6/06 20:05  
Blogger Maurizio Goetz said...

Purtroppo non esageri, ne parlavo proprio oggi. Un esempio per tutti, la costa ligure non è inferiore in bellezza alla costa azzura, solo che i francesi hanno saputo valorizzare la loro parte di costa noi no. Questo è solo un esempio. Dovremmo imparare a valorizzare il nostro patrimonio e non a sederci sui fasti passati.

4/6/06 20:27  
Anonymous Anonimo said...

A proposito di turismo....
Io sono pugliese e ti assicuro che il mare che trovi dalle mie parti non invidia nulla ai caraibi (non esagero). Non ci crederete ma, io sono decenni che non passo le vacanze nella mia terra. Se prendo un aereo e vado in spagna o croatia spendo 1/3 di quello che spenderei nella mia regione!!!
Questo xchè gli imprenditori locali non sanno cosa significa destagionalizzare e cercarsi i clienti all'estero....magari facendo funzionare quelle 4 pagine in front page fatte dal "cugino di turno". Fiato sprecato cercare di illuminarli su queste tecniche di [mini]marketing.
Secondo me per risollevarci da questa situazione ci vogliono almeno 2 generazioni!!!

5/6/06 08:50  
Blogger Roberto said...

Molto interessante la tua analisi della situazione italiana che condivido pienamente e aggiungo anche che molte aziende non dedicano mai tempo alla formazione e alla ricerca e sviluppo, arrivando sempre tardi sul mercato con servizi o prodotti ormai superati o inutili. Vivendo nella zona Bresciana noto che molte aziende sono rimaste al palo aspettando che la crisi passi com'è passata in altri periodi. Ma questa non è crisi è l'evoluzione del mercato globale e purtroppo molti imprenditori italiani sono rimasti a coccolarsi sugli allori e ora piangono miserie.

6/6/06 12:49  
Blogger Acerbo R said...

analisi interessante, è vero quanto dice l'anonimo che l'Italia muore sotto gli occhi di tutti e la sensazione è che nessuno nelle istituzioni muove un dito. Questo non sarebbe poi così grave dal momento che fino ad ora siamo andati avanti "nonostante le istituzioni"! Purtroppo la nostra impresa non reagisce, forse perchè troppo indebolita dalla cattiva politica. Come recita la teoria economica, "moneta cattiva scaccia moneta buona", la politica ha favorito e favorisce le imprese cattive (che fanno arrichire i politici...). A proposito dei nostri prodotti in giro per il mondo, sembrerebbe che l'olio d'oliva sia solo spagnolo i formaggi siano solo francesi, i vini solo francesi, cileni, sudafricani e californiani... infatti si trovano quasi esclusivamente quelli, niente o poco olio, formaggi e vini italiani. Questo anche prima delle ultime adulterazioni di vino e mozzarella alla diossina. (mi riferisco a quelo che si trova nei supermercati dell'Arabia Saudita, del Kazhakhstan e della Cina, a parte forse nelle capitali). A parte appunto polici e istituzioni dai quali non c'è da sperare nulla di buono (con l'augurio che Berlusconi mi smentisca), ma gli imprenditori dove sono finiti? C'è qualcuno che fa marketing con supermercati e grandi catene di distribuzione? (A Changshu, Cina, è stato appena aperto un Walmart, interi scaffali di olio spagnolo, italiano: ZERO!). Forza Italia!

17/8/08 16:17  

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