Conoscenza liquida
Le imprese orientate al mercato sono sempre state attente nella scelta dei loro manager, perché sanno che è la qualità delle persone a fare la differenza.
In molte di queste imprese il processo di selezione, ad esempio per una posizione di marketing manager è molto rigoroso e può richiedere più interviste molto approfondite con i diversi candidati .
Nel colloquio solitamente emergono gli hard skill, come la preparazione universitaria, le esperienze professionali, le competenze specifiche, ma anche le qualità relazionali, gli atteggiamenti e via discorrendo (soft skill).
Le imprese "customer centric" investono molto sulle persone e sul loro aggiornamento professionale, vengono infatti organizzati corsi e seminari per "allargare e solidificare le loro competenze" a vantaggio dell'organizzazione.
Non ho usato a caso il termine, perché è linguaggio comune dire che la cultura di una persona (un buon manager, un buon docente ecc) deve avere basi solide. Si sta infatti parlando dei "fondamentali" che consentono di avere una visione più ampia dei problemi.
Sembra non essere particolarmente apprezzata in azienda l'attitudine verso la "conoscenza liquida", quella ancora non solidificata, che tuttavia è la linfa vitale per lo sviluppo di nuove competenze sempre più importanti (l'empatia, l'attitudine alla conversazione, la curiosità, lo sviluppo dello spirito critico, la capacità di selezionare le fonti informative rilevanti ecc.).
Molte imprese bloccano l'accesso ad Internet o lo riducono al minimo indispensabile, perché considerato un elemento di distrazione e di riduzione della produttività.
Va bene la frequentazione di corsi, seminari, ma la rete oggi permette lo sviluppo di quella conoscenza liquida, di fondamentale importanza per la "knowledge economy".
Le persone che vivono intensamente la rete spesso vengono osservate con stupore, perché hanno sviluppato delle competenze che dovrebbero invece essere considerate molto interessanti per un'azienda orientata ai clienti.
In molte di queste imprese il processo di selezione, ad esempio per una posizione di marketing manager è molto rigoroso e può richiedere più interviste molto approfondite con i diversi candidati .
Nel colloquio solitamente emergono gli hard skill, come la preparazione universitaria, le esperienze professionali, le competenze specifiche, ma anche le qualità relazionali, gli atteggiamenti e via discorrendo (soft skill).
Le imprese "customer centric" investono molto sulle persone e sul loro aggiornamento professionale, vengono infatti organizzati corsi e seminari per "allargare e solidificare le loro competenze" a vantaggio dell'organizzazione.
Non ho usato a caso il termine, perché è linguaggio comune dire che la cultura di una persona (un buon manager, un buon docente ecc) deve avere basi solide. Si sta infatti parlando dei "fondamentali" che consentono di avere una visione più ampia dei problemi.
Sembra non essere particolarmente apprezzata in azienda l'attitudine verso la "conoscenza liquida", quella ancora non solidificata, che tuttavia è la linfa vitale per lo sviluppo di nuove competenze sempre più importanti (l'empatia, l'attitudine alla conversazione, la curiosità, lo sviluppo dello spirito critico, la capacità di selezionare le fonti informative rilevanti ecc.).
Molte imprese bloccano l'accesso ad Internet o lo riducono al minimo indispensabile, perché considerato un elemento di distrazione e di riduzione della produttività.
Va bene la frequentazione di corsi, seminari, ma la rete oggi permette lo sviluppo di quella conoscenza liquida, di fondamentale importanza per la "knowledge economy".
Le persone che vivono intensamente la rete spesso vengono osservate con stupore, perché hanno sviluppato delle competenze che dovrebbero invece essere considerate molto interessanti per un'azienda orientata ai clienti.
- La capacità di lavorare in multitasking - leggere un white paper, tenere d'occhio le quotazioni di borsa, scambiarsi informazioni via twitter nello stesso momento, richiedono una profonda conoscenza dei mezzi utilizzati. La rete di fatto aumenta la produttività di chi la sa utilizzare bene. Basti pensare a come, con poche risorse e con pochissime persone, vengano organizzati i BarCamp utilizzando wiki, blog, chat, skype in modo davvero efficiente.
- La capacità di gestire l'overload informativo - molti heavy user della rete non hanno letto testi sul knowledge manager, ma nella loro realtà quotidiana sono in grado attraverso aggregatori, strumenti come Yahoo Pipes, newsreader o tool di social scanning, di raccogliere, elaborare e utilizzare una mole imponente di dati e di informazioni utili per il loro lavoro.
- Lo sviluppo di relazioni - le persone che sanno come sviluppare le relazioni in rete utilizzando efficientemente social network, hanno un migliore accesso alle informazioni che non circolano sui canali ufficiali informativi, riescono a risolvere molti problemi in modo collaborativo.
- La credibilità - molto spesso la reputazione di un'azienda aumenta il valore sul mercato anche dei suoi collaboratori, basti pensare a quanti amministratori delegati, alti dirigenti si siano formati alla scuola di una grossa società della consulenza come Mc Kinsey. Spesso però succede anche il contrario; con grande probabilità Robert Scoble ha dato (in termini di credibilità) a Microsoft più di quanto abbia ricevuto.
- Il market sensing - oggi i servizi di microblogging permettono di essere informati in tempo reale su avvenimenti importanti, su nuovi servizi, su notizie che permettono di avere un vantaggio competitivo in termini di velocità.
- Lo sviluppo delle nuove idee - in rete, nuove idee, nuovi concetti vengono discussi nel momento in cui si formano, se si dovesse aspettare la pubblicazione di un libro e la sua traduzione, potrebbero anche passare 2 anni.
Qualcuno la definisce conoscenza implicita, ma non è questo di cui sto scrivendo, mi sto invece riferendo alla conoscenza in via di formazione, quellaancora non cristallizzata, ma così utile in periodi di forte cambiamento, come quello in cui viviamo.
Fonte dell'immagine
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5 Comments:
Trovo il post molto interessante e in linea con le mie attitudini. vorrei approfittare allora per porre una domanda: come ci si dovrebbe porre in occasione di un colloquio e/o con i propri colleghi/superiori senza dover "nascondere" le attitudini citate nel post? la curiosità, la voglia di imparare potrebbero essere fraintese. A me ad esempio è capitato in azienda, durante un periodo di stage, quando mi sono offerto di fare una verifica "empirica" della brand awareness nel web (banalissimamente - per quanto mi riguarda - analizzando le citazioni del brand in questione in vari blog di settore) di sentirmi dire dal dir mktg: va bene, visto che hai tempo per fare questi giochetti, guarda pure!
ultima domanda: come sfruttare, quindi, le conoscenze e gli strumenti non imparati "formalmente" in corsi ecc in azienda e come far si che questi siano un atout, un plus per essere giudicati validi?
Filippo purtroppo non ho una risposta alla tua domanda che è un po' la mia, per questo riflettevo "a voce alta" sul problema.
Qualcuno su Twitter giustamente ,mi faceva notare che dipende da chi fa il colloquio, non si può generalizzare. Noto che la sensibilità su questa conoscenza "informale" è apprezzata da aziende che lavorano in rete e con la rete, ma le altre?
Maurizio, la conoscenza di cui parli - fondamentale, e non solo in rete - è un po' come gli skill "intangibles" dei mestieri consulenziali. Difficilissima da far comprendere, e difficilmente apprezzata, in quanto molte aziende preferiscono poche certezze - spesso sbagliate - rispetto a un atteggiamento diverso che mette in discussione le certezze e cerca ogni volta un approccio più meditato (e innovativo). Purtroppo, la pochezza del management - non solo italiano, io l'esperienza più frustrante l'ho vissuta all'interno di una multinazionale - si vede anche da questi atteggiamenti.
A mio avviso l'unica cosa "certa" è che l'azienda è aperta o chiusa a queste conoscenze, non sono molto presenti le vie di mezzo. Non ci sono aziende che vietano messenger e permettono skype, o si comprende che l'orario di lavoro è meno importante del tempo in cui si produce un risultato oppure non si va da nessuna parte. Empatia, capacità di lavorare in gruppo e per il gruppo, sinergia, sono fattori che in alcune aziende sono vitali e che permettono anche di cambiare le aziende, sto scrivendo da un treno e sono abituato a lavorare in mobilità, non per questo non lavoro.. molte aziende però faticano a vedere il lavoro senza il lavoratore, un pdf prodotto fuori dall'ufficio vale meno di un pdf prodotto in ufficio e la capacità di reperire risorse esperte grazie alla propria rete di contatti non viene minimamente premiata, la propria rete di contatti non vale in molti casi, cosi come non sempre si capisce che una persona che tiene un blog personale ha implicitamente anche quelle capacità che tanto agevolmente inseriamo nell'area job dei siti, non riusciamo a vedere un passo più in la.. credo che l'errore più grande sia quello di mutare la propria natura per adattarsi al colloquio o peggio tacere queste skill che all'interno si un sistema formativo sempre più standardizzato, quando un laureato guadagna come un magazziniere (che lavora da 5 anni quando il laureato inizia a guadagnare) e c'è sempre più concorrenza, potrebbero essere le uniche capaci di fare davvero la differenza, metriche efficaci di abilità reali e magari intraprendenza.. che ce le valutino o no, io dico di non tacerle
Maurizio, giri il coltello in una piaga profonda... e questa piaga affligge trasversalmente grandi e piccole aziende, stante la mia esperienza.
Oggi lavoro in una multinazionale chimica americana. Il laptop dato in dotazione, non permette l' installazione neanche di software per l'uso del mouse! Internet ovviamente è monitorata e filtrata.. insomma le nuove tecnologie sono viste come un distracting factor, sebbene l'azienda vanti di voler promuovere, produrre, vendere prodotti e soluzioni sempre più innovativi!
Quando talvolta mi fermo a spiegare / raccontare della "rete e del suo mondo", mi guardano come chi non ha nulla da fare, e assolutamente non ha impegni e preoccupazioni!
Riguardo a come far presente in un colloquio, in un profilo queste competenze, beh credo davvero si debba rispondere dipende.
Perchè solo avendo la giusta persona di fronte, si può far passare il messaggio che tutto ciò è funzionale anche a quei valori tanto ricercati nel profilo.
In altre parole, dall' ordine e dal modo di porgere certe domande, si capisce subito se si ha di fronte una persona aperta e disponbile, oppure qualcuno che ha solo voglia di compilare una lista di nomi da presentare all' ufficio acquisti per le risorse umane.
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