mercoledì, dicembre 12, 2007

Le dimensioni contano in comunicazione e nella consulenza? 


Spesso leggo nei siti o nelle brochure delle grandi società di consulenza o in quelle dei grandi gruppi pubblicitari l'evidenza delle dimensioni quale fattore di successo sul mercato, ma è veramente così o meglio lo è ancora?

Ogni giorno vedo sempre di più affermarsi strutture di piccole e medie dimensioni che grazie ad un approccio aperto hanno creato un sistema fitto di alleanze e collaborazioni in grado di offrire prodotti e servizi anche molto sofisticati.

Concordo con l'opinione di Marc Brownstein quando scrive a proposito delle agenzie di comunicazione:

In our industry, small means insufficient. Small agencies are meant for small clients. Small means few resources. Small means not enough people to serve clients. Unstable as a business. Lack of depth in research, account management, creative, public relations.

Not large enough to handle my big account. Why should I work for your shop when I can join a huge one that has so much more? I could go on and on.
Of course most of these perceptions are just that. Truth is, most agencies with less than 100 employees have tremendous firepower. Are more nimble than the behemoths. Can outthink a large shop on any given day. Are very profitable as an ongoing business entity. Etc, etc.

Quale è il significato di piccolo in un'economia di rete? Non vogliamo trovare dei parametri più significativi?

L'immagine è di Knifed.net

1 Comments:

Blogger Giorgio Soffiato said...

Ho parlato oggi all'università di Venezia del marketing in rete, ed uno degli argomenti che ho affrontato è proprio quello di cui tu parli, come sempre, con competenza. Il CEO di WebRanking (azienda SEO) Nereo Sciutto ha detto al convegno sul search engine marketing organizzato a Firenze da Giorgio Tave che il SEO è un architetto, utilizzando una metafora a mio avviso molto interessante. Il consulente è un architetto, come il SEO, organizza ed orchestra competenze molto diverse, si interfaccia tra on line ed off line e nel migliore dei casi la sua mano nel prodotto finale (che può anche essere e spesso è un report) è invisibile, un pò come quella che Smith teorizzava arrogando al mercato il potere sotteso. Io credo che il consulente abbia il compito di capire

- dove stiamo andando
- chi può fare cosa
- cosa serve quando

detto questo, la visione d'insieme necessaria per la persecuzione di un tale scopo è tutt'altro che banale, e probabilmente in tutto questo la grande dimensione non solo non conta, ma potrebbe essere uno svantaggio. La flessibilità e la connessione in rete permettono di comprendere dinamiche complesse ed accedere a dati e studi "freschi" anche a chi siede, decentrato, al proprio pc. Basta poi un pò di viaggio in rete, grande termometro del nostro pane, per capire "che aria tira". Credo che il buon consulente non sia quello che ha più filo per la propria tela, ma piuttosto quello che usa quel filo per annodare tra loro tele esistenti dando vita ad una grande rete. In questo senso un libro di quelli che non passano mai di moda è "l'amore è la killer app" che estremizza quel fantastico concetto che a mio avviso ci tiene in vita--> L'economia dei contatti

13/12/07 14:35  

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