Ci si può fidare della pubblicità?
Sarebbe ottimo se si riuscisse a far passare la distinzione tra popolarita' e reputazione.
Lui si riferisce ai blog, tema dello specifico post che commenta, ma io credo che il cambio di paradigma debba riguardare più in generale la comunicazione.
Ecco perchè ho scritto di impulso (e non sono ancora pentito) un post sul blog dell'Art Directors Club.
Da alcuni mesi sto sollecitando i pubblicitari a riflettere su quelle che considero le grandi sfide dell'advertising e della comunicazione.
Riporto per intero il mio pensiero.
Un interessante commento inviato ad Adshift , il blog di Ian O’Neill, evidenzia il malessere che sempre più persone dimostrano nei confronti della pubblicità.
“I believe consumers will never be able to trust marketers and advertsers, but it won’t stand in the way of the future of communications, because good advertising doesn’t rely on trust, but on creativity, striking the target markets emotional chords..’”
La risposta di Ian O’ Neill è diretta e senza giri di parole
If that is true, then there is no long term future to advertising. I believe advertising must function honestly, that part of that honesty is not to treat the consumer as a ‘target’ but a customer whom we collectively serve. If consumers distrust marketing then there is something wrong, not with the consumer, but with our work. Advertising is quickly evolving into a two-way communications process where advertising campaigns featuring value added elements such as entertainment and/or information spark powerful customer feed back and even spoof ads, creating an open market for attention. The most articulate will prevail, which does not mean, necessarily, the advertising and marketing professionals. It will demand a whole new standard of work. For a variety of reasons we are entering an age where honest behavior will be more valuable, one principle reason being that customers will insist on nothing less.
Questo post risale ad oltre un anno fa, ma io l’ho conservato e letto a distanza di tempo, appare più attuale che mai.
Ieri sera ho deciso di sfogliare un buon numero di riviste di comunicazione che mi arrivano a casa regolarmente e ho provato a contare il numero di volte che un pubblicitario intervistato ha utilizzato la parola creatività. Mi sono dovuto fermare, perchè ho perso presto il conto. Ho provato poi a contare il numero di volte che il termine fiducia (trust) è stato evidenziato. Questa volta è stato facile, perchè ho dovuto utilizzare solo le dita di una mano.
E’ bello sentir parlare manager di importanti centri media e agenzie creative di media digitali, di social media, di engagement, ma credo che fintanto che non si vedrà un cambio di paradigma, dalla notorietà alla reputazione, sarà meglio lasciare i media digitali dove sono, perchè il rischio di farsi male è davvero grande.
Forse è più bello occuparsi di concorsi, premi e aperitivi, ma ritengo indispensabile che i grandi temi che riguardano le sfide dell’advertising e della comunicazione trovino il giusto spazio.
2 Comments:
'the artist formerly known as advertising..." diceva Locke.
La creatività è la qualità degli artisti. Ma forse l'arte non basta più per vendere i prodotti, detto paro paro.
I pubblicitari sono lontani anni luce dalla "verità". Sono affascinati dal nuovo mondo e dal nuovo web ma non hanno cultura per affrontarlo. La comunicazione utilizza sempre più spesso le piattaforme tecnologiche e i pubblicitari non ne vogliono conoscere le peculiarità in quanto ritengono che sia roba per tencnici. E' come se non distinguessero il lavoro dell'ingegnere che progetta un'automobile da chi la deve guidare, che quindi non può non sapere dov'è la frizione, il cambio e se va a benzina o a gasolio...
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