venerdì, maggio 04, 2007

Gli anelli di congiunzione nell'innovazione di marketing 


Faccio parte dell'Associazione Italiana Marketing da diversi anni, ne sono stato Consigliere Direttivo e ho fondato in tempi non sospetti il Dipartimento di Marketing Digitale. Scrivo questo, perchè conosco bene le problematiche legate all'innovazione nel marketing e a tale proposito non sono purtroppo ottimista.

La situazione attuale, come la vedo io è un po' la seguente:
  • gran parte dell'innovazione di marketing proviene da Paesi più avanzati come Stati Uniti, Inghilterra, non perchè in Italia non ci sia chi innova, ma perchè non ci sono le condizioni strutturali per "esportare" nuovi modelli, nuovi approcci, nuovi paradigmi su scala globale.
  • nuove teorie di marketing vengono sviluppate oggi in primis dai professionisti del marketing e da utilizzatori di nuove tecnologie e poi amplificati da docenti che razionalizzano, perchè l'innovazione tecnologica abilita e rende possibili nuovi modelli di fruizione di contenuti (anche di marketing), nuove possibilità espressive, nuove modalità di relazione, nuove opportunità di acquisto... Molta innovazione si diffonde oggi attraverso modelli bottom up, più che top down, attraverso processi di razionalizzazione ex post. Qui sorge un primo problema. Molti docenti universitari italiani che si occupano di marketing non conoscono le tecnologie, non le utilizzano, non sono in rete e non si confrontano. Sono i docenti più giovani che stanno diffondendo l'innovazione nelle università, quando ne hanno la possibilità e non vengono ostacolati. Nella maggior parte dei casi questi docenti hanno un approccio pragmatico perchè sono anche consulenti o uomini/donne di azienda.
  • le nuove teorie non bastano servono soprattutto i modelli applicativi. Permission Marketing, Marketing Esperienziale sono ad esempio concetti filosofici che hanno bisogno di trovare applicazione attraverso strumenti da poter utilizzare. Si parla di crisi dello spot, di nuovi formati oltre il banner. Nella maggior parte delle conferenze si "fa molta filosofia" lasciando ai partecipanti un senso di vuoto e la fatidica domanda: so what? Mancano le persone in grado di progettare nuovi ambiti di applicazione di vecchi formati in nuovi contesti e di nuovi formati per differenti contesti. Principalmente è un problema di ricerca e sviluppo, attività che non vuole fare nessuno e per cui mancano i fondi. Non si fa nelle università, non si fa nelle agenzie di comunicazione e nei centri media e si fa pochissimo nelle aziende. Ma è anche un problema di cultura. Oggi la cultura prevalente è a compartimenti stagni, ci sono troppi steccati. Occorrerebbe favorire il travaso di competenze e i momenti di confronto tra professionisti con competenze diverse.
  • I modelli a supporto del marketing vengono portati avanti da aziende che stanno offrendo nuovi strumenti di misurazione, nuovi modelli per le ricerche di mercato, nuovi metodi per la misurazione dell'efficacia della comunicazione... Queste aziende stanno avendo molta difficoltà, perchè il nostro Paese penalizza l'innovazione perchè ha una mentalità diffusa di conservazione. L'innovazione verrà accettata solo quando sarà strettamente necessario e non se ne potrà fare a meno.
Il problema vero non è quello di ricercare le responsabilità per il grande gap che ci separa dai Paesi più avanzati nella diffusione della cultura dell'innovazione di marketing, ma di prendere atto che l'innovazione dove ha luogo, è un processo diffuso, per questo è indispensabile, a mio parere, creare, trovare, mettere insieme gli anelli di congiunzione tra i diversi attori e fare in modo di progettare nuove reti e rafforzare quelle che già sono esistenti per diffondere l'innovazione e per una cultura della comunicazione aperta trasparente e al passo con i tempi.

Di una sola cosa sono assolutamente certo, l'innovazione non può essere portata avanti da nessuno in modo isolato, per questo occorre mettersi insieme.

L'immagine è di Ineedhits

4 Comments:

Blogger Claudio Iacovelli said...

La parola 'innovazione' é una delle più utilizzate quando si vuole pensare ad un futuro migliore.

Il termine é sempre più usato in politica: spesso si parla di "mancata innovazione".

Nel mondo delle imprese: allora l'innovazione viene associata alle riorganizzazioni aziendali, alle ristrutturazioni delle linee di business e/o di produzione, ad una cultura di change management talvolta priva di obiettivi opportunamente misurati come raggiungibili.

Nel settore ICT: qui l'innovazione é "per definizione" segnata dal progredire delle tecnologie, con il limite che spesso si autocelebra, cioè si sopravvalutano gli strumenti ICT e si colpevolizzano gli end-user perchè non capaci di utilizzarli pienamente.....

Nel mondo della Pubblica Amministrazione: spesso il concetto non é accostato a nulla di concreto, ma questo é un altro problema.

Il marketing di per sè é innovazione: é un valore realmente implicito, che appartiene alla cultura di chi opera nella funzione.

E' assolutamente giusto parlare di una collaborazione, che nel mondo delle imprese deve riunire un insieme di funzioni e di risorse: ma il marketing non dovrebbe essere considerato solo utile per l'advertising, quindi per la programmazione di campagne pubblicitarie e per l'integrazione dei contenuti alla clientela.

Il marketing vive e si sviluppa, e forse "rinnovandosi" può portare altra innovazione, anche culturale, se riesce a "capire" la realtà: studiando un settore di mercato, interpretando i possibili scenari competitivi, ANTICIPANDO I TEMPI GRAZIE AD UNA SIMULAZIONE DI SCENARIO.

Sottolinerei, non avendolo letto nell'interessantissimo post, il valore del marketing analitico: senza lo studio dell'ambiente interno ed esterno a qualsiasi organizzazione, come si può innovare coerentemente?

6/5/07 13:55  
Blogger Maurizio Goetz said...

Non sono ancora arrivato al marketing analitico, sono ancora fermo alla volontà (se esiste) di innovare e alla responsabilità che ne consegue. I segnali del cambiamento sono inequivocabili.

6/5/07 17:28  
Anonymous Anonimo said...

bella e stimolante analisi.

leggendola, mi sorgeva un pensiero che è un po' una considerazione a latere sulla tua giusta esortazione a "mettersi insieme" per fare sistema.

come vedi il famoso individualismo italiano in questo teatro? a tuo parere è un elemento presente negli individui che compongono la comunità degli innovatori. o in questa eletta schiera si è finalemte perso questo tratto del carattere nazionale?

8/5/07 23:28  
Blogger Maurizio Goetz said...

L'individualismo italiano spesso funziona, all'estero gli italiani hanno successo nei progetti perchè sono creativi e sanno risolvere i problemi, ma talvolta occorre saper mettere gli egoismi e i campanilismi da parte se si vuole far avanzare un settore o un Paese. Ci sono cose che nessuno è in grado di fare da solo, riconoscerlo è già un primo passo.

8/5/07 23:37  

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