venerdì, giugno 16, 2006

L'obbligatorieta del blog 

Sia chiaro, reputo il blog uno straordinario strumento di relazione, per questo credo che sia sterile la polemica di chi attacca i blog anche se è vero che in molti casi servono più a chi li scrive che a chi li legge.

Non posso non essere d'accordo con Giancarlo Livraghi, che esprime un pensiero molto chiaro sull'obbligatorietà del blog.

Sono assolutamente convinto che il blog non sia uno strumento per tutti, come ho già scritto tante volte.

Se è vero che un blog con pochissimi post e soprattutto non aggiornato offre al lettore un'immagine di tristezza e desolazione, è altrettanto vero che lo scrivere per il solo gusto di farlo, o per un senso di obbligo, quando non si ha niente da dire, è altrettanto desolante.

A cosa servono quei blog, come quello di Libero, che altro non fanno che riprendere post scritti da altri senza aggiungere valore, se non a guadagnare qualche soldino con AdSense, come scriveva giustamente Mauro ? [senza fare nomi :-) ]

Faccio mia la conclusione di Giancarlo Livraghi che scrive:

Teniamoci i blog, quando servono. Ma cerchiamo di metterli al posto giusto nella cassetta degli attrezzi.

5 Comments:

Anonymous Anonimo said...

L'avevo visto l'articolo di Livraghi: lui parla di cassetta degli attrezzi, io di elettrodomestici, ma il principio è lo stesso: usiamo il web e i blog come strumenti (e non come fine). E' vero i "fini" stanno evolvendosi, ma non perché c'è una tecnologia di grido, ma perché i nostri cervelli trovano nuovi modi di utilizzarla

16/6/06 16:18  
Blogger Maurizio Goetz said...

Esattamente Mauro.

16/6/06 17:20  
Anonymous Anonimo said...

Sono una lettrice abbastanza assidua del suo blog da quando due mesi fa l'ho scoperto. Mi interessano molto i temi che Lei affronta e l'approccio che adotta per parlarne. Proprio la settimana scorsa riflettevo sull'uso di questo strumento da parte di tre miei amici ed ero arrivata a conclusioni simili alle vostre.
Per quanto concerne i blog come il suo, o altri di tal genere, ritengo che siano un luogo virtuale di costruttivo e arricchente incontro di saperi e punti di vista su cui riflettere e con i quali confrontarsi; ho però qualche perplessità su quei blog che nella loro stagione cartacea erano chiamati con il romantico appellativo di "diario segreto". Leggendo quelli dei miei amici (ragazzi che conosco molto bene e di persona da quando sono nata) mi sono chiesta perché ciò che prima era intimo e privato nell’era del web debba trasformarsi in un’ostentata pubblicità a tutti i costi. Soprattutto, quello che mi ha colpito di più è proprio l’obbigatorietà di aggiornamento che innesca questo formato virtuale di diario: i miei amici, quando scrivono dopo alcuni giorni di assenza, cercano affannosamente di giustificarsi con i loro lettori e implorano comprensive scuse per gli impegni che li hanno “strappati” dal loro appuntamento online. Se poi si aggiunge il fatto che hanno aperto questi blog al fine di “urlare” nella rete ciò che nella realtà gli altri non avrebbero voglia o tempo di ascoltare (come dichiarato esplicitamente da alcuni di loro nella presentazione d’intenti del diario) o con i quali non riuscirebbero a sfogarsi, allora mi assale un senso di tristezza al pensiero che ci si rifugia nella Rete per cercare persone che non si conoscono a cui parlare e con le quali stringere una “amicizia di penna”, senza prima tentare di farlo con chi li conosce e vuole loro bene.
So di certo che questi ragazzi trascorrono molto tempo in Internet per scrivere sul blog e dunque mi chiedo quanto la Rete finirà col diventare la loro “vera realtà” , sostituendosi a quella offline.
Come ogni cosa anche il blog subisce l’effetto dato dall’esser inflazionato, finendo per dar vita a forme di sé estremizzate e distorte, ma sarebbe necessario, proprio come afferma Livraghi, metterlo al posto giusto nella cassetta degli attrezzi.

19/6/06 16:08  
Blogger Maurizio Goetz said...

Grazie Maria dei commenti. Non capisco chi giudica i blog come se fossero tutti uguali. Le persone tengono un blog per le ragioni più differenti. Talvolta, come scrivevo, servono più a chi scrive che a chi legge, per un effetto quasi "terapeutico". Ogni blog ha il suo pubblico, grande o piccolo che sia ed è giusto così. L'importante è utilizzarli per quello che di meglio possono dare.

20/6/06 07:44  
Anonymous Anonimo said...

Mi sono posta proprio ieri quesiti analoghi a quelli da te espressi nel mio ultimo post.
Il mondo dei blog mi affascina, lo sto studiando e per questo ho aperto recentemente il mio. Ma non riesco ancora a trovare una reason why (adatta a me, naturalmente). E' difficile stabilire dove finisca l'adattamento (di per sè positivo) a nuove forme di comunicazione più immediata e personalizzata, e dove cominci la mania di protagonismo e visibilità che ciascuno di noi, in fondo, ha.
Quando entro nel ruolo del professore mi sembra di guadagnarci in contenuto ma perdere immediatamente di comunicativa. Ma comunicare la mia vita non mi interessa. E allora?
Non ho ancora trovato risposta. Penso che seguirò attentamente lo sviluppo di questa conversazione.

20/6/06 16:45  

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