giovedì, giugno 05, 2008

I costi dell'offerta gratuita 


Stimolato dagli articoli di Chris Anderson, sulla Free Economy, torno ad occuparmi dell'idea del prodotto/servizio gratuito come strumento di marketing.

Premetto che sono estremamente favorevole alle iniziative di neomecenatismo da parte di imprenditori illuminati, sono invece scettico nei confronti dell'abuso del termine gratis per una serie di ragioni.
  • Nulla è veramente gratis se finalizzato ad attività che afferiscono al mondo del business, c'è sempre qualcuno che paga a diverso titolo
  • Spesso ciò che appare gratuito non lo è veramente. Avere uno spazio gratuito ad una fiera implica costi legati alla gestione della presenza, prima, dopo e durante l'evento. Utilizzare piattaforme digitali gratuite, richiede spesso delle attività di customizzazione e manutenzione che hanno dei costi
  • Anche in assenza di un esborso finanziario occorre conteggiare anche gli investimenti in risorse umane ed organizzative
  • Spesso il costo di una consulenza offerta gratuitamente non è proprio disinteressata.
Ho deciso che in moltissimi casi è più conveniente pagare che avere qualcosa di gratuito.

Quando si paga, si può contestare il servizio, si può essere più esigenti, si ha diritto a richiedere imparzialità e indipendenza, non ci si deve sdebitare in altri modi.

Sono favorevole a strategie trasparenti in cui è chiaro cosa sia gratuito e cosa invece a pagamento, (modelli freemium, tryadvertising, assessment gratuito e via discorrendo) in cui si evincono immediatamente le ragioni dell'offerta gratuita.

Se è gratis che lo sia veramente.

Voi cosa ne pensate?

6 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Il gratis è una strategia commerciale di dumping sostenibile solo se si hanno risorse derivanti da altri business, prodotti, servizi ecc. oppure in joint Aziende decidono d'investire risorse.
Per entrare o espellere competitor dal settore.
Il gratis non esiste, anche se non c'è uno scambio economico, comunque il tempo o unità di tempo della transazione ha il suo costo essendo sottratto ad altre attività e generatrici di altre attività per completarla ( per esempio lo scaricare musica gratis dalla rete in P2P prevede costi di connessione, elettrici, usura macchina ecc. a qualcuno paghi sempre ).
Solo se sei fermo immobile e non respiri non sprechi risorse, ma a quel punto non ti devi preoccupare più se è gratis o no: sei già in decomposizione.

5/6/08 19:25  
Blogger Bo said...

sono daccordo su tutta la linea, meglio pagare ed avere un buon servizio di cui si possa contestare l'efficienza che un falso-gratuito che ci fa, tra l'altro, accumulare oggetti o sottoscrivere servizi di cui non avremmo affatto bisogno

5/6/08 20:12  
Blogger [m]m said...

sono d'accordo con te: a volte pero' si ha il paradosso per cui prodotti gratuiti (almeno lato esborso cash) come Gmail sono tremendamente superiori a prodotti pay (per esempio alla posta di libero Plus - con antivirus, antispam, pop3 che costava qualche euro anno...)
In pratica ho la sensazione che fare prodotti gratis dia una liberta' di sperimentare che alla fin fine stimola di piu' l'innovazione di un servizio...

7/6/08 09:44  
Blogger Maurizio Goetz said...

Hai ragione Gianluca, esiste un'economia del free, quella di cui parla Anderson, che non contesto minimamente, l'importante è che ci sia coerenza nell'offerta e nella sua comunicazione. Questo era l'oggetto delle mie riflessioni.

7/6/08 09:51  
Anonymous Anonimo said...

Sicuramente se dopo essermi fatto sedurre da un bel "tutto compreso" o un urlato GRATIS, scopro che devo sostenere anche 1 solo euro di costi occulti... per poco che sia, quello è il famoso 1 euro di troppo.
In un mondo dove le delusioni dei consumatori viaggiano alla velocità della luce, le aziende dovrebbero fare un bel check-up della coerenza che c'è tra il loro dire e il loro fare.

7/6/08 14:32  
Anonymous Anonimo said...

Secondo me fornire gratuitamente un servizio va bene solo se questo è appunto in fase di test e se gli utenti sono ben avvisati di questo e sono incentivati a migliorare il servizio. L'esempio di GMail non è azzeccato perchè se da un lato fornisce un servizio di posta via web senza costi visibili per l'utente, dall'altro avrete notato che i link che appaiono a destra hanno sempre una qualche pertinenza con il CONTENUTO della mail e si tratta sempre di link sponsorizzati... se l'utente non paga nulla ma fornisce inconsapevolmente l'accesso ai contenuti privati delle proprie email, non lo chiamerei esattamente "servizio gratuito"...

11/6/08 12:09  

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