Integrazioni di marketing
Lavorare sul digitale ha sempre comportato la necessità di integrare visioni, competenze e processi.
Quando ho iniziato ad occuparmi di marketing digitale ho immediatamente compreso che la sfida più grossa sarebbe stato l'abbattimento degli steccati e la ricerca di un linguaggio comune.
Fin dai primi progetti di cui mi sono occupato negli anni 95/96, mi sono trovato ad operare con ingegneri, informatici, esperti di comunicazione, persone provenienti dal mondo della consulenza, che parlavano "lingue diverse". Oggi il livello di complessità è aumentato, ma i problemi sono rimasti gli stessi.
Con molto impegno, nei team in cui ho lavorato, abbiamo cercato allargare le nostre menti e a considerare il proprio punto di vista, come uno dei tanti possibili. Abbiamo cercato di fare quello che gli anglosassoni chiamano "cross fertilization", cercando di trasmettere e assorbire gli uni dagli altri.
In azienda ogni progetto prendeva una piega differente in funzione dell'interlocutore (sistemi informativi, marketing, comunicazione, risorse umane), perché si ragionava (e si continua a farlo) a compartimenti stagni.
La progressiva penetrazione di Internet nella "cultura aziendale" ha imposto l'esigenza di ripensare il marketing, imponendo ai creativi una visione più quantitativa e ai "pianificatori del numero", una visione più emozionale dei dati.
Un tempo il marketing digitale era una branca del marketing, oggi tutto è digitale o è in progressiva digitalizzazione. Questo processo non è stato (e lo è tuttora) indolore. Basti pensare ai codici etici dei ricercatori di mercato che prevedeva una rigorosa separazione tra le attività di ricerca di mercato e quelle
di marketing, brand communication e via discorrendo. Oggi attraverso il social web, non è più possibile separare in modo netto le diverse attività nei processi di marketing collaborativo, questo impone un nuovo tipo di "sensibilità".
Un tempo le attività di comunicazione on line ed offline venivano gestite da team differenti sia in agenzia sia dai clienti e anche le metriche di riferimento erano tra loro molto diverse. Oggi la progressiva digitalizzazione delle televisioni e la reciproca influenza dei Mainframe Media e dei Social Media, mette profondamente in discussione concetti come reach, audience, efficacia, attenzione, coinvolgimento, reputation.
Si parlerà ancora per qualche anno di marketing digitale, fino ad una sua naturale scomparsa, perché il futuro del marketing è digitale e tale connotazione non assumerà più alcun significato particolare.
Se ci troviamo di fronte ad un panorama mediale caratterizzato da una progressiva frammentazione delle audience, le sfide che il marketing si troverà a dover affrontare imporrà da una parte una forte integrazione delle diverse competenze di marketing (enlargment & enrichment) e dall'altra una maggiore diversificazione degli approcci di marketing per potere operare con realtà di mercato che hanno esigenze completamente differenti e peculiari e che richiedono una nuova epistemologia della complessità.
L'immagine è di Toby Malloy
Quando ho iniziato ad occuparmi di marketing digitale ho immediatamente compreso che la sfida più grossa sarebbe stato l'abbattimento degli steccati e la ricerca di un linguaggio comune.
Fin dai primi progetti di cui mi sono occupato negli anni 95/96, mi sono trovato ad operare con ingegneri, informatici, esperti di comunicazione, persone provenienti dal mondo della consulenza, che parlavano "lingue diverse". Oggi il livello di complessità è aumentato, ma i problemi sono rimasti gli stessi.
Con molto impegno, nei team in cui ho lavorato, abbiamo cercato allargare le nostre menti e a considerare il proprio punto di vista, come uno dei tanti possibili. Abbiamo cercato di fare quello che gli anglosassoni chiamano "cross fertilization", cercando di trasmettere e assorbire gli uni dagli altri.
In azienda ogni progetto prendeva una piega differente in funzione dell'interlocutore (sistemi informativi, marketing, comunicazione, risorse umane), perché si ragionava (e si continua a farlo) a compartimenti stagni.
La progressiva penetrazione di Internet nella "cultura aziendale" ha imposto l'esigenza di ripensare il marketing, imponendo ai creativi una visione più quantitativa e ai "pianificatori del numero", una visione più emozionale dei dati.
Un tempo il marketing digitale era una branca del marketing, oggi tutto è digitale o è in progressiva digitalizzazione. Questo processo non è stato (e lo è tuttora) indolore. Basti pensare ai codici etici dei ricercatori di mercato che prevedeva una rigorosa separazione tra le attività di ricerca di mercato e quelle
di marketing, brand communication e via discorrendo. Oggi attraverso il social web, non è più possibile separare in modo netto le diverse attività nei processi di marketing collaborativo, questo impone un nuovo tipo di "sensibilità".
Un tempo le attività di comunicazione on line ed offline venivano gestite da team differenti sia in agenzia sia dai clienti e anche le metriche di riferimento erano tra loro molto diverse. Oggi la progressiva digitalizzazione delle televisioni e la reciproca influenza dei Mainframe Media e dei Social Media, mette profondamente in discussione concetti come reach, audience, efficacia, attenzione, coinvolgimento, reputation.
Si parlerà ancora per qualche anno di marketing digitale, fino ad una sua naturale scomparsa, perché il futuro del marketing è digitale e tale connotazione non assumerà più alcun significato particolare.
Se ci troviamo di fronte ad un panorama mediale caratterizzato da una progressiva frammentazione delle audience, le sfide che il marketing si troverà a dover affrontare imporrà da una parte una forte integrazione delle diverse competenze di marketing (enlargment & enrichment) e dall'altra una maggiore diversificazione degli approcci di marketing per potere operare con realtà di mercato che hanno esigenze completamente differenti e peculiari e che richiedono una nuova epistemologia della complessità.
L'immagine è di Toby Malloy
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