Ok sono curioso. Ma non mi dire che tua figlia è nativa digitale perchè ha una percezione della disponibilità dei contenuti slegata dalla dimensione spazio/tempo. :)
1) non riesce a capire la tv di flusso ovvero come un programma televisivo possa finire e non essere visto tutte le volte che vuole
2) detesta gli spot pubblicitari, sa benissimo a cosa servono, ma lei dice che vuole vedere solo le pubblicità che vuole lei e non quelle che vogliono gli altri
3) conosce a memoria la numerazione Sky dei 500 - ovvero cartoni animati
4) guarda la Melevisione su YouTube specialmente Lupo Lucio
Ok, ma cosa mi hai detto in realtà? Che tua figlia ha una percezione della disponibilità dei contenuti (televisivi, nella fattispecie) slegata dalla dimensione spazio/tempo. :)
Ma questo la accomuna ad almeno altre due generazioni precedenti. Perchè allora non esistono nativi digitali (sul piano musicale) dagli anni '80? Il cd ci ha donato la stessa libertà tecnica e culturale qualche lustro fa (senza contare che la libertà dalla schiavitù della performance live, di flusso, l'abbiamo avuta grazie a strumenti analogici come nastro o vinile).
E da alcuni decenni siamo emancipati (e digitalizzati) anche dal punto di vista dei contenuti testuali e multimediali in senso lato.
Secondo me i nostri figli hanno semplicemente acquisito come naturale una percezione del flusso dei contenuti a loro disposizione molto diversa da quella che abbiamo avuto noi, ma che noi abbiamo contribuito a creare. Un po' come noi l'abbiamo avuta diversa da quella dei nostri genitori. E così via...
Non sono nativi digitali. Sono analogici dalla fruizione competente.
Non so. Resto dubbioso sulla tua definizione e concezione di "nativo digitale".
A mio parere un "nativo digitale" è roba grossa, grossa davvero. Nasce non solo con una competenza di fruizione e di linguaggio, ma anche con una competenza nomotetica nei confronti del medium. Il "nativo digitale", per come lo vedo io, se mai esisterà, è in grado di modificare in tempo reale, non il contenuto, ma il medium attraverso l'interazione linguistica e non solo attraverso quella meccanica (pigiando i tasti del telecomando, a esempio, o la tastiera del notebook). Nella nostra cosmogonia moderna il nativo digitale è Neo. A mio parere ce ne vuole ancora, prima di arrivarci.
E' come per il web 2.0, utilizzo una definizione non mia per farmi capire. E' quella di Marc Prenski, che definisce una nuova generazione cresciuta con i devices digitali. Condivido la tua analisi Matteo, ma non posso non ricordare che le tecnologie costituiscono per le persone un "brainframe" per dirla alla De Kerchove, per questo una certa influenza esiste. Il mio post voleva essere evocativo. Alla fine volevo solo dire che i nostri figli ci costringono a cambiare e aggiungo, in modo ancora più marcato di come è successo in passato. Per il resto torno alla presentazione che ho fatto al BarCamp di Torino che è stata tanto controversa, in cui in conclusione ho affermato di essere digitale, ma che il mio pensiero rimane analogico.
Sono un brand advisor e consulente di marketing innovativo con specializzazione in comunicazione digitale avanzata su tutte le piattaforme. Mi occupo quindi solo di progetti di frontiera e lavoro con aziende che pongono il cliente al centro della loro attenzione e che considerano l'innovazione nella comunicazione un elemento di successo per il loro brand.
7 Comments:
Io credo che i nativi digitali non esistano. Per fortuna abbiamo tutti quanti una vita splendidamente analogica.
Sì, anche i nostri figli.
Sulla vita analogica sono assolutamente d'accordo, ma mia figlia di cinque anni è una nativa digitale e lo posso dimostrare.
Ok sono curioso. Ma non mi dire che tua figlia è nativa digitale perchè ha una percezione della disponibilità dei contenuti slegata dalla dimensione spazio/tempo. :)
alcuni indizi in ordine sparso su mia figlia:
1) non riesce a capire la tv di flusso ovvero come un programma televisivo possa finire e non essere visto tutte le volte che vuole
2) detesta gli spot pubblicitari, sa benissimo a cosa servono, ma lei dice che vuole vedere solo le pubblicità che vuole lei e non quelle che vogliono gli altri
3) conosce a memoria la numerazione Sky dei 500 - ovvero cartoni animati
4) guarda la Melevisione su YouTube specialmente Lupo Lucio
Mi sembra abbastanza no? ;)
Ok, ma cosa mi hai detto in realtà? Che tua figlia ha una percezione della disponibilità dei contenuti (televisivi, nella fattispecie) slegata dalla dimensione spazio/tempo. :)
Ma questo la accomuna ad almeno altre due generazioni precedenti.
Perchè allora non esistono nativi digitali (sul piano musicale) dagli anni '80? Il cd ci ha donato la stessa libertà tecnica e culturale qualche lustro fa (senza contare che la libertà dalla schiavitù della performance live, di flusso, l'abbiamo avuta grazie a strumenti analogici come nastro o vinile).
E da alcuni decenni siamo emancipati (e digitalizzati) anche dal punto di vista dei contenuti testuali e multimediali in senso lato.
Secondo me i nostri figli hanno semplicemente acquisito come naturale una percezione del flusso dei contenuti a loro disposizione molto diversa da quella che abbiamo avuto noi, ma che noi abbiamo contribuito a creare. Un po' come noi l'abbiamo avuta diversa da quella dei nostri genitori. E così via...
Non sono nativi digitali. Sono analogici dalla fruizione competente.
Non so. Resto dubbioso sulla tua definizione e concezione di "nativo digitale".
A mio parere un "nativo digitale" è roba grossa, grossa davvero. Nasce non solo con una competenza di fruizione e di linguaggio, ma anche con una competenza nomotetica nei confronti del medium. Il "nativo digitale", per come lo vedo io, se mai esisterà, è in grado di modificare in tempo reale, non il contenuto, ma il medium attraverso l'interazione linguistica e non solo attraverso quella meccanica (pigiando i tasti del telecomando, a esempio, o la tastiera del notebook). Nella nostra cosmogonia moderna il nativo digitale è Neo.
A mio parere ce ne vuole ancora, prima di arrivarci.
E' come per il web 2.0, utilizzo una definizione non mia per farmi capire.
E' quella di Marc Prenski, che definisce una nuova generazione cresciuta con i devices digitali.
Condivido la tua analisi Matteo, ma non posso non ricordare che le tecnologie costituiscono per le persone un "brainframe" per dirla alla De Kerchove, per questo una certa influenza esiste. Il mio post voleva essere evocativo. Alla fine volevo solo dire che i nostri figli ci costringono a cambiare e aggiungo, in modo ancora più marcato di come è successo in passato. Per il resto torno alla presentazione che ho fatto al BarCamp di Torino che è stata tanto controversa, in cui in conclusione ho affermato di essere digitale, ma che il mio pensiero rimane analogico.
Qui si trova il testo di Marc Prenski, che ritengo una lettura "obbligatoria" per chi si interessa ai temi del digitale:
http://www.marcprensky.com/writing/Prensky%20-%20Digital%20Natives,%20Digital%20Immigrants%20-%20Part1.pdf
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