Alla ricerca della brand visibility
Mi scrive Mr White, per "sollecitare" una mia opinione sulla sua "incursione"a Cannes con l'operazione di guerrilla Blind Cannes, il cui obiettivo era di aumentare la notorietà di Ebola Industries in Italia e all'estero.
La domanda è ci sono riusciti? Può darsi. Ha funzionato? Dipende.
Se l'obiettivo è che qualche blog ne parli, che qualche testata giornalistica, ne scriva, allora l'operazione è da considerarsi positivamente. La domanda a cui invece non so rispondere e se questo aumenti la "desiderabilità di lavorare con Ebola Industries."
Da tempo sono molto scettico sul concetto di "notorietà", visibilità, perchè li ritengo una condizione necessaria ma non sufficiente in tutti i progetti di comunicazione.
L'esperienza delle dot.com ci ha insegnato che aziende che hanno investito tanto solo sulla notorietà sono fallite, perchè per dirla con Marc Gobè: un conto è essere visti, un altro essere desiderati.
L'operazione di Mr White assomiglia a quella del fan di una bellissima modella, che per un caso fortuito è riuscito a rubarle un bacio. E' un successo? Per molti si, ma se l'obiettivo era invece farsi amare da lei, è evidente che siamo ovviamente ancora lontani.
Se dovessi, veramente esprimere un giudizio sull'incursione a Cannes di Ebola Industries, lo sospenderei, perchè mi verrebbe prima da chiedere: SO WHAT?
Come ho più volte scritto, non sono davvero contrario alle operazioni di guerrilla marketing, ma solo se inserite in una strategia più ampia, solo se non sono alla ricerca di visibilità fine a se stessa.
Il nostro lavoro non è infatti di rendere visibile un brand, ma quello di renderlo desiderabile. If you really love me, buy my products.
Nell'immagine: The stolen kiss, Jean Honorè Fragonard, Museo dell'Hermitage, San Pietroburgo
La domanda è ci sono riusciti? Può darsi. Ha funzionato? Dipende.
Se l'obiettivo è che qualche blog ne parli, che qualche testata giornalistica, ne scriva, allora l'operazione è da considerarsi positivamente. La domanda a cui invece non so rispondere e se questo aumenti la "desiderabilità di lavorare con Ebola Industries."
Da tempo sono molto scettico sul concetto di "notorietà", visibilità, perchè li ritengo una condizione necessaria ma non sufficiente in tutti i progetti di comunicazione.
L'esperienza delle dot.com ci ha insegnato che aziende che hanno investito tanto solo sulla notorietà sono fallite, perchè per dirla con Marc Gobè: un conto è essere visti, un altro essere desiderati.
L'operazione di Mr White assomiglia a quella del fan di una bellissima modella, che per un caso fortuito è riuscito a rubarle un bacio. E' un successo? Per molti si, ma se l'obiettivo era invece farsi amare da lei, è evidente che siamo ovviamente ancora lontani.
Se dovessi, veramente esprimere un giudizio sull'incursione a Cannes di Ebola Industries, lo sospenderei, perchè mi verrebbe prima da chiedere: SO WHAT?
Come ho più volte scritto, non sono davvero contrario alle operazioni di guerrilla marketing, ma solo se inserite in una strategia più ampia, solo se non sono alla ricerca di visibilità fine a se stessa.
Il nostro lavoro non è infatti di rendere visibile un brand, ma quello di renderlo desiderabile. If you really love me, buy my products.
Nell'immagine: The stolen kiss, Jean Honorè Fragonard, Museo dell'Hermitage, San Pietroburgo
7 Comments:
Ciao Maurizio,
sulla questione della coerenza sono d'accordo con te al 100% come ho più volte avuto modo di ribadire.
Però, in questo caso mi sembra proprio che l'ultima frase del tuo post ("If you really love me, buy my products.") in realtà giustifichi l'intera operazione.
Si trattava infatti di una forma di autopromozione, se non sbaglio, e visto che Ebola Industries si occupa di viral, guerrilla ecc questa operazione mi sembra che sia una dimostrazione di quello che sanno fare, mi pare fornisca ragioni per "amarli" piuttosto che semplicemente renderli visibili.
No?
Elisondo, la domanda è proprio questa. Se io fossi un direttore marketing vorrei avere qualche rassicurazione in più. Come si lega l'operazione di guerriglia alle strategie generali di comunicazione? Sono operazioni tattiche mordi e fuggi oppure hanno un respiro più ampio?
Ciao Maurizio
la tua valutazione è molto lucida e rigorosa e io voglio considerarla soprattutto come una provocazione da cui prendere spunto per una riflessione interessante.
Non sono infatti solito difendere i miei progetti a spada tratta e non lo voglio fare neanche in questa circostanza. Mi sembra però che la risposta che tu cerchi l'hai per certi versi già data nel post di domiziana giordano. La risposta infatti secondo me si racchiude in una sola parola: reputation. E' la reputazione che ti fa amare un prodotto fino a comprarlo? io credo che sia sempre più così. Per un blogger, la reputazione si conquista sul campo, scrivendo, relazionadosi, dimostrando fino in fondo le proprie capacità (e di questo mi sembra tu sia un ottimo esempio). E per un'agenzia, soprattutto non convenzionale, reputation significa dimostrare di saper fare le cose, dare prova di intelletto e creatività, ma anche di esecuzione. Non basta più riempirsi la bocca di parole facili che dicono "siamo un'agenzia non convenzionale", o "siamo esperti del virale e del non convenzionale". Sul treno ormai ci sono saliti tutti. Sono però i fatti, i progetti, a volte anche atti dimostrativi come questi che contribuiscono a costruirsi una reputazione. Più di 1000 interviste barbose. Ora, il mio punto è molto semplice: non crea reputazione il fatto che un'agenzia virale italiana si autopromuova sfidando le regole e mettendo in scena un divertente blitz nel "biggest advertising stage on earth"? E dato che il nostro cieco indossava una maglietta con scritto "no worries. I've already seen it on ebolaindustries.com", non c'è una chiara strategia di comunicazione dietro l'operazione?
Concludo infine condividendo totalmente il fatto che la guerriglia fine a se stessa non valga niente, tant'è che se vedi i progetti che ebolaindustries ha sviluppato in questi anni, sono sempre stati molto integrati su diversi mezzi e con una chiara strategia che li univa al brand e ai suoi obiettivi di comunicazione. L'integrazione è già arrivata, l'esecuzione è la prossima sfida.
Non so Maurizio, credo che per un'agenzia che si occupa di viral dimostrare di essere in grado di raggiungere il proprio target, penetrando in ambienti ritenuti chiusi sia una sorta di evidence di uno dei loro plus, in linea con la loro immagine e strategia. Ma naturalmetne imho. :)
@Elisondo, sono d'accordo con te ovviamente, la reputazione è un punto essenziale, su cui come sai ho molto scritto.
@Mr White, la reputazione deve ovviamente avere poi un riscontro sulle vendite e quindi non essere fine a se stessa
Io non ho espresso alcun giudizio, ma ho detto che fra qualche mese si potrà dire se l'operazione ha effettivamente funzionato, un po' come succede quando si valuta la presenza in una fiera. Ci vuole del tempo.
Sul resto, ovvero sull'integrazione, credo che siamo tutti d'accordo sulla direzione da prendere.
@maurizio
sorry for being long winded ;) non ho comunque interpretato il tuo post come giudizio, anzi per me è stata una sana provocazione che ha acceso una riflessione e un contributo mi auguro utile al dibattito.
Sarà interessante vedere la case history a distanza di tempo in modo da poter fare ragionamenti più completi.
Posta un commento
<< Home