Qual è il valore della comunicazione d'impresa?
Come ogni anno, immancabilmente si torna a discutere dell'enorme quantità di budget di comunicazione gettati (ehm investiti) sul Superbowl, mediaticamente l'evento degli eventi negli Stati Uniti.
scrive Lisa Haverty, cognitive scientist alla Brain on Brand, Brookline, Mass su Advertising Age:
It's so tempting: the biggest stage in the advertising world, a collection of all your biggest customers and their friends. Why not throw that $2.7 mil at it and watch the bottles fly off the shelves? Well, because it probably won't work. You might make a cool ad, a memorable ad, an ad beloved by all who behold it, but unless you've incorporated some very fundamental cognitive elements, your ad most likely will be attributed to Bud. In a study released at this year's Cognitive Science Conference, that is exactly what researchers found. Ads with poor "cognitive scores" were misattributed by consumers, and beer ads were attributed to the huge Super Bowl presence that is Budweiser.
L'approccio di Brain on Brand è sicuramente interessante, lo spiegano nella loro home page, ne riprendo i contenuti di presentazione.
Lo scopo dell'advertising non è quello di essere vista e ricordata, questo è e deve essere una conseguenza. Il vero obiettivo non può che essere la creazione di valore per entrambi emittente e destinatario.
Definisco l'ecologia della comunicazione d'impresa, l'insieme delle attività che si pongono come fine, il ripulire i processi di comunicazione, da tutti quei messaggi ridondanti, inutili o dannosi e che in genere non creano valore per tutti i destinatari.
Se la pubblicità vuole tornare ad essere ascoltata e ricordata, non deve cercare di abbattere le naturali resistenze, i filtri e le barriere, ma deve necessariamente interrogarsi su quali siano le reali determinanti del valore per i diversi pubblici.
Credo che dobbiamo ripartire da qui. Scusate se insisto.
Credits per l'immagine: Lines Vindu
scrive Lisa Haverty, cognitive scientist alla Brain on Brand, Brookline, Mass su Advertising Age:
It's so tempting: the biggest stage in the advertising world, a collection of all your biggest customers and their friends. Why not throw that $2.7 mil at it and watch the bottles fly off the shelves? Well, because it probably won't work. You might make a cool ad, a memorable ad, an ad beloved by all who behold it, but unless you've incorporated some very fundamental cognitive elements, your ad most likely will be attributed to Bud. In a study released at this year's Cognitive Science Conference, that is exactly what researchers found. Ads with poor "cognitive scores" were misattributed by consumers, and beer ads were attributed to the huge Super Bowl presence that is Budweiser.
L'approccio di Brain on Brand è sicuramente interessante, lo spiegano nella loro home page, ne riprendo i contenuti di presentazione.
- This is your brain on brand. Cognitive science can tell us so much about consumers. We know more each day about how brains work. Why not put that knowledge to work for your brand? Gone are the days of guessing whether or not an ad will produce brand recall. Science can now augment consumer feedback and creative instincts.
- Cognitive Science is a scientific discipline focused on:
- how people get information through their senses,
- how they learn, remember, and forget,
- and how they reason and make decisions.
- Advertising already relies a great deal on cognition.
- people have to remember what we say.
- that requires learning and memory.
- At Brain on Brand, we specialize in:
- using cognition to inform marketing strategy
- applying cognitive science to creating effective communications
- ensuring greater brand recall and memory of key messages
Lo scopo dell'advertising non è quello di essere vista e ricordata, questo è e deve essere una conseguenza. Il vero obiettivo non può che essere la creazione di valore per entrambi emittente e destinatario.
Definisco l'ecologia della comunicazione d'impresa, l'insieme delle attività che si pongono come fine, il ripulire i processi di comunicazione, da tutti quei messaggi ridondanti, inutili o dannosi e che in genere non creano valore per tutti i destinatari.
Se la pubblicità vuole tornare ad essere ascoltata e ricordata, non deve cercare di abbattere le naturali resistenze, i filtri e le barriere, ma deve necessariamente interrogarsi su quali siano le reali determinanti del valore per i diversi pubblici.
Credo che dobbiamo ripartire da qui. Scusate se insisto.
Credits per l'immagine: Lines Vindu
2 Comments:
Addirittura due apostrofi tra qual ed è ;-)
Grazie della segnalazione, non volevo mettere l'apostrofo è quello che qualcuno definisce "un errore di sbaglio" ;) A parte gli errori di battitura nulla da dire sui contenuti ? E' quello che mi sta più a cuore.
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