Parole scomode
Ho partecipato ieri come relatore al Convegno di Ambiente digitale sulle tv locali.
Credo che le mie parole siano risultate molto scomode e che non siano state ascoltate.
Le tv locali lamentano di essere schiacciate dal duopolio Rai-Mediaset, ma soprattutto dalla concorrenza della RAI in ambito locale (leggi Rai 3).
Ritengono che gli investimenti per la transizione al digitale saranno per loro eccessivi a fronte di un futuro estremamente incerto.
Ho fatto notare (così come lo aveva già fatto qualche altro relatore) che:
1) molta parte della loro utenza potenziale non guarda più la tv, per questo farebbero meglio a presidiare meglio i new media e sfruttare a pieno le opportunità di internet
2) le revenue pubblicitarie non copriranno tutti i costi, vale quindi la pena di seguire l'esempio di Tf1, i cui ricavi sono per oltre il 51% non pubblicitari
3) la multicanalità dovrebbe consentire di sfruttare meglio i loro programmi che dovrebbero essere distribuiti in modalità differenti e non solo andare on air.
Non credo di aver detto cose sconvolgenti, eppure credo che la tv locale sia un grande patrimonio per il nostro Paese, ma che se vorrà sopravvivere dovrà differenziare il proprio approccio ai contenuti.
Credo che le mie parole siano risultate molto scomode e che non siano state ascoltate.
Le tv locali lamentano di essere schiacciate dal duopolio Rai-Mediaset, ma soprattutto dalla concorrenza della RAI in ambito locale (leggi Rai 3).
Ritengono che gli investimenti per la transizione al digitale saranno per loro eccessivi a fronte di un futuro estremamente incerto.
Ho fatto notare (così come lo aveva già fatto qualche altro relatore) che:
1) molta parte della loro utenza potenziale non guarda più la tv, per questo farebbero meglio a presidiare meglio i new media e sfruttare a pieno le opportunità di internet
2) le revenue pubblicitarie non copriranno tutti i costi, vale quindi la pena di seguire l'esempio di Tf1, i cui ricavi sono per oltre il 51% non pubblicitari
3) la multicanalità dovrebbe consentire di sfruttare meglio i loro programmi che dovrebbero essere distribuiti in modalità differenti e non solo andare on air.
Non credo di aver detto cose sconvolgenti, eppure credo che la tv locale sia un grande patrimonio per il nostro Paese, ma che se vorrà sopravvivere dovrà differenziare il proprio approccio ai contenuti.
Non è solo il segnale che deve diventare digitale, ma soprattutto l'approccio.
6 Comments:
Concordo Maurizio anche se non mi sorprendo.
E' tutto scritto nelle ns. origini, storia, cultura, abitudini ecc.
Ma la cassetta degli "strumenti digitali" è desolatamente vuota.
In un paese dove si ama messaggiare, chattare ecc. ma i business meeting si fanno ancora vis a vis ( quando si potrebbe utilizzare per esempio skype ), le contraddizioni sono lampanti.
Per dirla "sociologicamente" siamo tanti sistemi autopoietici chiusi.
Bisogna sempre tenere in considerazione i deboli segnali che provengono dall'ambiente.
Ma la condizionante è l'audience, parametro per decidere gli investimenti pubblicitari e non solo.
Ed allora via a programmi triviali e con contenuti decisi dall'editore succube degli sponsor.
Sperimentare nuove strade per comunicare costa, i risultati sono incerti; ma chi da first mover non corre rischi per un nuovo modo di fare cultura.
Saluti.
Alberto Claudio Tremolada
alberto@bloggeraus.com
Roberto, forse la mia percezione era sbagliata, ma non sono rimasto sicuro che le mie parole siano arrivate a destinazione, naturalmente mi piacerebbe sbagliarmi. Come spiegava bene Salerno, le tv locali dovrebbero vedere la transizione al digitale, come un'opportunità e non come un accidente che gli è piovuto da una legge. Ho trovato il discorso di Salerno molto ragionevole e mi sembra che come Fondazione Ugo Bordoni abbia offerto una grande disponibilità. Tra le tv locali ci sono anche i casi eccellenti come Primo Canale il cui presidente, Rossi, mi sembra abbia le idee molto chiare.
Il panorama delle tv locali italiane è molto atipico, abbiamo più televisione locale di altri paesi ma siamo arenati sulle vetrine dell'auto e qualche televendita.
C'è troppo canpanilismo ognuno pensa al suo orticello.
Ma se si consorziassero di più per proporre qualcosa di altenativo, e sfruttassero la loro presenza sul territorio?
Le televisioni hanno la grande possibilita di tradurre in video le esigenze locali che nassun broadcaster nazionale potrebbe mai realizzare.
Il cambiamento si può sempre vedere come una opportunità o come un problema dipende dai punti di vista.
Ho visto una tv locale che ha tutta la filiera produttiva in digitale , incerdibile, pero la mentalità non è ancora "digitale". Ci metterebbero un sacondo a rendere uplodabile dagli utenti i contenuti a mendarli in onda.
Gay Tv è un progetto estremamente interessante. Chi progetta contenuti Lifestyle lo dovrebbe osservare con attenzione.
Rispondo con ritardo ma con viva partecipazione! Sono d'accordo sull'esigenza di porre il focus sui contenuti. Noi siamo una media company locale su Roma e da poco sono arrivato in questa realtà piccola ma che vuole ...ruggire!
Le filiera dell'informazione locale può davvero fare grandi cose e io sto cercando di muovere i primi passi in questa direzione. Sono fiducioso. Maurizio io c'ero al convegno e le tue parole hanno prodotto rumore....molto rumore...
Grazie e spero di incontrarti e ascoltarti al prossimo convegno!
Mi auguro di cuore una cosa. L'accesso al mercato da parte di nuovi content provider.
Posta un commento
<< Home