giovedì, novembre 17, 2005

L'era della complessità e delle contraddizioni 

Sinceramente non riesco a capire le bacchettate polemiche di Vittorio Zambardino a tutti quelli che preannunciano un futuro dell'informazione libera da mediatori. Non capisco neanche coloro che preannunciano la fine della professione del giornalista.

I motori di ricerca sostituiranno i quotidiani, gli utenti utilizzeranno i blog per informarsi a scapito delle testate, fra pochi anni scompariranno i giornali cartacei: queste sono solo alcune delle tante affermazioni che si leggono in rete.

Ma serve davvero la difesa della categoria? Quasi che Zambardino abbia paura per il suo posto di giornalista.Sappiamo invece tutti molto bene che stiamo entrando in un'era mediale caratterizzata dalla "complessità".

L'elemento centrale di questa nuova era sarà la "contraddizione". Questo significa che assisteremo a diversi fenomeni di natura opposta:
  1. frammentazione delle audience, ma soppravvivenza dei media generalisti
  2. disintermediazione dell'informazione ma anche nuove forme di intermediazione
  3. televisione rich e grandi produzioni da una parte e contenuti generati dagli utenti dall'altra, con budget limitati
  4. schermi di piccole dimensioni e macroschermi
  5. aumento di interesse per contenuti di qualità e per il trash
  6. vecchi modelli e nuovi modelli
  7. processi di concentrazione e microimprese
Potrei dilungarmi, ma spero che il concetto sia chiaro. Il vero problema non è cercare di comprendere quale sarà la tendenza dominante, perché non ci sarà, piuttosto capire come vecchi e nuovi soggetti nell'ambiente mediale sapranno cambiare le regole del gioco, creando costantemente equilibri parziali e fortemente instabili, volti a soddisfare la domanda in costante evoluzione di informazione, entertainment ed espressione, da parte dei diversi pubblici.

Allo stato attuale mi sembra che i giochi non siano ancora fatti e che tutto sia ancora possibile nel variegato panorama dell'informazione e della comunicazione intesa in senso lato.

Ci troviamo all'inizio di un periodo di grandi trasformazioni, per questo ritengo che non disponiamo degli strumenti nè del distacco necessari per una valutazione oggettiva di quanto sta accadendo. Lo ripeto, il migliore modo di prevedere il futuro è di cominciare a progettarlo.
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