La comunicazione che deve cambiare
Durante la conferenza organizzata dallo IAB, ho sentito più volte ripetere che gli uomini di marketing sono per loro natura dei conservatori, che spesso agiscono solo quando sono costretti dai cambiamenti in corso. Per quanto poco lusinghiera possa essere questa affermazione, non mi è proprio possibile smentirla.
Per dirla tutta, anche molti pubblicitari, contrariamente a quanto si possa pensare, hanno atteggiamenti di conservazione e spesso non amano l'innovazione, se questa li costringe a rivedere e a rimettere in discussione paradigmi, metodi e strumenti di lavoro ben consolidati. Lo stesso discorso vale per gli editori.
Si parla spesso del consumatore che verrà, del futuro e dell'evoluzione della comunicazione.
A me pare di capire dal rapporto Censis sulla comunicazione in Italia, che la domanda di "cambiamento" da parte dei fruitori della comunicazione si stia già manifestando in modo chiaro.
Vogliamo tentare di prevedere il futuro o piuttosto provare a contribuire a crearlo? Rinviare problemi che si stanno già presentando oggi è stupido.
Per dirla tutta, anche molti pubblicitari, contrariamente a quanto si possa pensare, hanno atteggiamenti di conservazione e spesso non amano l'innovazione, se questa li costringe a rivedere e a rimettere in discussione paradigmi, metodi e strumenti di lavoro ben consolidati. Lo stesso discorso vale per gli editori.
Si parla spesso del consumatore che verrà, del futuro e dell'evoluzione della comunicazione.
A me pare di capire dal rapporto Censis sulla comunicazione in Italia, che la domanda di "cambiamento" da parte dei fruitori della comunicazione si stia già manifestando in modo chiaro.
Vogliamo tentare di prevedere il futuro o piuttosto provare a contribuire a crearlo? Rinviare problemi che si stanno già presentando oggi è stupido.
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