giovedì, novembre 27, 2008

Il futuro degli UCG ed il nuovo ruolo della Marca (prima parte) 


Sono stati a lungo celebrati, la rivista Time ha messo in copertina come uomo dell'anno l'utente comune, il vero protagonista della rete e produttore degli User Generated Content.

Solo una piccola quantità di utenti produce contenuti, ma la rete è oggi sommersa dai contenuti trash, tanto che qualcuno già parla della morte degli UGC.

I contenuti prodotti dagli utenti hanno di fatto lanciato le piattaforme di photo e videosharing di prima generazione e hanno creato lo spazio per una nuova generazione di piattaforme che hanno iniziato a selezionare i contenuti migliori.

Navigare tra i contenuti non professionali costituisce un'esperienza paragonabile alla ricerca dell'affare tra le bancarelle di un mercatino, ci vuole tanta pazienza e costanza.

Ci sarà sicuramente una scrematura e forse una differenziazione tra i contenuti semi professionali che troveremo in rete (per i quali viene proposto un nuovo acronimo IDC, che sta per Indipendent Disintermediated Content) e tutti gli altri.

Personalmente ritengo che gli UGC non siano morti e che le imprese possano utilizzarli proficuamente in diversi modi:
  • per l'analisi delle tendenze - quali sono i personaggi emergenti, i temi che riscuotono maggiore successo, quali i contenuti più visti, più controversi e più commentati? Quali le destinazioni turistiche più fotografate? Gli User Generated Content rappresentano una fonte straordinaria per l'estrapolazione di trend se si è in grado di leggere correttamente le informazioni che essi possono offrire.
  • per l'analisi dei nuovi format - la rete è una palestra di sperimentazione in cui si stanno delineando nuovi format e in cui si sviluppano nuove forme espressive, da cui si può trarre ispirazione per la produzione di nuovi contenuti professionali e semi professionali
  • per essere utilizzati come "amplificatore" dei Corporate Generated Content - un contenuto ha molto successo in rete non solo se è visto, commentato e suggerito, ma anche se viene utilizzato come elemento base per la creazione di nuovi contenuti (parodie, spoof, mashup). Favorire l'editing ed il remix di un contenuto creato da un brand è un modo per garantirgli una nuova vita ed un adattamento ai linguaggi più vicini a quelli utilizzati dai suoi pubblici.
Non dobbiamo dimenticarci che sia il fenomeno degli UGC sia quello dei CGC sono talmente recenti che non è possibile ancora esprimere una valutazione oggettiva.

In un prossimo futuro le imprese saranno sempre più coinvolte nella produzione di contenuti da distribuire in rete sia attraverso lo sviluppo di strategie di Content Marketing, sia fungendo da catalizzatori per contenuti prodotti dagli utenti.

La creazione di una presenza evoluta on line sarà l'espressione della capacità di una marca di esercitare il ruolo di abilitatore.

Una marca potrà quindi:
  • creare e distribuire i propri contenuti in rete
  • fornire gli strumenti ai propri pubblici per la distribuzione dei loro contenuti o per remixare i suoi diversi Corporate Generated Content
  • creare le condizioni per la produzione di contenuti generati dagli utenti
  • fungere da intermediario, per la distribuzione di contenuti generati dagli utenti
Ecco che le "relazioni di marca" sviluppate attraverso e intorno al contenuto distribuito in rete sulle diverse piattaforme dei Social Media non permetteranno più una distinzione così netta tra le diverse tipologie di contenuto che potremo trovare in rete.

Cercherò di approfondire l'argomento in un prossimo post.

Fonte dell'immagine

domenica, novembre 23, 2008

You Tube Live (more of it) 



Tom Dickson, fondatore di Blendtec, (il caso di marketing dell'anno), è uno dei protagonisti del grandioso evento YouTube Live 08.

You Tube Live 



Dj Mike mixa durante l'evento live di YouTube, alcuni tra i pezzi più famosi di celebrità nate in rete.

venerdì, novembre 21, 2008

Advertising Mashup 



Un esperimento molto interessante di advertising mashup. 41 spot remixati all'interno di questo video di meno di tre minuti.

Le strategie di marketing a tavolino 



Qual'è la differenza tra un grande film ed un prodotto costruito a tavolino?

Prendi un personaggio affascinante, una donna bellissima, effetti speciali a volontà ed ecco che hai confezionato un prodotto da distribuire sul mercato, magari giusto prima di Natale.

Esattamente come questo mashup trailer di RedHood251, che contiene:

-The Mission: Impossible Trilogy
-Casino Royale
-Layer Cake
-Stealth
-Die Hard 4.0 (a.k.a Live Free or Die Hard)
-(Uno spruzzo di) Bourne Ultimatum
-Una rivisitazione dei Trailers e degli special di Quantum of Solace
- la colonna sonora di Die Another Day e M:I 3

ovvero tutti gli ingredienti per piacere.

Allo stesso modo vengono progettate a tavolino anche molte campagne pubblicitarie soprattutto sul web, per evitare di fare errori, soprattutto in momenti di crisi.

Allora non dobbiamo parlare di creatività, ma solo di ottima esecuzione.

Il miglior investimento in tempo di crisi 


In tempi di crisi, molte imprese si lasciano prendere dal panico, entrando in una spirale molto pericolosa.

Le vendite si riducono, si tagliano i costi, ma anche gli investimenti in comunicazione, in formazione delle persone, in ricerca e sviluppo, in attivita di customer care, insomma una storia già sentita troppe volte.

Proprio nei momenti di crisi, c'è molto nervosismo nelle aziende, alcune riducono il personale, altre si riorganizzano attraverso acquisizioni e fusioni, che si prefiggono in alcuni casi di razionalizzare (leggi tagliare) o in altri di dare agli azionisti l'illusione della crescita nonostante tutto.

Se quando le cose vanno molto bene non si pensa abbastanza all' "employee satisfaction", è facile immaginare cosa possa succedere in tempi di elevata turbolenza competitiva.

In questi frangenti gli investimenti più cospicui vengono fatti dai dipendenti, ma su se stessi.

Dall'amministratore delegato in giù, sempre più persone in azienda hanno iniziato a pensare seriamente alla gestione di strategie di "personal branding"

In questo momento i migliori affari vengono fatti proprio dagli scrittori e dagli organizzatori di corsi, che insegnano a come valorizzare la propria "marca personale".

Estendere il proprio network con strumenti come Linkedin, inviare il proprio curriculum in giro, frequentare conferenze e eventi, ma anche cercare di farsi notare attraverso il web, sono attività che vengono molto incrementate in tempi di crisi, ma il rischio che spesso si corre è quello di correre a vuoto.

In momenti come questo, il miglior investimento è nella riqualificazione, per questo si parla sempre di più di "Personal Knowledge Management", che Wikipedia definisce come:

una pratica che si propone di integrare il "Personal Information Management" focalizzato su skill individuali con il Knowledge Management.

Ecco che la rete diventa uno strumento straordinario per migliorare la "propria competitività personale", consentendo non solo di allacciare nuove relazioni, ma di migliorare le proprie performance al lavoro.

Social Bookmarking, Wiki, piattaforme di Workstreaming, diventono strumenti del Knowledge Worker, che è a tutti gli effetti l'imprenditore di se stesso.

Quando l'azienda non vuole investire e non vuole innovare, spesso i cambiamenti vengono imposti dal basso, portati avanti da dipendenti che utilizzano strumenti open che la rete mette a disposizione per:
  • la formazione permanente
  • la competitive intelligence
  • migliorare il coordinamento di team di lavoro
  • per ottimizzare i flussi di comunicazione e di gestione dell'informazione
Nonostante la cecità di molte imprese ed organizzazioni, che ritengono Intenet un elemento di distrazione e ne inibiscono l'utilizzo, "lo smart employee", approfitta dei momenti di crisi per investire sulla sua professionalità, cercando al contempo di dimostrare che è possibile incrementare la produttività con la rete.

In momenti come questi, chi si ostina a farsi vedere in tutti gli eventi, aumenta la sua esposizione in rete senza offrire valore, perde il suo tempo, quando potrebbe impiegarlo per:
  • imparare a selezionare le fonti informative realmente rilevanti per la sua crescita professionale
  • acquisire nuove competenze e abilità
  • imparare a usare nuovi strumenti di lavoro
  • comprendere le nuove dinamiche di interazione e sviluppo del "capitale relazionale"
Ecco che quando il Personal Knowledge Management, e il Personal Branding vengono combinati si hanno più chance anche in tempi difficili, come questi.

Credits per l'immagine

mercoledì, novembre 19, 2008

Far morire i blog 


In questi ultimi anni si è parlato molto di blog, ma anche di You Tube, Facebook e degli altri strumenti del Social Web, forse troppo.

Qualcuno provocatoriamente ha scritto che i blog sono morti, la mia personale opinione è che i blog non sono più al centro.

Ho lungamente riflettuto sulla questione. Forse chi ha decretato la fine di un'era si è limitato ad esprimere un suo desiderio personale, forse potrebbe anche aver ragione.

Proviamo a pensare per un attimo alle conseguenze. Forse è auspicabile che si diffonda la consapevolezza che i blog sono morti, in tal modo "lo strumento scenderebbe dal piedistallo", questo permetterebbe di tornare ad occuparsi di ciò che è davvero importante: la comunicazione, la relazione, la creazione e la condivisione di significati, la ricerca di terreni comuni su cui confrontarsi.

C'è stato un momento in cui ritenevo che fosse un bene che ci fossero conferenze, workshop dedicati al "nuovo web", ora non ne sono più tanto convinto.

Si è parlato troppo di CRM e troppo poco di relazioni, troppo di strumenti di datamining e troppo poco di cultura del servizio. E' normale, è più facile cercare le "killer application" che mettere in discussioni radicati modi di pensare.

Forse è un bene che i blog muoiano nella memoria collettiva, così lo scrivere e leggere in rete, sarà un'attività considerata normale, con una sua grammatica da dover imparare.

E' responsabilità di chi comunica oggi utilizzare strumenti al passo con i tempi, ma soprattutto fare gli sforzi di comprendere l'evoluzione dei contesti in cui questi strumenti vengono utilizzati.

Non è obbligatorio aprire un blog o avere una presenza su Facebook, è possibile farne a meno, se non c'è una buona ragione per farlo, ma è invece molto importante trovare delle connessioni autentiche con i propri interlocutori e utilizzare un linguaggio comune.

Non sono gli strumenti di comunicazione che mancano, la conoscenza degli strumenti non implica la conoscenza della cultura per un loro corretto utilizzo.

E' su questo che oggi dobbiamo confrontarci per evitare i disastri, causati, da una mancata comprensione dei rispettivi punti di vista, più che da una cattiva volontà.

Il mercato dei clienti evolve rapidamente, intanto quello dell'offerta si interroga su chi debba prendersi la responsabilità di aiutare le imprese a comunicare di più e meglio in un periodo di transizione come quello che stiamo vivendo, in più caratterizzato da una grandissima crisi economica. (Le università, le concessionarie di pubblicità, le agenzie di comunicazione, il management delle imprese...)

Io non ho una risposta a questa domanda, ma so che il problema è molto serio e profondo. In politica, come nel mondo delle imprese, il divario digitale nasconde un divario ancora più grosso di natura culturale.

Quello che molti rifiutano di comprendere è che il vero problema è l'abbattimento degli steccati, il mancato ricambio generazionale, il manicheismo culturale, la contrapposizione ideologica a prescindere.

Se per risolvere tutto questo dobbiamo far morire i blog, allora non dobbiamo farci troppi problemi a dire:

è morto il blog, evviva il blog.

Credits per l'immagine

martedì, novembre 18, 2008

You Tube Killed the Tv Stars 

Ac/Dc Rock'n Roll Train 


Quando qualcuno vi parla di un foglio di calcolo, che cosa vi viene in mente?

Sicuramente non l'idea di creare un video utilizzando Excel, per la promozione del grande "ritorno sulla scena rock" della band di Angus Young.



Già si parla di ASCII/DC

I fan possono condividere in rete tutte le fasi di preparazione del lancio del Black Ice Tour.



Qui un bel dietro le quinte del video ufficiale Rock'n Roll Train, in cui c'è poca speranza di trovare ancora dei biglietti.




Dov'è il confine tra "Marketing Convenzionale" e "Non Convenzionale"? Tra creatività, ribellione e rigoroso metodo?

Come mai in Italia non esiste nessuno di più conformista di chi si occupa di Comunicazione non Convenzionale (salvo rare eccezioni)?

Non sarà un caso che il libro Freakonomics, abbia suscitato in Italia delle reazioni così diverse.

Destra o Sinistra, Marketing Tradizionale o Non Convenzionale, Giornalismo o Citizen Journalism, perché si continua a ragionare per categorie e con rigidi schemi mentali, oggi del tutto obsoleti?

domenica, novembre 16, 2008

Obama, Christian De Sica e la cultura televisiva 



E' vero che Internet ha costituito "l'elemento centrale" della campagna elettorale di Barack Obama, così come la televisione è stato il fattore critico di successo nell'elezione del 1960.

Arianna Stassinopoulos Huffington, che è al contempo una grande sostenitrice del neo presidente ed una nota "evangelista della rete" lo sostiene con grande convinzione. C'è invece chi non è convinto e fa notare come il presidente Obama sia stato eletto grazie ai massicci investimenti in pubblicità televisiva. Questo, secondo alcuni, ridimensionerebbe di molto il ruolo di Internet.

Per non fare confusione è importante evitare di paragonare la televisione ad Internet, perché la rete è anche un canale di informazione e di comunicazione, ma non solo. La rete costituisce in primo luogo un "fattore abilitante" per un grande cambiamento culturale, nel passaggio ad una società post televisiva.

Barack Obama non è stato certamente il primo presidente a fare largo uso di Internet, ma è stato sicuramente il candidato presidenziale che ha basato la sua piattaforma programmatica sulla condivisione delle idee e sulla partecipazione diffusa portando nella politica gli elementi centrali della cultura di Internet.

La differenza tra Barack Obama e John Mc Cain, non è solo legata ai temi politici e al programma politico, ma è soprattutto generazionale. A prima vista può sembrare un'affermazione superficiale, ma non lo è per nulla. L'ho capito guardando per sbaglio un pezzo di una trasmissione di Maria De Filippi (C'è posta per te) che mi ha aperto gli occhi. Ve la descrivo come l'ho vissuta io.

Entra in studio, Maria Rosa De Sica, accompagnata dal padre Christian che è ignaro di cosa sta per succedere.

La "cartolina" che Maria Rosa intende inviare è destinata a sua madre, per scusarsi con lei di essere stata la causa della rottura del suo matrimonio con il padre Christian.

La madre accetta l'invito e decide di partecipare alla trasmissione, ignorando che oltre alla figlia è presente in studio anche l'ex marito.

Maria Rosa racconta gli eventi con visibile commozione. "Nel corso di un ennesimo violento litigio causato dai grandi problemi finanziari della famiglia De Sica provocati dal vizio del padre (il gioco ai cavalli), Maria Rosa chiama le autorità e spinge la madre ad interrompere la relazione con il padre. Descrive poi lo stato di grande difficoltà finanziaria e gli enormi sacrifici che la madre ha dovuto sopportare successivamente per far quadrare il bilancio e far studiare i figli e si rammarica di aver deluso la madre non avendola ripagata con la laurea.

Christian De Sica è visibilmente imbarazzato, ma da consumato attore, nel momento in cui si apre la busta, si dirige verso l'ex moglie e invece di dimostrarsi dispiaciuto per le sofferenze della figlia, che ha davvero fatto uno sforzo per andare in trasmissione, recita la sua gag, offrendo alla ex moglie alcuni buoni per il cinema e per trattamenti cosmetici, di fronte ad un pubblico divertito. Purtoppo la vita quotidiana è diversa da quella descritta dai film di Natale.

Questa scena, mi fa comprendere quanto sia ampio e profondo il divario generazionale, tra una "figlia" che vuole cercare un dialogo, trovare una soluzione ed un padre che risolve tutto con una battuta.

Si dice che Maria Rosa De Sica sia una forte utilizzatrice di Internet a differenza del padre che non sa neanche accendere un computer.

Oggi il maggior terreno di conflitto, non è a mio avviso, tanto la contrapposizione politica tra destra e sinistra, quanto quella culturale tra le generazioni televisive e quelle cresciute con Internet.

Non è un caso che gli ultimi sondaggi mostrano una diminuzione del gradimento nei confronti dell'operato dell'attuale governo e al contempo di quello dell'opposizione.

Se un tempo il ruolo della televisione era anche quello di offrire un po' di spensieratezza per evadere dai problemi quotidiani, oggi le nuove generazioni si sono accorte che mettere la testa sotto la sabbia non serve e quindi attraverso Internet cercano il confronto, ma anche una risoluzione concreta ai loro problemi attuali e futuri.

Beppe Grillo, un tempo spaccava i computer, oggi si ripropone come il paladino di Internet, ma che brandisce con le stesse logiche del mezzo televisivo, evitando ogni confronto dialogico.

Ecco che la battuta di Berlusconi su Barack Obama, come la gag di Christian De Sica, ma anche le interminabili chiacchiere di politici e sindacalisti nei salotti di Bruno Vespa, irritano una fascia di pubblico, che ritiene che la cultura dello spot sia terminata e che i problemi di qualunque genere debbano essere affrontati in profondità.

Francamente non so se possiamo parlare dell'avvento di una Lifestreaming Generation, gli iperconnessi rappresentano oggi una piccola nicchia, ma posso sicuramente affermare senza essere smentito che Internet non è solo un canale di comunicazione, come scrivono alcuni giornali.

Professione Troll 

Un'altra strepitosa vignetta di Doug Savage.

sabato, novembre 15, 2008

I modelli di felicità secondo la pubblicità 



Nature's Own - starring Guy Clark & Emmylou Harris - Dj Teva - I don't love U much Do I (Mashup)

venerdì, novembre 14, 2008

Quale Comunicazione oggi? 

Fonte: ffffound

giovedì, novembre 13, 2008

Web Travel 2.0 



Per meglio spiegare in aula il significato di "instant video" ho fatto prima a farne uno in tempo reale, trasformando le slide della mia presentazione al TTG Incontri 2008 di Rimini.

I blog non sono morti, ma non sono più al centro 


Quando si vuole ottenere un po' di attenzione, basta prendere un qualsiasi fenomeno di cui si parla molto sui media e dichiararne la morte. E' successo per la pubblicità, per la carta stampata, per la televisione e ora accade anche per i blog.
Il "ciclo di vita dell'approccio alla notizia" si ripete con costante regolarità. Si ignora un fenomeno fino a che non raggiunge la massa critica, lo si denigra considerandolo effimero, lo si cavalca, per poi abbandonarlo come un giocattolo che non piace di più, passando al prossimo.
Per chi si limita ad osservare dall'esterno è più facile comprendere il funzionamento di una piattaforma di social web o di uno strumento come i blog, i wiki, che capirne le logiche di interazione sociale. In rete tutto è fluido e in costante divenire.
I blog sono davvero morti come scrivono molti? Ma neanche per sogno, solo che non sono più al centro degli scambi relazionali in rete.
Se dovessi esprimere un giudizio personale, noto un miglioramento qualitativo dei blog che seguo con regolarità, anche perché i post minori, le piccole riflessioni, la segnalazione di link vengono oggi riversati sulle piattaforme di microblogging come twitter, friendfeed o sui tumblr.
Ci sono molti blog che non vengono più aggiornati, ma questo è normale, ed è il risultato di una nuova fase evolutiva in cui il blog rappresenta solo un elemento della presenza di una persona nell'ecosistema delle relazioni digitali.
Ecco che la comunicazione digitale diventa ancora più liquida e la rete non può più essere descritta come un grande oceano, ma come un insieme di mari, fiumi, torrenti e laghi, in comunicazione fra di loro, ma in modi diversi.
I blog non sono più al centro, anche perché oggi non esiste alcun centro di riferimento. Non è possibile dire che cosa rappresenti il centro nelle interazioni di rete.  E' un concetto del tutto personale che assume connotazioni differenti in funzione di come si decide di vivere la rete. 
Non voglio aggiungere nulla di più di quanto sia già stato scritto sul tentativo di "disciplinare" la creazione e pubblicazione di contenuti sui blog, (quello che è stato definito come il disegno di legge anti blog), mi limito a far notare non tanto l'impossibilità di creare un Registro degli Operatori della Comunicazione con il fine di "regolamentare" la comunicazione sui blog, quanto quella di creare un sistema di regole certe che non vengano sistematicamente disattese.
Ha ragione Mauro Lupi, quando scrive, che prima di legiferare è importante decifrare i blog, non tanto in termini di piattaforme, ma di dinamiche.
Regolamentare i blog significa solo spingere le persone ad esprimersi in modi diversi, ecco che controllare tutte le piattaforme digitali, i Social Media, i Social Network diventerebbe un'impresa davvero ardua.
L'informazione è diventata liquida e il sistema mediale si sta ridefinendo, andando nella direzione prospettata dal Future Exploration Network (vedi figura).
Credo che molti politici e giornalisti non hanno ancora la minima idea della portata del cambiamento che stiamo vivendo ed è un cambiamento planetario.
Ipotizzare di proporre un disegno di legge per disciplinare i blog è un po' come ammucchiare sacchetti di sabbia con la speranza di fermare lo tsunami in arrivo.

mercoledì, novembre 12, 2008

James Bond Theme 2.0 



Un'altra delle straordinarie performance di Jack Conte.

La caduta delle barriere all'ingresso nella Comunicazione Digitale 

Nel corso dell'ultimo Iab Forum, Marco Vernocchi di Accenture, ha affermato che "sono cadute le barriere all'ingresso nella Comunicazione Digitale e si sono invece innalzate quelle al successo". E' un concetto di estrema importanza su cui vorrei tornare a riflettere.

L'Italia non solo si caratterizza per un ritardo nell'adozione degli strumenti digitali rispetto al resto dei Paesi avanzati, ma anche per il modo superficiale in cui si accosta all'innovazione nella comunicazione di impresa.

Come è oramai noto, la maggior parte degli strumenti di Social Web sono delle commodities e sono largamente disponibili a costi molto ridotti.

Si sono moltiplicati i corsi, le conferenze, i libri che si propongono di spiegare alle imprese come utilizzare proficuamente queste piattaforme. Il risultato sarà un'ulteriore diffusione dei Social Media e dei Social Network e questo paradossalmente creerà una forte barriera al successo.

Nel momento in cui anche le piccole e medie imprese cominceranno ad accostarsi al blog, agli audiovisivi di rete, alle campagne di marketing virale, si imporrà in modo chiaro per le imprese leader la necessità di proiettare lo sguardo in avanti ed investire una maggiore quantità di risorse umane e finanziarie:
  • nell'analisi strategica dei processi di comunicazione
  • nell'analisi dei pubblici (Segmentazione e Posizionamento)
  • nell'analisi dei contenuti (Knowledge Governance)
  • nell'analisi dei format
  • nell'analisi dei processi di integrazione degli strumenti e dei canali
  • nella predisposizione di metriche di misurazione
Paradossalmente, la pluralità di nuovi strumenti a disposizione delle imprese, fa cadere gli alibi. Non è più possibile dire che il budget a disposizione è troppo basso. La realtà da affrontare è che molte imprese anche a fronte di strumenti, canali, spazi gratuiti non sono in grado di comunicare perché non sanno cosa comunicare.

Se vogliamo evitare un nuovo grande innamoramento per la rete ed una conseguente delusione, che abbiamo già vissuto numerose volte, è molto importante concentrare l'attenzione anche sui temi più tradizionali come modelli strategici, analisi competiva, metriche, ma anche sui contenuti.

Il pericolo è in agguato, già si vedono alcune imprese che rischiano di creare rumore riversando acriticamente in rete "pensieri", immagini, video, con la prospettiva di non ottenere un significativo vantaggio competitivo di lungo periodo.

Pensano alla rete in modo non strategico il risultato è un aumento generalizzato di costi, che a differenza di quelli pubblicitari sono impliciti perché
  • il costo di molte attività svolte all'interno spesso non viene valorizzato
  • esiste un costo opportunità di allocazione delle risorse
  • attività non finalizzate non porteranno a risultati concreti.
A costo di andare controcorrente, vorrei suggerire alle imprese di non aprire un blog, di non creare una presenza evoluta online se non hanno una buona ragione per farlo e se non intendono farlo in modo strategico perché le imprese leader cominciano ad investire in rete risorse sempre più importanti pertanto un blog aperto senza particolare convinzione, non riuscirà a cambiare nulla.

domenica, novembre 09, 2008

Perché le aziende non investono abbastanza nella Comunicazione Digitale (seconda parte) 


E' sbagliato ritenere che le imprese non siano consapevoli dell'importanza di Internet come ambiente di comunicazione, non può più essere considerato un "new medium", i problemi oggi, dal mio punto di vista, sono ben altri.

Come è stato fatto notare nel corso dell'ultimo Iab Forum, "quando si abbassano le barriere all'entrata si innalzano quelle al successo.

Non si tratta solo di rivedere le logiche di determinazione dei budget pubblicitari, ma di comprendere che Internet e più in generale i media digitali, costringono le imprese a mettere in discussione i loro processi organizzativi, gli equilibri tra manager che appartengono a generazioni differenti, ma soprattutto prassi che sono già consolidate.

Gli eventi, i workshop, i seminari sono momenti in cui i partecipanti possono confrontarsi con una realtà di mercato in forte evoluzione, ma se si vuole evitare di creare tensioni, disillusioni e enormi frustrazioni non basta raccontare il cambiamento, ma occorre fornire gli strumenti affinchè il "nuovo" possa essere portato in azienda e adattato ai diversi e specifici contesti.

In tempi di forte turbolenza ambientale e in cui il mondo ci sta cambiando sotto i piedi, le imprese richiedono una diversa articolazione dei contenuti dei diversi eventi a cui partecipano i loro manager. Hanno bisogno di risposte concrete e non di stimoli per nuovi conflitti in azienda.

L'adeguatezza dei contenuti alle specifiche esigenze, è la ragione del successo o del fallimento della maggior parte delle conferenze, dei progetti di formazione, dei workshop, rivolti al mondo delle imprese.

Come la tradizionali formule fieristiche si stanno rivelando del tutto inadeguate nell'era di Internet, così anche la progettazione degli eventi deve essere ripensata alla luce delle mutate esigenze dei destinatari, che si trovano a fronte di un tempo disponibile in diminuzione, un eccesso di offerta, tanto che prevalgono oggi solo gli eventi più qualificati (gratuiti o a pagamento, non è questo il fattore discriminante).

Creare un'agenda è diventato un lavoro estremamente complesso in cui devono essere coniugate competenze specifiche sugli argomenti che verranno trattati, ma anche una conoscenza molto approfondita dei pubblici e un attento lavoro sui format.

Eventi come Iab Forum o Codice Internet, vengono progettati dagli organizzatori tenendo in considerazione i loro obiettivi (che nel caso di un pubblico formato da manager e imprenditori possono essere riassunti in:
  • sensibilizzazione sui temi di Internet e della Comunicazione Digitale
  • informazione sulle opportunità di Internet
  • promozione del mercato dell'offerta Internet
Ecco che l'evento diventa un momento importante e giustamente viene vissuto come il coronamento di un lavoro di un anno volto a:
  • ottenere visibilità
  • creare opportunità di lobbying
  • offrire un'ulteriore opportunità per avvicinare la domanda all'offerta
Ma quali sono le esigenze della domanda? Siamo sicuri che queste siano state approfondite, anche alla luce di quanto le ricerche non rilevano?

Progettare un'agenda orientata agli utenti significa creare dei contenuti informativi, formativi, ma anche volti a diminuire i dubbi e le incertezze, fornendo degli strumenti e delle metodologie di lavoro.

Quando i partecipanti (professionali) di questi eventi chiedono di scendere più nel dettaglio, non devono essere presi alla lettera. Non sono infatti interessati alle tecnicalità, o almeno non solo. Vogliono piuttosto avere un quadro di insieme. Questo significa creare delle sessioni con differenti tipologie di contenuti e format (presentazioni, tavole rotonde, keynote speach).

E' quindi necessario un equilibrio tra i diversi contenuti proposti:
  • gli scenari internazionali e nazionali
  • i numeri del mercato
  • i customer insight
  • i modelli interpretativi
  • gli strumenti operativi
  • i modelli applicativi
  • le case histories di successo ed insuccesso.
Se si vuole passare dalla "promozione" alla creazione del mercato, sarà necessario tenere in dovuta considerazione le esigenze degli sponsor con quelle delle diverse tipologie di partecipanti.

Non è certamente un lavoro facile, ma è l'unica strada percorribile.

L'immagine è di isdky

Perché le aziende non investono abbastanza nella Comunicazione Digitale (prima parte) 


Stavo per scrivere un post di riflessioni sul mercato della Comunicazione Digitale in Italia, quando mi sono imbattuto in questo interessante articolo di Randy Falco, CEO di American On Line, dal titolo eloquente: It's our fault you are so confused about Digital.

Lo riporto qui integralmente per stimolare il dibattito su cosa migliorare per rendere ancora più efficaci eventi come Iab Forum o Codice Internet, che si propongono di sensibilizzare il mercato su come cogliere al meglio le opportunità offerte dalla Comunicazione Digitale.

Se si escludono alcuni passaggi autoreferenziali, l'articolo merita di essere letto con attenzione, poiché è un'autocritica sincera da parte di un importante operatore del settore della Comunicazione Online, che ritiene necessario un ripensamento del modo in cui viene "proposto Internet" alle imprese, da parte del mercato della Pubblicità Online.

I problemi sono oramai noti e le soluzioni?

Building a brand today means finding, reaching, engaging and influencing people through highly fragmented channels in a volatile media marketplace bent -- as we well know at AOL -- on consolidation. Dwindling CMO tenures and budgets are dialing up the pressure to do all of this more measurably but no less creatively than ever before. And while digital media offer great promise based on their reach, targeting and cost, they also leave brand marketers confused by the sheer number of choices and frustrated that they're so hard to manage.

As one marketing exec recently told me, "No one's sure how to use the space to really tell our story. For the past 100 years, we've really relied on TV -- sight, sound, motion -- to tell the brand story. Now there's a lot of confusion about what to use and how it works." We've spoken to many of you as we've set about rebuilding AOL into an ad-supported business. And while some of you feel at home in the online space, many of you are anxious that you're not getting what you need or are just getting by. I think I know why.


Comprendere le difficoltà degli investitori pubblicitari


You've been largely abandoned by the digital companies who've rushed into this space. Or more specifically, your needs as marketers -- as complex and idiosyncratic as they are -- have been ignored by technologists who believe they've never met a marketing problem that an algorithm can't solve on its own. So instead of partners who spend time understanding and solving your specific problems with ingenuity and integration, you get wave after wave of vendors pushing single-minded technologies that create even more fragmentation.

Cue the headache. Now, you may be thinking, "Just what we need, another old-media guy blaming everything on technology and waxing nostalgic for simpler times." And you'd be wrong. In creating Platform-A to anchor our ad-supported strategy, we invested heavily in assembling the finest online-advertising technologies available. Along with these technologies came some of the most accomplished developers and programmers in the world. Their integration into Platform-A means we can compete technologically with anybody in this space.

You know what I'd expect you or any good marketer to say to that? "Big deal," followed by, "How's all of this going to help me do my job?" Here, you'd be right. Too often digital marketing is defined by technological capabilities rather than unique brand goals. When we lead with technology, especially technology that can be used by anyone willing to purchase or to bid, we ignore the fact that your jobs are to solve business problems that are becoming more multidimensional by the month.

When we lead with people who can understand these various dimensions and help you choose the right combinations of tools, platforms and technologies, creating truly integrated branding experiences, we put the focus squarely where it should be: on you, the customer, and your specific needs. That, I'm afraid, is what is sorely missing in our industry.

If marketers are confused about the online-marketing space, that's our fault, not yours. Too few of us are sitting down with creative executives to see how they're being asked to push emotion through smaller windows with just as much engagement. Too few of us are willing to work side by side with media executives to understand the consumer mind-set before recommending a new targeting profile. And too few of us are putting our arm around a CMO and actually leaning into -- not running away from -- transparency and measurability.

Ascoltare, comprendere, elaborare, proporre.

This isn't about invading your companies with teams of sales trainees doling out lattes and messaging you about how important you now are to them. The thing is, smiles and prizes are no substitute for listening -- and then committing to actually do something with what we hear. We need to ditch the entourages, power down the projector and grab a chair across from our customers. Listen to your individual stories and understand your pain points.

Take that knowledge back to the shop and fashion something that fits you just right. Then, and only then, will we have a chance to turn marketer confusion into a sense of confidence that comes with harnessing the full potential of digital marketing to solve a business problem. At AOL, we've put our money where our mouth is on all of this.

Recognizing that success starts with our ability to work directly and daily with chief marketers and their agencies was a core part of our rebuild strategy and the key reason we've been moving our audience business to New York. We knew we needed something more permanent than a traveling roadshow to connect with our customers if we were serious about aligning the company against their needs. Does listening guarantee success? Of course not.

Our solutions, customized as they may be, will still be only as good as their weakest link -- which requires a high level of creativity and technical sophistication. But in an economic environment that mandates that companies tighten the screws, especially on marketing, I can't imagine how we can succeed without drilling deep to link our solutions directly to core business problems -- and then have the guts to measure them within an inch of their lives.

As you can imagine, I get asked often about the economy's effect on the media business. To me, the answer is simple: Marketers will continue to spend on media that can prove return on investment and drop the ones that can't. You'll continue to spend on technologies that promote creativity, not stifle it. You'll continue to spend with companies that care to listen, not just pitch. And you'll continue to spend with people who understand your frustrations and can help you, if not return to simpler times, gain confidence that you're finally harnessing the power of digital media -- and not subject to it.

Sono d'accordo con Randy Falco, quando dice che le imprese continueranno ad investire i loro budget sui media in grado di offrire un chiaro ritorno sugli investimenti, ma è anche vero che è necessario fornire loro gli strumenti per l'integrazione di tutti i media all'interno del piano di comunicazione.

In un prossimo post, vorrei offrire qualche suggerimento su come ripensare i contenuti degli eventi, dei progetti di informazione, dei white paper, volti non più alla promozione del mercato di Internet, ma alla sua creazione. E' un importante cambio di paradigma.

Stay tuned.

L'immagine è di sir.fukface.

sabato, novembre 08, 2008

Paper Planes Party Ben Remix 



Party Ben si è spinto un po' più in la in questo Mash up che esce dal suo solito stile.

A voi giudicare, se è di vostro gusto.

Idea Man e i creativi nell'era digitale 

Un'altra strepitosa vignetta di Doug Savage.

venerdì, novembre 07, 2008

Broadcast e Social Media: quali punti di contatto? 


La rete sta creando nuove forme per la distribuzione dei contenuti, per l'aggregazione delle audience e per lo sviluppo di nuovi format, da cui i broadcaster possono attingere idee e modelli.

Il vero problema sono i modelli di business che i nuovi servizi cosiddetti 2.0 certamente hanno ancora trovato.

I broadcaster dovranno aprirsi, salvaguardando gli asset che ancora detengono.

E' un grosso problema, perché i broadcaster hanno tutto da perdere e poco da guadagnare. Se rimangono così come sono, perderanno ulteriormente pubblico, se cambiano troppo, corrono il rischio di cannibalizzare ulteriormente il loro business attuale.

La grande sfida riguarderà pertanto il lavoro di integrazione tra i "paid media" e gli "earned media".

giovedì, novembre 06, 2008

IAB Forum 2008 (seconda parte) 


La relazione di Marco Bernocchi è stata particolarmente interessante e densa di spunti su cui riflettere, anche perché ha ben sintetizzato alcune evidenze, frutto del lavoro dell'Osservatorio IAB Italia/Accenture sul mercato della comunicazione digitale in Italia.

Il mercato della comunicazione digitale in Italia non si trova più nella fase di sviluppo, è un mercato che si sta consolidando, ma che agisce ancora con logiche artigianali, quando a livello internazionale ci si scontra con player che competono a livello globale.

E' un mercato ancora molto frammentato, ma che si trova oggi ad operare in condizioni molto diverse rispetto a dieci anni fa.


Sono cadute le barriere all'ingresso per la comunicazione digitale. Se prima erano basse, oggi la disponibilità di strumenti del Social Web, danno l'opportunità a tutti, anche a chi non ha alcuna competenza informatica, di poter creare una propria presenza online.

Proprio quando cadono le barriere all'entrata, si innalzano quelle al successo. Diventa sempre più difficile farsi notare in rete, a causa di un affollamento che cresce esponenzialmente e a causa di una ancora maggiore frammentazione dei pubblici.

Ecco che la mia osservazione, diventa realmente pertinenente.

Non è così vero che ci sia una resistenza da parte delle imprese ad investire una maggior parte del loro budget sui media digitali. Si tratta invece di una difficoltà oggettiva a farlo.


Molte imprese sono perfettamente consapevoli delle potenzialità offerte dalla rete per la comunicazione, ma non si trovano nelle condizioni di poterne cogliere i benefici, a causa di una pressione competiva da parte dei concorrenti (presidio dei media di massa), mancanza di competenze interne, scarsa cultura sui media digitali, scelte strategiche spesso imposte dall'altro, ma anche a causa di un sistema di offerta ancora non adeguato.

Sono convinto che l'analisi quantitativa dello spending, rilevata da IAB Italia, sottovaluti le altre forme di comunicazione digitale e che quindi le imprese spendano di più di quanto appaia.

Ci sono nuove agenzie che producono audiovisi di rete, che progettano campagne di comunicazione non convenzionale, programmi di Internet Pr o eventi online, che svolgono attività di consulenza strategica a supporto della comunicazione digitale il cui lavoro sfugge alle rilevazioni statistiche.


La verità è che l'advertising online, pur essendo un'importante componente della comunicazione digitale, ne rappresenta solo una delle forme possibili.

Sono convinto che la pubblicità online sia destinata a crescere molto nel prossimo anno, nonostante la crisi, ma che le forme alternative di comunicazione in rete cresceranno molto di più.

I diversi anelli della catena della comunicazione digitale, si stanno rendendo conto che non possono operare da soli e che è necessario operare con logiche di network.


Alleanze, partnership, fusioni e acquisizioni, sono necessarie, perché le esigenze dei big spender sono molto cresciute e richiedono oggi un approccio più strategico e molto più strutturato.

In tutto questo le grandi agenzie di comunicazione ed i centri media sono un elemento di freno, perché ancora ancorati a modelli di comunicazione del passato.

Marco Bernocchi, ci fa notare che la comunicazione digitale richiede molti più sforzi rispetto al passato. Sono finiti i tempi dell'acquisto dei paginoni centrali sulle riviste, nelle pianificazioni media molto remunerative.

Oggi a parità di investimenti, scendono i prezzi e ci vuole molto più lavoro, tanto, che c'è un tasso di conversione tra i dollari analogici e i centesimi digitali, di cui tenere conto.
Le prospettive di crescita per il comparto della comunicazione digitale sono buone, ma c'è tanto lavoro da fare sul fronte della professionalità, che dovrà crescere molto.

Occorre anche rendersi conto che il lavoro di acculturazione del mercato, dovrà essere fatto dagli operatori, perché se non lo faranno loro, non ci sarà nessun altro che in questo momento lo farà per loro.

Anche IAB Italia dovrà tenere conto di tutto questo, quando progetterà la prossima edizione dello IAB Forum, che richiederà un'ulteriore dose di concretezza.

E' vero che i mercati sono conversazioni, ma le conversazioni non sempre formano i mercati.

mercoledì, novembre 05, 2008

IAB Forum 2008 (prima parte) 


Ho partecipato anche quest'anno, (come di consueto) allo IAB Forum 2008.

Le prime considerazioni

E' un evento che migliora di anno in anno e che è diventato il punto di riferimento in Italia della comunicazione on line. E' stato progettato con grande attenzione e si vede, tutti i numeri lo dimostrano: sono aumentati i partecipanti, gli espositori e anche l'attenzione da parte dei media è molto maggiore rispetto al passato.

E' molto migliorata anche la qualità della pubblicazione che ogni anno IAB Italia, distribuisce in occasione del forum, in questa edizione ci sono molte più case histories e i diversi articoli sono molto più focalizzati rispetto al passato.

Le presentazioni e i relatori

I diversi relatori che ho avuto modo di ascoltare, hanno fatto tesoro delle critiche passate e hanno inquadrato con maggiore precisione i temi affrontati nelle loro presentazioni, finalizzate non più ad una generica promozione di Internet, ma a quella dell'advertising on line nelle sue diverse forme.

Le relazioni di Paolo Duranti di Nielsen Media Research e di Marco Vernocchi di Accenture, hanno offerto diversi stimoli interessanti e meritano a mio avviso un post specifico.

Molto interessante il dibattito moderato da Luca De Biase, che purtroppo per mancanza di tempo non è riuscito ad entrare in profondità sui diversi temi, come avrebbe voluto.

Marco Montemagno ha chiuso la mattinata, con un intervento all'insegna dell'entertainment.

Non voglio soffermarmi ora sulle diverse presentazioni (su cui avrò modo di scrivere più in dettaglio), anche perché sono scaricabili dal sito dell'evento, vorrei invece offrire una mia prima valutazione personale sulla manifestazione, visto che Mauro Lupi, vicepresidente di IAB Italia, ha sollecitato feedback e suggerimenti da parte dei partecipanti e ha garantito che tutti i commenti verranno analizzati dagli organizzatori con interesse ed attenzione.

Obiettivi raggiunti?

Gli investimenti sulla comunicazione online crescono ancora a due cifre, nonostante la crisi, ma non come ci si aspetterebbe. I diversi relatori che si sono succeduti sul palco, si sono giustamente interrogati su cosa si debba fare per stimolare ulteriormente il mercato al fine di ridurre le ultime resistenze nei confronti di Internet quale "medium per la comunicazione pubblicitaria". Roberto Binaghi di OMD, ha osservato che il mercato ha i suoi tempi e che è controproducente cercare di forzarne le decisioni.

L'agenda dello IAB Forum è molto migliorata rispetto agli anni passati, ma c'è ancora molto da fare.

Alcuni anni fa, lo IAB ha cambiato pelle, con una trasformazione, a mio avviso molto importante. La trasformazione da Internet Advertising Bureau, a Interactive Advertising Bureau ha rappresentato un importante allargamento della sua mission. Nonostante questa decisione, IAB ITALIA, rimane fortemente "Internetcentrica".

Comunicazione Interattiva significa televisioni digitali, digital signage, comunicazione mobile e non solo Internet. Questa scelta che appare un po' corporativa, riduce di molto la portata strategica dell'evento organizzato da IAB Italia.

Perchè non inserire nell'agenda principale i diversi interventi di grande spessore che la Sipra ha organizzato nel suo stand, dove si è parlato di tv digitali, di nuovi modelli pubblicitari, di fruizione crossmediale con un Carlo Freccero particolarmente in forma?

Se è vero che l'evoluzione del Web porta nuovi strumenti come blog, wiki, audiovisivi di rete, podcast quali sono le ragioni per investire in pubblicità online, quando un'impresa potrebbe creare e distribuire gratuitamente i suoi "corporate content"? Questo è un interrogativo che non ha ancora avuto risposta.

Rimane ancora troppo grande il divario tra una mattinata in cui sono stati forniti elementi (anche interessanti) di scenario ed un pomeriggio in cui si è entrati nella tecnicalità degli strumenti.

Gli investitori pubblicitari rimangono ancora confusi, perché a fronte di nuovi strumenti di comunicazione a loro disposizione, non dispongono di adeguate chiavi di lettura per poterli utilizzare coerentemente all'interno di un piano integrato di comunicazione.

Internet cresce, ma IAB Italia mostra ancora un complesso di inferiorità. "Il mercato non capisce, nonostante la realtà dei fatti ci dia ragione."

Come è stato fatto notare, la responsabilità per la crescita del mercato è degli operatori, che devono adattarsi alle logiche con cui ragionano le imprese.

I contenuti della seconda giornata, leggendo il programma, scendono nel dettaglio, si parlerà, tra le altre cose, di search engine marketing, web analytics, buzz marketing. Questo è un fatto positivo, ma solo quando viene fornita anche una visione di insieme, che temo la presentazione di case histories, non potrà dare.

Ha ragione Vernocchi quando considera il comparto della comunicazione on line, composto da "artigiani del digitale", che ancora devono fare il salto verso "'l'industria digitale." E' un problema di cultura più che di dimensioni di mercato.

Lo IAB non dovrebbe difendere l'orticello dei suoi cento e passa associati, ma farebbe meglio ad allargare la sua visione, perché non rappresenta ancora la comunicazione interattiva come vorrebbe e potrebbe.

martedì, novembre 04, 2008

Se bastasse un blog 


Nel 1999 Eros Ramazzotti ha pubblicato "In ogni senso", un album che "contiene pezzi che lo proietteranno nel panorama internazionale e che lo faranno diventare uno dei principali protagonisti della scena musicale (wikipedia).

Non, sono un fan di Eros Ramazzotti, che mi scuserà se utilizzo metaforicamente il suo pezzo di apertura dell'album, al di fuori del suo naturale contesto.

..se bastasse una vera canzone
per convincere gli altri
si potrebbe cantarla più forte

visto che sono in tanti

fosse così fosse così

non si dovrebbe lottare per farsi sentire di più


Si potrebbe quindi estendere il ragionamento in tanti ambiti, anche in quello della comunicazione di impresa.

Sarebbe bello se bastasse un blog per dimostrare di voler conversare o una piattaforma di CRM per convincere gli altri di essere un'impresa orientata al servizio, purtroppo non è così.

I Social Media sono stati anche definiti "earned media" perché a differenza dei "paid media", la "valuta" di riferimento è la reputazione.

In rete contano i contenuti e le opinioni, ma anche e soprattutto le intenzioni, per questo i "fake blog" sono così irritanti per tante persone, proprio per la loro natura non autentica.

Per aprire un blog o un qualsiasi tool del Social Web, bastano pochi minuti, invece per imparare a "stare in rete", ci vuole un atteggiamento attivo e umile, una volontà di volerlo fare, con tutti i rischi, ma anche tutte le soddisfazioni che questo comporta.

In rete ci sono i troll, i polemici, i contestatori, gli opportunisti, come nella vita reale, ma ci sono anche tante persone straordinarie che possono offrire idee, ma anche il loro contributo personale per qualsiasi necessità che un'impresa possa avere, a condizione che il confronto sia sincero e paritetico.

Sono evidenti, gli obiettivi di un'impresa: vendere i suoi prodotti, creare profitti per alimentare la sua crescita, ma perché non ricreare le condizioni per un marketing più sostenibile, evitando di promuovere prodotti che non servono realmente alle persone o di creare in modo artificioso bisogni inutili. Perché non sfruttare le straordinarie opportunità della rete per creare proposizioni di valore insieme ai clienti?

Molte imprese non hanno paura della rete, a causa dei commenti negativi, ma perché la rete è un enorme specchio che riflette cose che non è bello sentirsi dire e che per lungo tempo si è deciso di nascondere sotto il tappeto. Le conversazioni hanno luogo comunque, anche senza di noi.

Ha ragione Dave Evans quando a proposito della rete dice:

"you can actually create a significant and defensible market position based on solid social acceptance. The Social Web, used correctly, is all about what your community of supporters cand do to help you build your business.

Per fare tutto questo è necessario imparare a cedere il controllo (che comunque non si ha più)

As a marketer you do not want to control your audience, If that is your only recourse, you are better off not using social media at all.

Una canzone non basta per cambiare le cose e nemmeno un blog e questo lo ha capito molto bene chi lo ha aperto unicamente per dimostrare la sua presenza in rete, alimentandolo con un post pubblicato ogni tanto e scritto con poca convinzione.

Tutto questo traspare e non basterà più cantare più forte.

lunedì, novembre 03, 2008

Non si può far chiudere la Reiss Romoli 

L'eccellenza con il cuore 

Negli ultimi quindici anni ho lavorato con tantissimi enti di formazione e con diversi poli universitari, ma c'è un luogo che ha sempre avuto uno speciale posto nel mio cuore.

E' la Scuola Superiore Guglielmo Reiss Romoli, dell'Aquila, un centro di eccellenza per la formazione sulle tecnologie della comunicazione con cui ho collaborato per tantissimi anni.

Questa scuola ha formato diverse centinaia di professionisti delle telecomunicazioni, che oggi lavorano per gli operatori telefonici italiani e anche esteri ed è stato il punto di riferimento in Italia nella formazione tecnica e manageriale nell'ambito delle telecomunicazioni.

Qualuno ha giustamente fatto notare che la SSGRR "ha svolto negli anni un ruolo, per molti versi equivalente a quello delle Grandes Ecoles francesi, la cui finalità, è lo sviluppo delle professionalità, di eccellenza da avviare alle carriere statali , parastatali e nelle grandi imprese nazionali a partecipazione statale".

La scuola era il grande fiore all'occhiello di Telecom Italia, che come è noto, si trova in difficoltà e ha ritenuto per questo di doverla abbandonare al suo destino. Oggi la Reiss Romoli è a rischio chiusura.

Se qualcuno giustamente pensa che le telecomunicazioni siano un settore strategico per il nostro Paese, una scuola come la SSGRR non può e non deve chiudere.

Questo è il blog della scuola, qui invece la raccolta di firme per salvarla dalla chiusura.

Connessioni 


Sentirsi giovani dentro.

Hanno una certa età, ma insistono a mettersi i jeans (con la piega), anche se li detestano e si vede.

Ascoltano musica rap, parlano di programmi televisivi che hanno incominciato a seguire, ma solo per rimanere al passo; leggono le riviste cult, frequentano le conferenze che trattano temi innovativi.

Hanno sentito molto parlare di Facebook, blog, You Tube e hanno pure acquistato gli ultimi libri che ti spiegano come utilizzare tutti gli strumenti della rete per un marketing all'avanguardia.

Sono persone molto aggiornate ma che rimangono sempre in superficie, perché l'età passa per tutti e lascia il suo segno, ma soprattutto perché non puoi rinnegare chi sei e da dove vieni.

Non è necessario mettersi i jeans se non li si trova comodi, si può continuare ad ascoltare Thelonious Monk e avere gusti controtendenza se si ha un'identità forte e distintiva e se si è capaci di confrontare i propri gusti con garbo, accettando quelli degli altri.

Rincorrere le tecnologie

Non si può star dietro alla velocità del progresso tecnologico, si rischia di continuare a correre a vuoto, moda dopo moda, sempre alla ricerca della prossima "killer application".

Le tecnologie possono essere un fattore abilitante, oppure una scorciatoia per le menti pigre.

Non c'è budget.

L'accesso ai media, la scarsa disponibilità di mezzi finanziari, sono solo un pretesto per i manager che non fanno comunicazione, perché se si regalasse loro, 30 minuti di spazi televisivi in prima serata sui principali canali, siamo sicuri che al di là degli spot, avrebbero qualcosa di significativo da dire?

Nuovi strumenti, vecchi paradigmi.

Si cerca di farsi largo in rete, considerandola ancora come un insieme di spazi da occupare (il blog, il social network, la piattaforma di videosharing), invece di trovare il modo di migliorare la qualità delle connessioni con la "parte abitata della rete".

Faremmo meglio a posare per un attimo i manuali for dummies e tornare a leggere Rostand, per riuscire a trovare le parole giuste, che sono già dentro di noi e che non siamo riusciti ancora a pronunciare.

Possiamo anche aprire un nuovo blog, ma se non abbiamo niente di significativo da dire, sarà un ulteriore contenitore vuoto che andrà ad inquinare lo spazio mediale.

I mercati sono connessioni.

Non hanno molta dimestichezza con Internet, ma hanno tanta buona volontà. Non hanno fretta, hanno sempre aspettato. Non hanno aperto un sito fino a che non hanno compreso come creare valore per i loro pubblici.

Non si limitano a studiare, esplorano, sperimentano tutto in prima persona, sbagliano e imparano. Oggi hanno capito che stanno vivendo in un mondo in profonda trasformazione e ne vogliono far parte in modo attivo e consapevole.

Non cercano di essere ciò che non sono, ma non hanno paura di confrontarsi. Ascoltano, adattano il loro comportamento quando è il caso, ma sanno che ci sono dei momenti in cui è importante saper dire di no e pronunciarlo con convinzione, perché non è vero che il cliente ha sempre ragione.

Hanno capito che se si vuole essere ascoltati è meglio parlare di ciò che interessa il nostro interlocutore ed evitano accuratamente di monipolizzare le conversazioni, anche in rete.

Sono i manager che hanno compreso che i mercati sono connessioni.

L'immagine è di amirphotography

domenica, novembre 02, 2008

Enjoy Eleonore 



Era un po' di tempo che non riproponevo i Beatles, questa volta remixati con i Depeche Mode.

Mankind is no Island 



La cultura della rete, la ricerca di nuovi linguaggi espressivi, influenzano il modo di raccontare attraverso il video.

Mankind is no Island è un cortometraggio di Jason van Genderen, realizzato interamente con un cellulare e vincitore del Tropfest, uno dei più importanti festival di "short film", che ha luogo ogni anno in Australia.

Intenso, struggente è poetico, è un richiamo all'arte dell'ascolto empatico per seguire il filo che lega gli essere umani.

via Mauro Lupi.

Mashup Generation 

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