domenica, giugno 29, 2008

Piccoli Segnali 

Domani tengo la seconda ed ultima parte di un corso intensivo sul Social Media Marketing.

C'è il presidente di una società molto interessato a questi temi che ha deciso di iscrivere al corso tutto il top management della sua azienda ed è già una buona cosa. Per dare un segnale deciso partecipa anche lui.

Dal mio punto di vista questi piccoli segnali, valgono mille dichiarazioni.

La foto è di LoopZilla

Tv World 

sabato, giugno 28, 2008

Avanti con circorspezione 


Un'altra grande opera di Mattijn

Conversazioni significative 



Conversare è importante, consente di crescere, ma è anche vero che molte conversazioni, sono solo una perdita di tempo e non sono vere conversazioni.

Interessante, la provocazione di IntelligentMomentum, normalmente quando si propongono temi molto caldi, le reazioni sono scarse o inesistenti, vediamo quante persone reagiranno.

Pomplamoouse Video Song 



VideoSong by Jack Conte -Starring Nataly Dawn

venerdì, giugno 27, 2008

La sindrome del controllo 



A distanza di anni questo simpatico video è ancora attuale.

Può anche essere letto come una piccola metafora che descrive la sindrome del controllo di cui molte imprese soffrono quando devono creare e diffondere dei contenuti.
  • Metti il nostro logo ben in vista.
  • Ma il prodotto non si vede bene.
  • Cita il nome dell'amministratore delegato.
It is not about you, it's about them.

giovedì, giugno 26, 2008

Brand Routine 


Cattiva reputazione, pessimo servizio uccidono un brand, ma anche la routine.

Ci ho pensato oggi passando di fronte ad un ristorante che frequentavo con regolarità e che ha un discreto menu, un buon rapporto prezzo/qualità ed un ottimo servizio, ma che non si rinnova da oltre dieci anni.

La routine uccide le relazioni e anche le marche.

Casualmente mi sono imbattuto in questo post di Olivier Blanchard, che ha ottimamente espresso il concetto con due citazioni molto azzeccate.

"The arrogance of success is to think that what you did yesterday will be sufficient for tomorrow."

- William Pollard.

"Over time, unchanging relationships can turn into shackles that limit an organization's flexibility and lock it into active inertia. Established relationships with customers can prevent firms from responding effectively to changes in technology, regulations, or consumer preferences."

- Donald Sull

E' vero che è inutile aggiustare qualcosa che non si è ancora rotto, ma le relazioni, anche quelle di brand, ogni tanto vanno rinfrescate.

Credits per l'immagine

It's a Social World 


Molto bello il mosaico, composto dai loghi di oltre 1000 servizi di Social Web, ma ancora più bello che questa mappa sia cliccabile e utilizzabile come screenshot.

Se non la si guarda solo come un gadget, si ha la chiara sensazione di quanti cambiamenti ci siano stati in pochi mesi.

Siamo solo all'inizio.

mercoledì, giugno 25, 2008

Media personali e sociali 


Le persone hanno un grande bisogno di esprimersi a livello individuale e collettivo, per questo Personal Media e Social Media sono due lati della stessa medaglia. E' infatti molto difficile distringuere i confini tra le due dimensioni.

Non posso che essere d'accordo con Chris Saad quando scrive:

Personal Media means that we need to understand that human beings are not just social - they are also private. Personal.

Personal Media includes your friend’s shared items. It includes the comments you leave on blogs. It includes Social Media. But it also includes private updates. Updates from your Intranet. Updates from your family. Updates from broadcast media. Updates that matter to you - no one else.

It even means re-structuring our online interactions around the person - rather than around social tools. User-centric initiatives like DataPortability play a key role in the continued personalization of the web.

Personal Media is about recognizing that people are social and private. They are interested in personal experiences.

The person - the user - is at the center.

Se si vorrà approfondire l'analisi, sarà necessario scendere molto più in dettaglio analizzando le relazioni tra i contenuti, i metacontenuti e le conversazioni attivate per differenti segmenti di utenza, perché termini come sociale e personale sono relativi.

Fonte dell'immagine Chris Saad

martedì, giugno 24, 2008

Creativity Always Builds on the Past 



La creatività si diffonde senza intermediari quando ci sono le condizioni giuste.

Creativity today 

Fonte: Gerd Leonhard

Pubbliche relazioni in fermento 


Mentre il mondo dell'advertising si accosta al digitale con grande circospezione, i professionisti delle pubbliche relazioni stanno compiendo una profonda riflessione sull'impatto delle rete sul loro modo di intendere la comunicazione.

Osvaldo Adinolfi di Edelman Italia (via Mauro Lupi), descrive una delle relazioni della Edelman Summer School, quella di Rick Murray, presidente di Edelman Digital.

Secondo Edelman il futuro della comunicazione è digitale ed il suo successo dipende da pochi semplici concetti.

CONTINUITY. Una vincente moderna comunicazione digitale si deve ormai basare sulla continuità: del dialogo, della relazione, della interattività. Non sarà più sufficiente e nemmeno immaginabile, in futuro, inserire un video dalle potenzialità virali su YouTube e lasciare che produca da solo i propri possibili risultati (contatti). “Digital is not like Adv: one shot.” Ha sottolineato Rick con quella forza che proviene da una grande passione.

Noi abbiamo bisogno di generare una relazione, di costruire una conversazione, di nutrire costantemente un dialogo basato sulla reciproca stima e fiducia. E questo richiede tempo ed impegno. “Digital needs continuity: especiacially continuous commitment and continous engagement”. Le aziende che non intendono investire le giuste risorse per garantire questa continuità nel tempo, farebbero bene a desistere dall’intraprendere questa strada.

CONTENT DRIVEN. Nel futuro del digitale non sarà più la creatività d’impatto a generare attenzione e coinvolgimento; bensì la rilevanza dei contenuti. E questo futuro non è poi così lontano. Già da oggi, infatti, è possibile assistere ad un evidente successo di tutte quelle campagne di comunicazione digitale che fanno leva sul “content providing” piuttosto che su di una mera (spesso gratuita) creatività.

Esse generano valore per il target coinvolto, invitandolo ad una discussione interattiva basata sugli argomenti di reciproco interesse. Dopotutto i Blog, i Forum, i Wiki, le stesse Community non nascono dalla volontà di stupire con effetti speciali, quanto dalla volontà di condividere le proprie passioni ed i relativi contenuti. “Don’t think (creativelly) digital... BE DIGITAL!!!”

DIGITAL CULTURE vs digital division. Finchè le tecnologie digitali rimarranno appannaggio di poche persone il vero cambiamento strategico, da una tradizionale ad una moderna e vincente comunicazione, non avverrà mai in pieno. Le strutture aziendali (clienti ed agenzie) non dovrebbero più limitarsi ad avere una (piccola) divisione tecnologica; dovrebbero diffondere una cultura digitale in tutta la loro realtà professionale.

Coinvolgendo tutti i dipendenti in diversi livelli di training. “Digital should not be a corporate division. Digital must be a corporate culture, behavior, philosophy and strategic approach. It’s not just about designing a new department but is about re-defining the whole corporate and marketing communication. Digital should move from a nice-to-have tool to a must-have strategic approach to communication”.

Diventare utenti è l'unico modo per assorbire la cultura digitale.

La sfida digitale per le agenzie di pubblicità 


Non ho mai compreso la vera ragione per cui le agenzie di pubblicità hanno fin dall'inizio avversato con tanta convinzione la comunicazione digitale.

A parte l'evidente cannibalizzazione del loro core business incentrato sullo "spot", c'è un gap culturale ancora molto profondo che non è ancora stato colmato.

Un interessante articolo di Idris Moote, dal titolo: Google is WPP, Omnicom and Publicis' Nightmare, contribuisce a chiarire le ragioni del rapporto conflittuale tra le agenzie di comunicazione e la rete.

The biggest problem in the industry is in the traditional media and old school ad agencies, there’s a serious talent and capability gap that no way can be filled, no matter how hard they try. Then there’s a big cultural problem as they are organized around creative directors. It is kind of a star culture; it is the opposite of the web. Our culture is not only collaborative and multi-disciplinary in nature.

The opportunity is in the digital. Asking old school agencies to do bring digital to the core is like asking a sushi chef to prepare steak tartar, you think there’s no cooking needed for both. It simply won’t work.

Non è forse una sfida l'ibridazione? Non è detto che un sushi chef non possa imparare a preparare una steak tartar se solo lo volesse, ma questo è tutto un altro paio di maniche.

Mai sentito parlare della cucina fusion?

Does your homosapiens know? 



Mashup - Abba v/s Pete Shelley

La tv generalista 

Un'altra strepitosa vignetta di Doug Savage.

lunedì, giugno 23, 2008

Questione di punti di riferimento 



Questo progetto di BBDO Auckland ha vinto il Clio Award 2008 nella categoria innovative media.

Sarebbe molto interessante se i premi della pubblicità potessero essere organizzati con differenti giurie, visto che i pubblici della comunicazione pubblicitaria si stanno frammentando e sempre più spesso hanno riferimenti culturali diversi, ma non credo che accadrà mai.

domenica, giugno 22, 2008

Instant content 


Solo poche ore fa ho fissato alcuni pensieri sul concetto degli instant content.

Riprendendo la definizione del dizionario che solitamente utilizzo, ci accorgiamo che il termine instant non ha necessariamente a che vedere con il ciclo di vita del contenuto stesso che può essere anche lungo.

Una delle definizioni più interessanti per chi si occupa di marketing del termine instant è la seguente:
  • occurring, done, or prepared with a minimal amount of time and effort; produced rapidly and with little preparation
La riduzione dei tempi e dei costi di produzione, aggregazione e trasformazione dei contenuti digitali, consente alle imprese un riutilizzo di materiale di cui già dispongono.

Sharon Housley spiega con molta chiarezza come nuovi tool consentano oggi alle imprese di creare nuovi contenuti a partire da quelli esistenti, facendo l'esempio dell'instant podcast.

We are taught to recycle paper, cans, bottles and plastic but marketers rarely discuss the value of repackaging and repurposing content. Publishers and marketers alike have embraced content syndication and RSS but few have considered the value beyond the actual syndication. Consider an alternative communication channel that reaches a new or different audience.

Repurposing and repackaging content or information so that it can be consumed through a variety of mediums is not a new concept. Many businesses today sight increased communication as a common goal. Cost conscious businesses with tight budges are often interested in minimizing work loads and cost, while increasing communication.

By presenting the same information in different ways and formats, businesses are able to increase the reach and communication, while remaining cost conscious.
Businesses quickly found that power point presentations could be converted into technical articles, or forum posts could be ported to become a basis for a list of frequently asked questions.

Along a similar vein webmasters have located a new advent in repurposed content is reusing text articles by converting them into audio podcasts
.


Una delle attività di consulenza su cui sono attualmente più impegnato riguarda proprio il riutilizzo di contenuti di marketing, più che la produzione di nuovi materiali.

I cambiamenti in atto stanno mettendo in crisi quelle agenzie di comunicazione abituate ad essere remunerate sulle attività di produzione. Le nuove tecnologie digitali di comunicazioni stanno modificando le logiche aziendali e le loro scelte di tipo make or buy.

Il creativo oggi non si deve limitare allo sviluppo di nuove idee, ma deve lavorare soprattutto come abilitatore per consentire ai propri clienti nuove modalità di connessione con i loro differenti pubblici.

Solitamente i pubblicitari danno una connotazione negativa al termine riciclo e hanno ragione, perchè come giustamente fa notare Sharon Housley, si parla oggi sempre di più di repackaging e repurposing dei contenuti per nuovi utilizzi e nuovi destinatari.

Per queste ragioni il termine instant assume oggi delle valenze molto più ampie.

Instant culture: pensieri in evoluzione 



Sto preparando una giornata sul Social Web e come di consueto, ho pensato di creare un instant video, per introdurre i temi che verranno affrontati.

Gli instant video non hanno pretese di "impatto", hanno solitamente lo scopo di introdurre, stimolare la conversazione e offrire un breve punto di vista.

Sono solitamente "contestualizzati" ad una situazione specifica o sono ideati avendo ben in mente un preciso pubblico di riferimento, nonostante vengano poi distribuiti sulle diverse piattaforme di videosharing e spesso riutilizzati al di fuori del contesto originario in cui erano inseriti.

Uno degli elementi che li contraddistingue è la loro serialità, volta alla creazione di un'identità distintiva dell'autore. Questi contenuti vengono rielaborati, remixati e costituiscono la base culturale comune per la progettazione di nuovi contenuti e di nuove forme stilistiche.

E' interessante notare i nuovi generi specifici che si stanno "formando" per gli audiovisivi di rete, con linguaggi anche molto differenziati tra diversi gruppi di persone che condividono filosofie, modi di pensare e visioni estetiche.

Dietro al termine instant video, si apre un mondo che va dall'instant streaming di un evento, all'instant vlogging, insomma una cultura più che una tecnica, visto che gli strumenti di produzione non divergono poi molto da quelli canonici già utilizzati nella web communication.

Il significato del termine instant ha diverse connotazioni
  • a particular moment: at the instant of contact.
  • occurring, done, or prepared with a minimal amount of time and effort; produced rapidly and with little preparation
  • the point of time now present or present with reference to some action or event
Tutte le attività di microblogging hanno ad esempio una componente relazionale che pone i contenuti all'interno di contesti temporali di riferimento.

Strumenti come ustream, mogulus, scribblelive, danno un nuovo valore al concetto di live, ripensato in chiave partecipativa.

Gli instant content, possono naturalmente essere fruiti anche a distanza di tempo, ma se giudicati al di fuori del processo di comunicazione in cui solitamente sono opportunamente inseriti, corrono il rischio di essere sottovalutati.

Occorre precisare che gli instant content che possiamo trovare su Internet non hanno nulla a che fare con gli instant book, le compilation e tutti quei contenuti che vengono prodotti per sfruttare economicamente una moda o un evento.

Questo post è stato scritto di getto e molti concetti qui espressi subiranno una naturale evoluzione anche grazie alle vostre riflessioni. Immagino già che qualcuno potrebbe obiettare che il post di un blog è per sua natura un instant content, ma credo che il ragionamento possa essere esteso e questi sono solo alcuni stimoli.

sabato, giugno 21, 2008

Cluetrain Art 



Cluetrain Art Cloud - generato con Wordle

The Sponsored Tube Map 

venerdì, giugno 20, 2008

Citazioni e conversazioni 



Gli utenti in rete non si fermano alle apparenze. Bello questo video direbbe qualcuno, ma questo come ogni altro video in rete si rivolge ad un pubblico specifico, con un linguaggio e codici che altri non potrebbero capire.

Per capire la citazione, occorrerebbe frequentare la rete o vivere in Inghilterra, conoscere George Sampson, avere familiarità con il format televisivo.



Nessun video di successo distribuito sui Social Media vive isolatamente, ma è inserito in un contesto conversazionale che ha precisi riferimenti culturali.



Non è il video, è il suo significato, la forma della comunicazione in un determinato momento, il significato che assume all'interno di un flusso conversazionale, il tono, il modus a decretarne il successo.

Ecco perché video del tutto simili possono avere livelli di gradimento completamente differenti.

"I love you because you are the other half of my soul."

Ansia da prestazioni 


I pubblicitari si offendono terribilmente quando faccio loro notare che il metro di giudizio che adottano per il loro lavoro: l'ottenimento di premi, non solo è fuorviante, ma soprattutto controproducente in questo periodo di grandi cambiamenti.

Nonostante la teoria della pubblicità abbia definito una serie di metodologie per la misurazione degli effetti di una campagna pubblicitaria, si tratta solitamente di proxi, risulta infatti molto difficile misurare gli effetti di una campagna pubblicitaria, isolandoli rispetto all'insieme delle altre azioni che solitamente le imprese compiono.

Ricevere un premio per una campagna di comunicazione gratifica il pubblicitario e sicuramente anche l'azienda cliente, ma come accade in tutti i concorsi, non sempre c'è una correlazione diretta tra il successo di critica ed il successo di mercato, ma non è di questo che vorrei scrivere.

Sono convinto che la "tensione al premio", quando si tratta di comunicazione in rete, abbia un effetto devastante sulla qualità della stessa, soprattutto perché in rete le persone, si confrontano, valutano ed esprimono le loro opinioni.

Scopo di una presenza on line è quella di creare delle connessioni significative con i propri pubblici di riferimento, non si ragiona in termini di share.

Pensate quanto possa essere snervante in una relazione di qualsiasi genere, avere una controparte con l'ansia da prestazione. Lo scopo di una relazione è la relazione stessa, non la "prestazione".

Questa è una delle ragioni per cui mi trovo molto scettico ad esempio sulla creazione di video virali, progettati a tavolino per essere "trasmissibili", più che per creare valore di marca attraverso il dialogo.

I ragazzi di Ninja Marketing forse possono venire in mio soccorso, poiché temo di essere stato poco chiaro.

"Molti pensano che basti fare qualcosa di divertente ed irriverente per realizzare un viral. In realtà le persone (basta parlare di target) si scambiano contenuti che parlino di loro, che rafforzino il loro legame tribale.

Progettare un Viral significa lavorare ad un progetto di Senso aperto che sia una piattaforma che le persone possano usare per dirsi qualcosa che li riguardi. Nell’intimo.

Perché un Viral abbia successo bisogna studiare bene un pubblico di riferimento, una tribù, che vogliamo rappresenti il nostro pubblico di penetrazione. Capire bene qual è il senso che attribuiscono al loro stare insieme, al loro essere tribù (valore di legame) e lavorare per creare qualcosa che sia rilevante per loro.

Forse sarebbe il caso di andare ancora oltre, superando il concetto di contenuto virale.

In rete non si giudica un contenuto con gli stessi criteri di un concorso, le relazioni sono un'altra cosa. In una conversazione non conta poi molto se i nostri argomenti sono colti, divertenti o brillanti, quanto la capacità di ascolto e di sapersi adattare al flusso della conversazione stessa, altrimenti abbiamo a che fare con un esercizio di stile.

Una conversazione richiede impegno e costanza ed un reale interessamento agli altri.

La conversazione è naturale e quando è forzata si vede e da molto fastidio ai nostri interlocutori. Non è forse vero che tutte le volte che si cerca di impressionare chi ci ascolta, si corre il rischio di ottenere effetti devastanti?

Forse i pubblicitari farebbero bene ad avere una maggiore autostima, non serve a nulla continuare ad autoflagellarsi, quanto prendere atto che le agenzie vengono da Marte, mentre le persone in rete, vengono da Venere.

Credits per l'immagine.

mercoledì, giugno 18, 2008

Ripensare i modelli della consulenza e dei servizi delle agenzie di pubblicità 


Il mercato per i consulenti di marketing e per le agenzie di comunicazione è profondamente cambiato negli ultimi due anni per alcuni aspetti.
  • Internet ed in particolare una parte dei contenuti generati dagli utenti e distribuiti sui Social Media sono una miniera di nuove idee a cui attingere, molte imprese stanno tornando a fare da sole anche grazie alla diffusione di nuovi strumenti che consentono loro di comunicare direttamente con i loro pubblici a costi del tutto contenuti
  • E' finita l'era del consulente arroccato sulla torre d'avorio che si limita all'analisi strategica, molte analisi e ricerche sono disponibili on line a costo zero
  • Il costo della produzione dei contenuti si sta abbassando notevolmente, questo rappresenta una grande opportunità, ma anche una minaccia per le agenzie di comunicazione.
In generale, quando le idee circolano liberamente in rete e quando il prezzo per l'accesso agli strumenti di produzione si abbassa così tanto da avvicinarsi allo zero, occorre che la value proposition per consulenti e per le agenzie di comunicazione venga totalmente ridefinita.

Come da anni continua a ripetere Kevin Kelly, Internet è una grande macchina fotocopiatrice e questo per qualcuno rappresenta una grande fonte di preoccupazione.

"When copies are free, you need to sell things which can not be copied."

Quali sono le cose che non possono essere copiate?

Kevin Kelly, cita il trust e la necessità di ripensare i driver di valore, secondo la prospettiva dei clienti.

Sicuramente ci sono alcune cose che oggi creano valore e su cui occorrerebbe tornare a focalizzarsi:
  • la capacità di creare le tendenze, più che inseguirle
  • la capacità di facilitare la formulazione di nuove visioni
  • la capacità di fare risparmiare le aziende proponendo soluzioni sempre più efficaci
  • la capacità di guidare le imprese, lavorando insieme a loro, ma non sostituendosi ad esse
Secondo Kevin Kelly ci sono oggi categorie di valore intangibile su cui è possibile lavorare. La sua analisi che riguarda in particolare prodotti che stanno diventando liquidi come i libri, i contenuti, la musica ed il software è a mio parere, valida anche per il mercato della consulenza.

Immediacy -- Sooner or later you can find a free copy of whatever you want, but getting a copy delivered to your inbox the moment it is released -- or even better, produced -- by its creators is a generative asset. Many people go to movie theaters to see films on the opening night, where they will pay a hefty price to see a film that later will be available for free, or almost free, via rental or download. Hardcover books command a premium for their immediacy, disguised as a harder cover. First in line often commands an extra price for the same good. As a sellable quality, immediacy has many levels, including access to beta versions. Fans are brought into the generative process itself. Beta versions are often de-valued because they are incomplete, but they also possess generative qualities that can be sold.

Immediacy is a relative term, which is why it is generative. It has to fit with the product and the audience. A blog has a different sense of time than a movie, or a car. But immediacy can be found in any media.

Personalization -- A generic version of a concert recording may be free, but if you want a copy that has been tweaked to sound perfect in your particular living room -- as if it were preformed in your room -- you may be willing to pay a lot. The free copy of a book can be custom edited by the publishers to reflect your own previous reading background. A free movie you buy may be cut to reflect the rating you desire (no violence, dirty language okay). Aspirin is free, but aspirin tailored to your DNA is very expensive. As many have noted, personalization requires an ongoing conversation between the creator and consumer, artist and fan, producer and user. It is deeply generative because it is iterative and time consuming. You can't copy the personalization that a relationship represents. Marketers call that "stickiness" because it means both sides of the relationship are stuck (invested) in this generative asset, and will be reluctant to switch and start over.

Interpretation -- As the old joke goes: software, free. The manual, $10,000. But it's no joke. A couple of high profile companies, like Red Hat, Apache, and others make their living doing exactly that. They provide paid support for free software. The copy of code, being mere bits, is free -- and becomes valuable to you only through the support and guidance. I suspect a lot of genetic information will go this route. Right now getting your copy of your DNA is very expensive, but soon it won't be. In fact, soon pharmaceutical companies will PAY you to get your genes sequence. So the copy of your sequence will be free, but the interpretation of what it means, what you can do about it, and how to use it -- the manual for your genes so to speak -- will be expensive.

Authenticity -- You might be able to grab a key software application for free, but even if you don't need a manual, you might like to be sure it is bug free, reliable, and warranted. You'll pay for authenticity. There are nearly an infinite number of variations of the Grateful Dead jams around; buying an authentic version from the band itself will ensure you get the one you wanted. Or that it was indeed actually performed by the Dead. Artists have dealt with this problem for a long time. Graphic reproductions such as photographs and lithographs often come with the artist's stamp of authenticity -- a signature -- to raise the price of the copy. Digital watermarks and other signature technology will not work as copy-protection schemes (copies are super-conducting liquids, remember?) but they can serve up the generative quality of authenticity for those who care.

Accessibility -- Ownership often sucks. You have to keep your things tidy, up-to-date, and in the case of digital material, backed up. And in this mobile world, you have to carry it along with you. Many people, me included, will be happy to have others tend our "possessions" by subscribing to them. We'll pay Acme Digital Warehouse to serve us any musical tune in the world, when and where we want it, as well as any movie, photo (ours or other photographers). Ditto for books and blogs. Acme backs everything up, pays the creators, and delivers us our desires. We can sip it from our phones, PDAs, laptops, big screens from where-ever. The fact that most of this material will be available free, if we want to tend it, back it up, keep adding to it, and organize it, will be less and less appealing as time goes on.

Embodiment -- At its core the digital copy is without a body. You can take a free copy of a work and throw it on a screen. But perhaps you'd like to see it in hi-res on a huge screen? Maybe in 3D? PDFs are fine, but sometimes it is delicious to have the same words printed on bright white cottony paper, bound in leather. Feels so good. What about dwelling in your favorite (free) game with 35 others in the same room? There is no end to greater embodiment. Sure, the hi-res of today -- which may draw ticket holders to a big theater -- may migrate to your home theater tomorrow, but there will always be new insanely great display technology that consumers won't have. Laser projection, holographic display, the holodeck itself! And nothing gets embodied as much as music in a live performance, with real bodies. The music is free; the bodily performance expensive. This formula is quickly becoming a common one for not only musicians, but even authors. The book is free; the bodily talk is expensive.

Patronage -- It is my belief that audiences WANT to pay creators. Fans like to reward artists, musicians, authors and the like with the tokens of their appreciation, because it allows them to connect. But they will only pay if it is very easy to do, a reasonable amount, and they feel certain the money will directly benefit the creators. Radiohead's recent high-profile experiment in letting fans pay them whatever they wished for a free copy is an excellent illustration of the power of patronage. The elusive, intangible connection that flows between appreciative fans and the artist is worth something. In Radiohead's case it was about $5 per download. There are many other examples of the audience paying simply because it feels good.

Findability -- Where as the previous generative qualities reside within creative digital works, findability is an asset that occurs at a higher level in the aggregate of many works. A zero price does not help direct attention to a work, and in fact may sometimes hinder it. But no matter what its price, a work has no value unless it is seen; unfound masterpieces are worthless. When there are millions of books, millions of songs, millions of films, millions of applications, millions of everything requesting our attention -- and most of it free -- being found is valuable.

The giant aggregators such as Amazon and Netflix make their living in part by helping the audience find works they love. They bring out the good news of the "long tail" phenomenon, which we all know, connects niche audiences with niche productions. But sadly, the long tail is only good news for the giant aggregators, and larger mid-level aggregators such as publishers, studios, and labels. The "long tail" is only lukewarm news to creators themselves. But since findability can really only happen at the systems level, creators need aggregators. This is why publishers, studios, and labels (PSL)will never disappear. They are not needed for distribution of the copies (the internet machine does that). Rather the PSL are needed for the distribution of the users' attention back to the works. From an ocean of possibilities the PSL find, nurture and refine the work of creators that they believe fans will connect with. Other intermediates such as critics and reviewers also channel attention. Fans rely on this multi-level apparatus of findability to discover the works of worth out of the zillions produced. There is money to be made (indirectly for the creatives) by finding talent. For many years the paper publication TV Guide made more money than all of the 3 major TV networks it "guided" combined. The magazine guided and pointed viewers to the good stuff on the tube that week. Stuff, it is worth noting, that was free to the viewers. There is little doubt that besides the mega-aggregators, in the world of the free many PDLs will make money selling findability -- in addition to the other generative qualities

Per altri versi, il mercato non è invece cambiato, nella misura in cui è sempre disponibile a pagare un prezzo se e quando trova un valore che riconosce come tale.

C'è un mercato per l'acqua minerale, nonostante la disponibilità dell'acqua potabile dal proprio rubinetto e c'è anche un mercato per la comunicazione e per la consulenza, a condizione che si esca dalla logica delle commodity.

martedì, giugno 17, 2008

Veline e calciatori: un modello di sviluppo 


Siamo un popolo di ciechi e vittimisti.

Siamo ciechi perché non vediamo o facciamo finta di non vedere, che gli altri Paesi si stanno muovendo e noi siamo fermi.

Siamo anche ciechi perché non riusciamo a vedere che anche da noi ci sono grandi talenti, che vengono costantemente emarginati, che non vengono aiutati ad emergere e che non vengono mai ascoltati.

Siamo vittimisti, perché continuiamo a lamentarci e non facciamo nulla per rompere le catene dell'immobilismo e perché non ci ribelliamo a chi consapevolmente frena il cambiamento e perché continuiamo a sognare un modello di sviluppo basato su calciatori e veline.

Succede che George W. Bush, venga in visita in Italia e voglia incontrare gli imprenditori italiani, non quelli delle grandi società, non sono certamente un modello interessante e non hanno poi molto da dire oggi.

Il presidente degli Stati Uniti incontra i nuovi imprenditori, quelli a cui le banche non vogliono dare credito, quelli che non hanno peli sulla lingua e che sono abituati a parlare chiaramente, persone come Marco Palombi, uno dei fondatori di Splinder, una piattaforma di blogging made in Italy, recentemente venduta al Gruppo RCS.

Marco Palombi riporta sul suo blog, l'incontro con George Bush è il fatto che il presidente americano sia stato realmente ad ascoltarlo, tanto è vero che le sue dichiarazioni sono state riportate sul sito della Casa Bianca.

Interessante il passaggio in cui Marco spiega al presidente Bush, il "sogno italiano" basato essenzialmente su calciatori e veline.

La cosa più incredibile, come fa notare Roberto Lo Jacono nei commenti al post di Marco è che questo incontro è stato in larga parte ignorato dalla stampa italiana, forse perchè più che di un segnale forte, si tratta di un invito al cambiamento troppo imbarazzante per il resto del Paese e per una certa classe imprenditoriale.

lunedì, giugno 16, 2008

Repeat After me 



Cari pubblicitari, ho visto il vostro nuovo video manifesto dell'Adci.

Visto che proprio non riuscite a liberarvi dall'ossessione dei premi, ho provato a produrre anche io un video, pur non essendo un creativo. Ci ho lavorato circa 12 minuti, editing compreso, così giusto per avviare una conversazione, sperando che possa essere produttiva.

L'immagine è di betapundit
Le musiche di DjAlias JY

On line Branding v/s On line Advertising 


Costruire una migliore e più evoluta presenza on line, questo è lo scopo delle imprese su Internet.

L'online branding è la sistematica ricerca di creazione di valore per tutti i pubblici di riferimento.

Se tanti progetti non hanno successo sul web è forse perchè molti confondono l'Advertising con il Branding. In alcuni casi l'advertising on line riesce a creare valore, in moltissimi altri, questo non succede. Migliorare la propria presenza on line non significa necessariamente riempire la rete di spot e di messaggi pubblicitari.

Branding e Advertising non sono termini intercambiabili hanno significati diversi.

Mi piace la definizione di Whisper che spiega la relazione tra i due concetti:

Branding is demonstrating, advertising is explaining. What you fail to demonstrate, you are left to explain.

The most effective brands demonstrate their value, knowledge and understanding of consumer wants and needs rather than explaining themselves.

Un brand è rappresentato dall'esperienza dei suoi clienti e non dalle promesse fatte dalla pubblicità.

L'esperienza è sempre una percezione personale, che si crea dal confronto tra le proprie aspettative (ma anche quelle di altre persone di cui ci si fida) e le esperienze realmente vissute.

In un mondo interconnesso dove le persone si confrontano e conversano, le congruenze/ incongruenze tra promesse e mantenimento delle stesse vengono più facilmente a galla.

Si può alzare il tiro aumentando le promesse (a costi pubblicitari crescenti) per aumentare la soglia dell'attenzione, oppure si può aumentare la propensione all'ascolto dei propri pubblici, il livello di servizio e di empatia, aumentando la propria credibilità.

Sono d'accordo con l'analisi dei consulenti di Whisper quando scrivono:

The more a brand relies upon an adulatory message – We Are Better, We Offer More, We Cost Less, We Make A Difference – the higher the advertising expense.

Adulatory claims are an advertising strategy.

Anyone can make an adulatory claim. And, anyone can top the last one.

Adulatory claims require a constant and expensive media presence. Which may be okay if an organization has the annual advertising budget of a Fortune 500.

Creare una significativa presenza on line significa dimostrare che i valori della marca, dichiarati anche attraverso la comunicazione di marketing trovano un reale riscontro nella vita delle persone.

L'immagine è di Sfview, riprende un famosissimo pay off di Avis.

domenica, giugno 15, 2008

La citazione di Marketing Usabile 

"Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l'ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai!"

Luigi Pirandello - Sei personaggi in cerca d'autore

Il nuovo corso della comunicazione pubblicitaria 



Questo dovrebbe essere il nuovo manifesto dell'Art Directors Club Italiano.

Ok avete scoperto You Tube, il video non è poi così originale, ma non è nemmeno questo il problema.

Siete davvero sicuri che in questo mondo della comunicazione che cambia, la priorità sia sempre quella di vincere premi?

Ma dov'è l'autostima professionale?

L'industria dell'esperienza 



Certe imprese e certe agenzie di comunicazione sono così impegnate nella progettazione esteriore di un'esperienza di marca, affinché essa risulti memorabile, da dimenticarsi gli elementi fondamentali: il prodotto, il servizio e la soddisfazione generale del cliente.

Ha ragione il commentatore che su You Tube pone divertito una domanda che non è per nulla ingenua:

"But the most important thing; Did it taste nice? :D"

E' incredibile quanto molti confondano l'esperienza con la spettacolarizzazione.

Il magico mondo di Flickr 



C'è la rete produttiva, quella dei motori di ricerca, che ti aiutano a trovare l'informazione, quella dei siti di informazione e del commercio, che ti risolvono i problemi quotidianamente.

C'è la rete conversazionale, quella che si mette in gioco e che mette insieme le menti sulla base dello scambio delle idee, del confronto, della crescita della conoscenza.

C'è la rete creativa, quella che non ti stancheresti mai di guardare, con occhi sognanti, stupiti e al contempo grati di potere avere la possibilità di nutrirsi di tanta bellezza.

Delle altre reti se ne occupa la stampa scandalistica, quella della notizia sensazionalistica e della superficialità.

Perchè alla fine ognuno ricerca la rete che preferisce, perchè in rete c'è tutto e perchè in rete cerchiamo noi stessi, per quello che siamo, ma anche per quello che vorremmo diventare.

La foto è di Cayusa

Baroque 



A tribute to Susumu Yokota

sabato, giugno 14, 2008

Mash me Amadeus 



SoundMash by DJ Schmolli
VideoMash by KvE (Falco vs. Nelly)

venerdì, giugno 13, 2008

Drag and Drap World 



Chi lo ha detto che il prodotto debba per forza sempre essere il protagonista di uno spot?
Meno di due minuti di buon umore e la gente sembra apprezzare.

Update: per chi ha avuto modo di andare sul sito indicato a fine spot, troverà una buona coerenza, tra i contenuti dello spot e i main benefit del prodotto.

Ancora sull'engagement 


E' proprio vero, come diceva Abraham Maslow, che se l'unico attrezzo di cui si dispone è un martello si vedranno tutte le cose come chiodi.

Negli ultimi due anni ho letto centinaia di articoli che parlavano di coinvolgimento. L'engagement è un mantra ripetuto con grande convinzione dalle più importanti agenzie di pubblicità.

Non sono in grado di descrivere in poche parole che cosa sia l'engagement, ma è senso comune pensare che se si vuole coinvolgere una qualunque persona si comincia ad interessarsi a lei, si trattano argomenti di suo interesse e non si parla di ciò che invece interessa noi.

Tra le dichiarazioni di principio e le campagne di comunicazione che comincio a vedere anche sui siti di Videosharing c'è ancora una grande distanza.

Nonostante le buone intenzioni si continuano a replicare modelli mutuati dai mezzi tradizionali, i giochi, i concorsi a premi, i contest, per carita niente di male, ma non spacciamo queste cose come innovative.

L'esempio della campagna internazionale di Sloggi è emblematico:

Ricomincia la sfida! Il concorso più divertente dell\'estate ritorna alla grande. Partecipa anche tu per diventare la ragazza o il ragazzo Sloggi 2008! Registrati e invia una tua foto a figura intera con il viso e il fondoschiena in primo piano. Vota gli altri partecipanti per vincere una fantastica fotocamera Sony e raggiungi la community Sloggi per conoscere nuovi amici da tutto il mondo. In più scopri le novità di quest\'anno: video, musica, downlaod e tanto altro. Iscriviti subito!

E' pur vero che Sloggi si rivolge ad un target specifico giovane, ma è possibile che il coinvolgimento sia solo questo?

Eppure gli esempi non mancano, sarebbe troppo facile citare aziende come Honda, che hanno espresso nelle diverse campagne di comunicazione una grande attenzione ai loro pubblici attraverso una ricerca sul linguaggio volto a creare emozione e vero coinvolgimento, con diverse campagne dai budget milionari.

Basterebbe mostrare un interesse più genuino nei confronti dei propri pubblici e soprattutto rispettare la loro intelligenza per incominciare ad ottenere più interesse.

Per coinvolgere occorre mettersi in gioco, non basta più dare un incentivo, ciò che qualcuno chiama l'instant gratification.

Le persone vogliono partecipare al processo di marketing, delle imprese, ma a modo loro, altrimenti è solo una sceneggiata.

Investire a metà 


Si è molto scritto delle imprese reattive, quelle che arrivano sempre dopo, che procedono per imitazione, che non riescono mai a distinguersi e la cui comunicazione rimane senza infamia e senza lode. Sono imprese che seguono l'onda e che raramente sbagliano, anche se perdono grandi opportunità di mercato.

Le imprese di cui si è scritto ancora poco sono quelle che investono a metà. Sono le prime che si sono buttate su Internet, che hanno aperto un'isola su Second Life, che hanno creduto nell'innovazione, ma che hanno seguito superficialmente.

Ne ho conosciute diverse quando lavoravo in un centro media. Sono imprese che prima di altre, hanno deciso di progettare un sito e di promuoverlo con una campagna di pubblicità on line. Spendevano molto sulla parte infrastrutturale del sito e sull'acquisto degli spazi, ma risparmiavano sui contenuti e sulla creatività.

Ancora oggi ne vedo molte, seguite da agenzie che le assecondano in tutto e per tutto, per paura di perdere il cliente.

Sono aziende che oggi hanno un blog e che hanno prodotto un buon numero di video che riversano su siti di videosharing come You Tube, ma che non guarda nessuno, perchè non hanno voluto investire sull'idea, sulla ricerca creativa, sul progetto di comunicazione.

Sono aziende che fanno tutto e tutto a metà. Spendono centinaia di migliaia di euro per uno scatto fotografico del fotografo di grido, ma ritengono eccessivo quando qualcuno propone loro di aumentare il numero di creatività per una campagna banner in modo da differenziare meglio il messaggio in funzione dei diversi pubblici a cui vogliono rivolgersi.

Sono aziende che leggono le riviste di comunicazione, conoscono tutte le nuove piattaforme, ma non le hanno mai sperimentate in prima persona dai loro manager.

Sono aziende che delegano tutto, anche la strategia, il cui brief è sempre incompleto, salvo poi dare la colpa all'agenzia che li segue, per non aver ottenuto risultati soddisfacenti.

Sono aziende che cambiano l'agenzia di comunicazione quando le cose non vanno bene, ma non la strategia, perchè quella rimane sempre la stessa.

Sono aziende che non pagano la consulenza, perchè quella la ottengono sempre gratis, non rendendosi conto che alla fine pagano molto di più, anche se i costi non sono espliciti.

La dura verità e che in molti casi gli investimenti a metà non generano nemmeno ritorni dimezzati.

L'immagine è di Steve Crane

giovedì, giugno 12, 2008

Common People (slashup) 



A mashup of the old animated Star Trek series and William Shatner's cover of Pulp's "Common People." Done in the style of K/S stories, kinda. Therefore, a "slashup." - by kirkslashspock

Dalla serie Star Treck si è sviluppata nelle varie fanzine una storia parallela che raccoglieva gli indizi di una presunta relazione tra Kirk e Spock.

Almost from the beginning, fans noticed the loving nature of the relationship. A few fan writers started speculating about the possibility of a sexual relationship between Kirk and Spock. The Kirk/Spock phenomenon eventually took on a life of its own, and became one of the driving forces in Star Trek fanzines during their heyday.

Nuovi intrecci, nuove modalità narrative dalla fantasia dei fan

Slash fiction is a genre of fan fiction, largely written by women, that focuses on the depiction of romantic (and often sexual) relationships between two or more male characters, who may not be engaged in relationships in the canon universe. While the term originally was restricted to stories in which one or more male media characters were involved in an explicit adult relationship as a primary plot element, it is currently more generally used to refer to any fan story containing a pairing between male characters. The term is also sometimes applied to fiction focusing on relationships between female characters; however, some fans distinguish femslash as a separate genre.

The name arises from the use of the slash symbol (/) in the description of the primary pairing involved in the story, as compared to the ampersand (&) conventionally used for friendship fiction. (Fonte Wikipedia)

Nuovi creativi progettano formati di comunicazione che si ispirano ad una reinterpretazione di generi alternativi.

Quando il marketing deve fare un passo indietro 


La vicenda di Sergio Sarnari di cui ho parlato in due post, è stata analizzata come una case history di marketing, ma rappresenta soprattutto un caso umano.

Un buon numero di blogger si è mobilitato per chiedere all'amministratore della Mosaico Arredamenti di ritirare la denuncia di diffamazione contro Sergio, spiegando al titolare dell'impresa le ragioni per cui sarebbe per lui conveniente farlo, senza entrare nel merito della vicenda su cui non è possibile pronunciarsi sia perchè molti non hanno le competenze per farlo, ma soprattutto perchè non si dispone di tutti i fatti, ma solo del racconto di una parte in causa.

Trovo molto corretto l'approccio dell'appello, perchè si è volutamente utilizzato un linguaggio che l'impresa conosce molto bene, quello della convenienza. Indipendentemente da chi abbia torto o ragione, non è certo il Tribunale il luogo migliore nel quale risolvere una disputa con un cliente insoddisfatto. Un'impresa dovrebbe considerare che il "capitale reputazionale" può essere intaccato quando si usano metodi sbagliati per fare valere le proprie ragioni (su cui lo ripeto non intendo entrare).

Mauro Lupi
ha descritto in un post la vicenda e ha spiegato in un successivo commento in modo chiaro ed esauriente le ragioni per cui lui non ritiene di aderire all'iniziativa collettiva che ha trovato espressione nella lettera aperta che verrà inviata all'amministratore della Mosaico Arredamenti. L'opinione di Mauro è del tutto legittima.

Io ne faccio una questione di principio, di garantismo e di valorizzazione delle leggi, quindi non una questione per questo caso specifico. Mi spiego: così come ritengo giusto che chiunque sia libero di esprimere la propria opinione, altrettando fondamentale deve essere il diritto di denunciare un presunto danno ricevuto.

Capisco la situazione per cui una denuncia, seppure errata nel merito come sembra essere quella in oggetto, è sempre una cosa delicata e antipatica da gestire, ma l'eventuale ritiro della denuncia dovrebbe essere motivata per il suo contenuto e non dall'opportunità o dai risultati sui Google. Sennò si perde il senso del giusto/sbagliato per quello che disciplinano le leggi.

Insomma, spero che l'azienda denunciante sia motivata dal ritirare la denuncia perché si rende conto che è sbagliata nell'oggetto e non perché i blogger si sono agitati e perché è cattivo marketing.

Rispetto ogni scelta personale, ma mi sembra interessante cogliere l'occasione per alimentare il dibattito in corso, spiegando le ragioni per cui non sono d'accordo con Mauro, persona che tra l'altro seguo e stimo da tantissimi anni. Questo è stato infatti il mio commento al suo post.

Non sono per niente d'accordo su quanto scrivi Mauro, il problema non è comprendere se l'azienda Mosaico Arredamenti abbia più o meno ragione, nessuno è mai entrato nel merito della vicenda, anche perché giustamente non si dispone di tutti i fatti e molti non hanno le competenze necessarie per esprimere un giudizio. Il vero problema è far comprendere che non è il Tribunale il luogo dove discutere con un cliente insoddisfatto. Manca in Italia una cultura del servizio, per questo si ricorre subito agli avvocati e spesso le persone non hanno il coraggio di prendere posizione perchè quando si è esposti non è conveniente farlo. E' ovviamente il mio giudizio personale.

Improvvisamente mi è tornato in mente un vecchio post di Guy Kavasaki che mi aveva a suo tempo molto colpito che evocava l'importanza di comportarsi da persona umana, utilizzando un'espressione Yiddish: It's important to be a "mensch":

Someone to admire and emulate, someone of noble character. The key to being “a real mensch” is nothing less than character, rectitude, dignity, a sense of what is right, responsible, decorous.

Cosa significa per Guy Kavasaky comportarsi da persona umana?
  1. Help people who cannot help you. A mensch helps people who cannot ever return the favor. He doesn't care if the recipient is rich, famous, or powerful. This doesn't mean that you shouldn't help rich, famous, or powerful people (indeed, they may need the most help), but you shouldn't help only rich, famous, and powerful people.
  2. Help without the expectation of return. A mensch helps people without the expectation of return--at least in this life. What's the payoff? Not that there has to be a payoff, but the payoff is the pure satisfaction of helping others. Nothing more, nothing less.
  3. Help many people. Menschdom is a numbers game: you should help many people, so you don't hide your generosity under a bushel. (Of course, not even a mensch can help everyone. To try to do so would mean failing to help anyone.)
  4. Do the right thing the right way. A mensch always does the right thing the right way. She would never cop an attitude like, “We're not as bad as Enron.” There is a bright, clear line between right and wrong, and a mensch never crosses that line.
  5. Pay back society. A mensch realizes that he's blessed. For example, entrepreneurs are blessed with vision and passion plus the ability to recruit, raise money, and change the world. These blessings come with the obligation to pay back society. The baseline is that we owe something to society--we're not a doing a favor by paying back society.
Comportarsi da persona umana per me significa avere il coraggio di prendere posizione anche contro le proprie convenienze, saper dire di no pronunciandolo in modo chiaro quando qualcuno ci chiede di andare contro i nostri principi, avere il coraggio di non essere diplomatici e aiutare chi si trova in difficoltà.

Mi interessa la vicenda di Sergio, perchè è la dimostrazione della totale inesistenza in Italia della cultura del servizio e che frasi come "i mercati sono conversazioni" sono ancora concetti astratti. Il caso di Sergio è importante, perchè anche noi siamo clienti di qualcuno.

E' importante poter dimostrare che i Tribunali dovrebbero essere l'ultima ratio per la disputa dei conflitti, tra imprese e i loro clienti, quando davvero ogni tentativo di ascolto e conciliazione non è possibile.

E' evidente che nella vita ognuno ricopre un ruolo (acquirente, venditore, uomo di azienda...) e che spesso i ruoli possono essere tra loro in conflitto, ma quando ci si comporta da persone umane, i conflitti che sorgono naturalmente possono essere affrontati meglio.

L'immagine è di Strollerdos

Lavorare per emergenze 


Nei diversi anni in cui mi sono occupato di marketing digitale e comunicazione interattiva non si contano le volte in cui mi è stato detto che sono "troppo avanti", per molto tempo l'ho considerato un complimento, ma con il tempo mi sono reso conto che si trattava di un pretesto dei miei interlocutori per non affrontare i temi dello sviluppo e per continuare a lavorare per emergenze.

In Italia lavorare per emergenze è la regola in tutti i campi. Emergenza rifiuti, emergenza sanità, emergenza risorse energetiche, tutto è sempre una costante emergenza. Sono possibili emergenze lunghe quarant'anni?

Per quanto mi riguarda, nonostante mi occupi di innovazione per il marketing, non mi sembra di essere particolarmente avanti, sono solo allineato con il resto dell'Europa. I dati che utilizzo a supporto del mio lavoro sono a disposizione di tutti e certe tendenze sono perfettamente prevedibili.

Suscita in me una certa rabbia, leggere costantemente notizie sensazionalistiche che erano facilmente prevedibili, quando certe tendenze relative all'evoluzione del "panorama mediale" sono una realtà concreta con cui anche noi dovremo fare i conti. Raramente i grandi problemi giungono inaspettati, molto spesso sono la causa di anni di mancata gestione.

Se la comunicazione è un'attività realmente strategica per le imprese, non dovrebbe essere completamente esternalizzata e dovrebbe essere rivista periodicamente alla luce dei cambiamenti in atto, anche se questo richiede anche di mettere in discussione paradigmi oramai consolidati.

In molti progetti di marketing lavoro per emergenze, quando con un minimo di preparazione si potrebbe gestire in modo meno traumatico la turbolenza ambientale ed il cambiamento costante.

Parlo di cambiamento costante, perchè è oramai una certezza.

Mi piacerebbe moltissimo lavorare con un'impresa che anche a fronte di budget piccoli mi desse la possibilità di sperimentare e di operare in modo proattivo e non solo reattivo.

Non sarà che dietro l'emergenza si nasconde una maledetta paura di cambiare? Ma è inutile nascondere la testa sotto la sabbia, dobbiamo cambiare comunque, tanto vale farlo a costi minori e senza troppo stress.

L'immagine è di Programwitch

mercoledì, giugno 11, 2008

Trent'anni portati bene 



"Rock Lobster" is The B-52's' first single, released in 1978 and in a longer version placed on the band's self-titled debut album, The B-52's, one year later. It has become one of their signature tunes, and it helped launch the band's success. "Rock Lobster" was the band's first single to appear on Billboard's Hot 100. The song is mainly instrumental; some instruments used include a twangy, baritone surf-style electric guitar (a Mosrite), a Farfisa or Vox organ, and drums. Unlike most pop and rock songs, no bass guitar was present. Instead, Kate Pierson played the bass line on keyboards.

(Fonte
Wikipedia).

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