venerdì, febbraio 29, 2008

This is hot stuff, don't stop the music 



Craig David + Rihanna - Mashup by Rcortinas - L'esperimento è interessante per la ricostruzione di un mood da club attraverso il montaggio in cui si sono accentuate le tonalità verdi e rossa, non tanto per il remix audio/video.

Il futuro dei media, mass media, new media, next media, personal media 

New Tv Experience 



Oggi che non c'è ancora un mercato definito e che le professionalità non sono ancora adeguate, i contenuti neotelevisivi vengono adattati e non sempre creati ad hoc; eppure stanno emergendo una serie di imprese e agenzie che stanno lavorando nella progettazione dei nuovi contenuti specifici per le diverse piattaforme digitali e per i diversi modelli di fruizione.

Quali contenuti per la televisione in alta definizione, per la futura televisione a 3 dimensioni, per la snack tv e per la web tv partecipativa? Non si tratta di fare salti in avanti, ma di cominciare a ragionare su ciò che comincia ad essere il presente e non più il futuro.

Chi ha già iniziato da diversi anni lavorare su questi fronti si troverà meno spiazzato di fronte al veloce cambiamento del panorama, "televisivo".

Auguri Tommaso per la nuova avventura. L'ostinazione, la perseveranza, anche di fronte ad un mercato che non vuole cambiare, alla fine vengono sempre premiati.

Nel video: la televisione a 3d di Philips - un altro video dimostrativo.

Dalla tv di massa alla massa delle tv 


Dalla Tv di massa, alla massa delle tv, così era intitolato il convegno che ho organizzato con Cesare Massarenti dell'Università Bicocca e Michele Mezza della RAI nel 2005

A distanza di meno tre anni dall'evento, sembra che tutte le previsioni e le tendenze emerse stiano prendendo forma.

Non ho visto il Festival di Sanremo 2008, ma mi sembra che la polemica rovente sulla diminuzione degli ascolti, oramai in caduta libera, sia sterile, perché volta più alla ricerca di capri espiatori che di tentare di ripensare un "modo nuovo di progettare la televisione generalista," che si trova oggi di fronte a nuove sfide.

Possiamo cambiare il conduttore, ingaggiare artisti internazionali, rivoluzionare il format della manifestazione, ma temo che non cambieranno le cose. Il problema è molto più ampio.

La Tv di massa è in crisi, sicuramente sopravviverà, ma dovrà mutare pelle e trovare una soluzione per fornire una risposta ad una serie di tendenze in atto:
  • i contenuti pregiati sono destinati ad essere a pagamento
  • sono sempre meno i grandi eventi in grado di attirare fasce ampie di pubblico e sempre più costosi
  • la pubblicità ed il canone non basteranno più per finanziare la tv generalista, servono modelli di business complessi
  • la fedeltà al "canale" è un'impresa quasi impossibile (il nomadismo delle audience è una realtà), soprattutto quando gli stessi contenuti sono offerti da una pluralità di canali sulle diverse piattaforme
  • Il marketing televisivo delle televisioni generaliste è oggi troppo focalizzato sul prodotto (programmazione e controprogrammazione) e non ha ancora sviluppato la cultura del servizio allo spettatore (audience relationship management) e la gestione della "extended tv experience", introdotte dalle televisioni satellitari (in modo ancora molto primordiale).
  • ci sarà una forte concorrenza non solo sull'offerta di programmi, ma anche sulle modalità di fruizione (mysky, alta definizione, catch up tv.....)
Le televisioni generaliste, stanno abbracciando la multicanalità e stanno cercando di adeguare l'offerta televisiva, ma il tempo non è dalla loro parte.

Oggi la concorrenza di contenuti televisivi e neotelevisivi è ampia e articolata e ai contenuti dell'industria dell'entertainment e dell'informazione si aggiungono quelli prodotti dalle imprese e dagli utenti e distribuiti in rete.

Forse Pippo Baudo è superato, ma non è tutta colpa sua, se gli ascolti del Festival di Sanremo non sono più quelli di una volta.

L'immagine è di Kelane

mercoledì, febbraio 27, 2008

Paese che vai Social Network che trovi 

Diffusione dei Social Network per continente.

Fonte: Greg Verdino

C'era una volta lo spot 

Sex & Advertising 



La pubblicità viene analizzata, smontata pezzo per pezzo. Il sesso continua a vendere.
(Un'analisi delle campagne di Dolce & Gabbana)

Pornografia della pubblicità 



Il punto di vista femminile sulla pubblicità



Pubblicità in crisi di idee?

La morte della pubblicità obbligatoria 


Tutte le ricerche lo rivelano, la gente non detesta la pubblicità, ma la sua intrusività, la sua obbligatorietà. Ciò che è detestato di più è ricevere un messaggio non sollecitato.

Quando la pubblicità è permission based, quando è rilevante, è più gradita.

Oggi la pubblicità televisiva, come d'altronde la maggior parte della pubblicità, è interstiziale, ma spesso viene ignorata e bypassata.

Tivo, i filtri che bloccano i pop up, sono strumenti di difesa dall'invasione selvaggia di una comunicazione non rispettosa delle persone.

In un futuro caratterizzato dalla possibilità di creare palinsesti personali su tutti i media, la pubblcità dovrà essere ripensata.

Un interessante articolo di Brian Steinberg su Advertising Age, affronta il problema della pubblicità scelta dagli utenti e non imposta

L'industria della pubblicità si muove verso nuovi territori

A global consortium of influential marketers, major ad-buying firms and popular media outlets have quietly funded research they hope will solve a tough mystery: As TV viewers exert more control over that small screen in the living room, can they still be persuaded to sit and watch advertising? That's what a project known as "Beyond :30" hopes to discover.

Superare i consigli per gli acquisti

At Murdoch University in Perth, Australia, professor Duane Varan and his staff have run more than 6,500 viewing sessions in which members from a panel of more than 3,000 people are subjected to new kinds of TV commercials -- not your standard quick hit with a reminder to a passive couch-sitter to "Buy now!" but new concepts that demand more concentration and involvement. Statistics gleaned from "Beyond :30" could prove crucial at a time when the TV screen is quickly morphing into something not unlike a computer terminal, with viewers able to click remotes and respond to marketers' entreaties. Already, cable and broadcast networks are starting to use more intrusive, web-like "snipes," or promotions that pop up in the bottom third of the screen. Meanwhile, ad agencies are working to figure out what creative techniques will make passive TV-watchers rouse themselves from their screen-staring stupor to learn more about a sneaker, insurance policy or deodorant.

"There are some people becoming more comfortable with some things on the TV screen because they are used to seeing them on the computer screen," said David Poltrack, chief research officer of CBS, one of the project's backers. The trend offers "a lot of commercial potential, but you want to go very carefully and make sure that you don't alienate or turn off viewers."

Un cambio di paradigma

There's no shortage of ad execs wringing their hands about the future of TV commercials; some are researching the thorny issue themselves or with smaller groups. The twist here is the collaboration across multiple agencies, marketers and media companies. Among the backers of the $1 million-a-year project are Kraft Foods, Kellogg, Procter & Gamble, Microsoft, CBS, Walt Disney's ESPN, Time Warner's Turner Broadcasting, Publicis Groupe's Starcom MediaVest Group and Omnicom Group's OMD. And since the tests are based in Australia, Mr. Varan said, the participants can run ads from other markets that likely have not been seen by panel members, who usually sit in one of six mock living rooms surrounded by hidden cameras and other gear. "Beyond :30" has been up and running since early 2005, but participants cannot discuss its specifics without breaking a nondisclosure agreement. The project's first phase recently wrapped, but results are not likely to surface publicly until the end of an embargo period, after which Mr. Varan and his staff can publish them in academic journals.

Because the consortium has first crack at the data, however, "our clients have an advantage to know whether consumers will respond favorably or not" to dozens of ad concepts, said Helen Katz, senior VP-director of research at Starcom MediaVest Group. Involvement can grant participants a competitive step up. Technology is moving "faster than a lot of us ever predicted," said Andrew Jung, senior director of advertising and media for Kellogg. "Advertisers need to stay ahead of the game." Marketers also believe the studies can help them understand how consumers might react to similar ads that play across websites, MP3 players, video-game consoles and mobile devices, said Terri Richardson, group product manager for Microsoft TV.

L'advertising che verrà

Some of the tests involve video games superimposed over the ads. Others gauge how the average couch potato might react when pausing a recorded program and seeing an advertiser's logo on screen. Another effort involves news tickers -- much like those on CNBC -- that offer information while ads play. Mr. Varan has tested commercial lengths and placements within breaks as well as how many viewings of a commercial it might take before someone clicks in response to a TV ad's invitation. In some cases, he also is monitoring eye movement, heart rate and physiological arousal as people encounter the ads. "It's a number of studies that are starting to pile up and help us form pictures of what the future will actually look like," said Barbara Singer, Kraft's director of strategic media information.

Not everything is a hit. Some experiments reveal ad formats that turn a viewer off or have no effect, said Emma Jenkins, head of digital marketing for Procter & Gamble U.K. Others show that too many elements on screen can affect brand recall. "If you throw a consumer one ball, they'll catch it. If you throw them four or five, they'll drop them all," she said.
When it comes to snaring the attention of a consumer who can click away at the touch of a button, uncertainty abounds. Even so, "Beyond :30" offers a few initial answers. The insights are "helping us shape our strategies," said Ms. Jenkins, in terms of "what sort of new ad models do we want to explore further, and which ones do we want to drop?"

Perchè il dibattito in Italia su questi temi è totalmente inesistente?

L'immagine è di emortality

martedì, febbraio 26, 2008

Le ideologie della blogosfera dura e pura 


Per la blogosfera dura e pura il marketing è il nemico, ma spesso è più questione di forma che di sostanza. Anche in rete, come nella vita reale, i preconcetti sono duri a morire.
  • Se organizzi un barcamp è parli di sponsor qualcuno si irriterà, meglio usare il termine "patrocinatore" è politically correct
  • Se hai un blog non inserire il termine marketing, anche se te ne occupi, meglio utilizzare il tuo nome e cognome, parlare di marketing in un blog personale è più accettabile e non irriterà i "webtalebani"
  • La pubblicità non è tutta uguale, i blogger più irriducibili, sono poi quelli più sensibili ai "consigli per gli acquisti, ma solo di certi prodotti e servizi".
  • I blogger puri e duri si presentano ai barcamp con calzature rigorosamente alla moda e firmate e sono fieri dei loro gadget elettronici altrettanto firmati
Non sarebbe ora di piantarla con le ideologie e con gli stupidi preconcetti?

Le aziende non sono tutte uguali, qualcuna sta cercando umilmente di trovare nuove connessioni con i propri pubblici, ma spesso, ho il sospetto che nella parte abitata della rete, trovino dimora anche dei "condomini" molesti, quelli che fanno ostruzione a prescindere.

Si chiede alle aziende di cedere il controllo agli utenti, perchè oggi non lo possono più esercitare, ma qualche azienda comincia a sospettare che in una blogosfera più ampia, qualcuno potrebbe perdere la propria visibilità e forse unica ragione di essere.

Ci saranno anche i fiorellini, ma un cancello chiuso, rimane chiuso.

L'immagine è di Saksak

La fine di un'era? 


Spesso non si riesce a capire quando finisce un'era e quando ne inizia una nuova, altre volte si.

Segnatevi la data, febbraio 2008. Stiamo entrando in una nuova era per la televisione?

La viewership per la Notte degli Oscar è la più bassa degli ultimi 30 anni, come riporta Advertising Age. Temo che sia un trend inarrestabile. Il Super Bowl tiene ancora, ma non sono poche le aziende che lo ritengono un evento troppo costoso per i risultati che porta.

Last night's Oscars drew the fewest viewers in more than 30 years, reaching an average of approximately 32 million. The Oscars is one of the most-watched -- and, for advertisers, most expensive -- programs on TV. ABC was seeking as much as $1.82 million for a 30-second spot this year, representing an approximately 7% increase over last year's top price of $1.7 million (prices vary depending upon the relationship a marketer has with the network and a host of other factors). The program also was being watched as a potential barometer of the health of broadcast TV, as it was the first big event to air on a traditional broadcast network since the resolution of the months-long writers strike.

The smaller Oscars audience stands in marked contrast to the viewership for this year's Super Bowl, which aired on News Corp.'s Fox. An average of 97.5 million people tuned in to see a barn burner of a game between the then-undefeated New England Patriots and the upstart victor, the New York Giants. The figure made this year's Super Bowl the most-watched version of the contest in terms of total viewers.


The Oscars telecast attracted many blue-chip advertisers, including American Express, Unilever, Coca-Cola and General Motors Corp. The lower ratings come just as networks, media buyers and advertisers are beginning to contemplate the annual "upfront" marketplace, when marketers commit usually commit more than $9 billion for advertising during the networks' prime-time schedule. This year promises tougher going, as the writers strike has helped accelerate ratings erosion for broadcast TV and crimped the networks' ability to develop new shows for the fall.


Se l'anno prossimo qualcosa dovesse cambiare nel modello di business, di ciò che è un format oramai consolidato come la Notte degli Oscar, avremo la certezza che siamo giunti all'inizio di una nuova era.

Stay tuned.

Il pericolo degli User Generated Content 


Adoro i mashup musicali, quelli creativi, che sprizzano energia, altri adorano lo spoof advertising, altri ancora le videoconversazioni.

In Italia fenomeni come Diego Bianchi, vengono invitati alle trasmissioni televisive, ma poi non gli si lascia spazio.

Ha ragione Matteo Balocco quando scrive:

Stasera Zoro è alle Invasioni Barbariche. Un altro invitato dovrebbe essere Giuliano “Sergente Garcia” Ferrara. Fatemi un favore: registrate l’intervento di Zoro e mettetelo su Youtube. Io in televisione non voglio vederlo. Il suo posto è in rete, a 320×240…

Gli utenti stanno già manifestando le loro preferenze e nuovi generi e format si stanno creando in rete, con la conseguenza che questo è tutto tempo sottratto ad altre attività, come guardare la televisione tradizionale.

Secondo uno studio di comScore citato da Ken Rutkowsky, solo nel mese di dicembre 2007 gli utenti hanno guardato nei soli Stati Uniti oltre 10 miliardi di video.

Questi alcuni numeri:
  • 77,6 milioni di viewer hanno guardato 3,2 miliardi di video su YouTube.com (41,6 video per viewer)
  • 40, 5 milioni di viewer hanno guardato 334 milioni di video su Myspace.com (8,2 video per viewer)
  • I viewer hanno guardato una media di 3,4 ore (203 minuti) di video durante il mese di dicembre con un incremento del 34% rispetto all'inizio del 2007
  • La durata media di un video era di 2,8 minuti
  • L'utente medio di video online ha guardato nel 2007 72 video
I trend sono in crescita. I broadcaster stanno cercando di arginare la situazione, ma non hanno trovato ancora una strategia vincente per contrastare i maggiori player.

Gli User Generated Content sono preferiti da molti utenti perchè sono freschi e perchè sono spesso innovativi.

Gli UGC costituiscono un serio pericolo per la conquista del "mercato dell'attenzione".

Se gli utenti non trovano contenuti di loro gradimento, oggi se li vanno a cercare in rete e li trovano.

La foto è di Maxime 2.0

lunedì, febbraio 25, 2008

Hey Baby I love rock'n roll mashups 



C'è Gwen Stefani, c'è anche Britney Spears.... indovina gli altri. L'effetto è esplosivo.

Rescue me from the dog 



Un altro strepitoso Mashup di DJ Surge-N - Rihanna & Jamelia

domenica, febbraio 24, 2008

Ripensare la comunicazione politica, si può fare 

La comunicazione di Barak Obama, candidato alle elezioni 2008, è emozionale e diretta, anche quella dei suoi sostenitori colpisce nel segno.

Si vedono in rete alcune risposte dei supporter di John Mc Cain, che usano invece l'ironia, come questo divertente spoof, del brano di Will.i.am, che riprende "la conversazione".



Anche Barely Political, ironizza e ci mette il suo zampino



La comunicazione politica negli Stati Uniti è molto frizzante e dinamica. Che la battaglia per la conquista degli indecisi avvenga on line è del tutto evidente.

Nel frattempo qui in Italia si scopiazza o si prosegue nella retorica.

Se ai quartieri generali dei diversi partiti leggessero qualche blog, vi troverebbero delle analisi di grande interesse che ovviamente non trovano spazio sui grandi quotidiani.

E' mai possibile che qui in Italia si debba sempre far ricorso ai comici?



Forse sarebbe il caso di lanciare un contest su Zooppa e su Bootb, forse la qualità della comunicazione politica migliorerebbe.

Curiosità 


La foto è di crmel alexis

sabato, febbraio 23, 2008

Contaminazioni 

La musica moderna è il prodotto di una serie di contaminazioni.

Fin da ragazzo sono sempre rimasto affascinato dalle ibridazioni musicali, che hanno avvicinato culture e popoli e creato nuovi generi.

Attraverso la musica si viene in contatto con altri modi di pensare e si possono abbattere le barriere e rimuovere i pregiudizi.

Grazie alla rete si scoprono ogni giorno cose interessanti. Se si parla di musica di ispirazione religiosa, ci viene subito in mente il Gospel, eppure ci sono anche nuovi generi musicali alternativi che si ispirano alla religione cristiana come il Christian Punk. Se non ci fosse stata la rete, non lo avrei mai scoperto.



La cultura musicale ebraica che si è sviluppata nell'Europa orientale attraverso generi come il Klezmer, si arricchisce di sonorità elettroniche, hip hop con artisti come SoCalled e si diffonde in nuovi ambiti.



Artisti di musica Rai del calibro di Khaled, portano avanti un messaggio di emancipazione che è contrario ad ogni idea di fondamentalismo e integralismo religioso e culturale.



I film di Bollywood e le compilation musicali di Buddha Bar, ispirano diversi stilisti, ma non trovano adeguato spazio in radio e in televisione.



Attraverso i siti di videosharing possiamo quindi allargare i nostri orizzonti e finalmente renderci conto, che ci sono altri mondi al di là del nostro naso. Sono mondi che la televisione non ci vuole mostrare.

Generazione Digitale 


La Generazione Digitale, sta già cambiando dal basso e per sempre il modo di comunicare. Questa generazione, non conosce la televisione di flusso e ha già imparato a skippare la pubblicità.

Nella foto di Giuliana Levetan: Nathalie Ann & Emma Carly Goetz

Benvenuti nei mondi virtuali 


Quando mi accostai ad Internet per la prima volta, si parlava di cyberspazio, di mondi paralleli, del tutto simili a quelli reali, si utilizzava sempre il termine virtuale.

"Un fenomeno che non esiste è definito virtuale. Per esteso è definito tale, tutto quello che viene rappresentato in Internet. Vedi pure Cyber".

Oggi la rete è entrata nella vita di molti, (non di tutti) ed i termini reale/virtuale assumono connotazioni nuove, come già scriveva Tony Siino nel 2004:

"Mi rendo conto che spesso nell’approccio ai new media si tende a distinguere pregiudizialmente tra l’aspetto tecnico della comunicazione e il suo essere inserita nel contesto reale della vita di tutti i giorni. Virtuale viene separato da reale.... Cerco di ricordarmi sempre che, non importa se è lontana da me e dietro a un display, ho di fronte una persona. Virtuale e reale.

Oggi se dovessi dare una definizione di virtuale partirei proprio dall'identificazione dei mondi e dei luoghi totalmente slegati dal contesto reale della vita di tutti i giorni, ecco che i mondi della politica e della comunicazione pubblicitaria assumono queste connotazioni.

La comunicazione politica, come quella pubblicitaria parlano oggi per slogan e creano immagini mentali che nulla hanno a che fare con la vita reale delle persone, con le loro esigenze, le loro preoccupazioni, i loro bisogni.

Se un tempo qualcuno diceva che chi sta spesso in rete, lo fa per fuggire dalla realtà, perchè è un disadattato, perchè non riesce a stabilire delle sane relazioni con le persone, oggi avrebbe delle difficoltà a giustificare il suo pensiero. Si può infatti obiettare che essere in rete oggi è al contrario una fuga dal "virtuale" e non dal reale e che spesso in rete si trovano connessioni più reali. Per questo non è assurdo affermare che oggi la televisione è virtuale, mentre la rete è reale.

L'immagine è di Deesillustration

Torino BarCamp 


Mi dispiace moltissimo di non poter andare al BarCamp a Torino, ma lo seguirò nei resoconti dei blog che seguo.
Buon lavoro a tutti.

venerdì, febbraio 22, 2008

Growing Up Live 

Lo sviluppo sostenibile (ultima parte) 



"In a devestated world by men, the only glimps of hope is the memory of a forgotten past. But be careful not to let your dreams control your mind..."

mercoledì, febbraio 20, 2008

Wikibility 



Nella Società della Conoscenza,il compito delle imprese è di creare valore per i propri stakeholder e di progettare, aggregare trasferire conoscenza.

Influenze di rete 


Caro imprenditore, lo so che mi hai detto che la produttività nella tua azienda è calata moltissimo e che i tuoi dipendenti perdono molto tempo in attività inutili, ma visto che leggi il mio blog, posso farti qualche domanda?

Guardi ancora la televisione tradizionale? Se come me passi sempre più tempo in rete, quali sono i contenuti che preferisci?

Hai scoperto almeno un nuovo gruppo musicale? Ti è capitato di vedere un programma neotelevisivo su una nuova piattaforma come Veoh, Babelgum o Joost? Ti è capitato di seguire qualche conversazione in rete su argomenti che non sono trattati dai media tradizionali? Hai acquistato almeno un libro che ti è stato suggerito da un tuo "peer" (amico, collega, blogger)? Quanti quotidiani on line leggi? Quanti internazionali? Utilizzi un aggregatore?

Quali sono i cento blog più rilevanti per la tua attività professionale? Segui solo blog "verticali" oppure anche quelli "trasversali" rispetto ai temi di tuo interesse?

Come stai strutturando il tuo sistema informativo personale? Come le informazioni reperite in rete stanno cambiando il modo in cui lavori e collabori? Quanto tempo dedichi quotidianamente all'informazione e all'aggiornamento professionale?

Gli strumenti collaborativi di rete stanno cambiando il modo in cui organizzi i tuoi progetti di lavoro?

Come definiresti il settore in cui opera la tua azienda? Come sta evolvendo? Quali sono i principali trend in atto? Quali sono i segnali deboli da monitorare con attenzione?

Se ritieni che la "rete" sia importante per la tua azienda, perchè ne limiti l'utilizzo ai dipendenti della tua azienda?Perchè consideri la navigazione su Internet una perdita di tempo? Perchè non responsabilizzi maggiormente i tuoi collaboratori sui risultati e non sulle attività?


Mi piacerebbe tanto saperlo.

L'immagine è di el rapsoda mut

martedì, febbraio 19, 2008

Siwo 

Habibi sawah 

Ari Ari 

Simarik 

Integrazioni di marketing 


Lavorare sul digitale ha sempre comportato la necessità di integrare visioni, competenze e processi.

Quando ho iniziato ad occuparmi di marketing digitale ho immediatamente compreso che la sfida più grossa sarebbe stato l'abbattimento degli steccati e la ricerca di un linguaggio comune.

Fin dai primi progetti di cui mi sono occupato negli anni 95/96, mi sono trovato ad operare con ingegneri, informatici, esperti di comunicazione, persone provenienti dal mondo della consulenza, che parlavano "lingue diverse". Oggi il livello di complessità è aumentato, ma i problemi sono rimasti gli stessi.

Con molto impegno, nei team in cui ho lavorato, abbiamo cercato allargare le nostre menti e a considerare il proprio punto di vista, come uno dei tanti possibili. Abbiamo cercato di fare quello che gli anglosassoni chiamano "cross fertilization", cercando di trasmettere e assorbire gli uni dagli altri.

In azienda ogni progetto prendeva una piega differente in funzione dell'interlocutore (sistemi informativi, marketing, comunicazione, risorse umane), perché si ragionava (e si continua a farlo) a compartimenti stagni.

La progressiva penetrazione di Internet nella "cultura aziendale" ha imposto l'esigenza di ripensare il marketing, imponendo ai creativi una visione più quantitativa e ai "pianificatori del numero", una visione più emozionale dei dati.
Un tempo il marketing digitale era una branca del marketing, oggi tutto è digitale o è in progressiva digitalizzazione. Questo processo non è stato (e lo è tuttora) indolore. Basti pensare ai codici etici dei ricercatori di mercato che prevedeva una rigorosa separazione tra le attività di ricerca di mercato e quelle
di marketing, brand communication e via discorrendo. Oggi attraverso il social web, non è più possibile separare in modo netto le diverse attività nei processi di marketing collaborativo, questo impone un nuovo tipo di "sensibilità".

Un tempo le attività di comunicazione on line ed offline venivano gestite da team differenti sia in agenzia sia dai clienti e anche le metriche di riferimento erano tra loro molto diverse. Oggi la progressiva digitalizzazione delle televisioni e la reciproca influenza dei Mainframe Media e dei Social Media, mette profondamente in discussione concetti come reach, audience, efficacia, attenzione, coinvolgimento, reputation.

Si parlerà ancora per qualche anno di marketing digitale, fino ad una sua naturale scomparsa, perché il futuro del marketing è digitale e tale connotazione non assumerà più alcun significato particolare.

Se ci troviamo di fronte ad un panorama mediale caratterizzato da una progressiva frammentazione delle audience, le sfide che il marketing si troverà a dover affrontare imporrà da una parte una forte integrazione delle diverse competenze di marketing (enlargment & enrichment) e dall'altra una maggiore diversificazione degli approcci di marketing per potere operare con realtà di mercato che hanno esigenze completamente differenti e peculiari e che richiedono una nuova epistemologia della complessità.

L'immagine è di Toby Malloy

sabato, febbraio 16, 2008

Oltre il proprio ombelico 



In un mondo globale la creatività si diffonde attraverso processi di ibridazione e contaminazione, eppure c'è ancora qualcuno che continua a contemplare il proprio ombelico.

Il mashup è anche un incontro fra culture, un ponte tra le menti.

Il V-zine project è una vj community frequentata da artisti che hanno il desiderio di esplorare nuovi linguaggi attraverso i mash up. Il progetto non è andato avanti, ma ha messo in contatto tante persone.

Video mashup - Musica di KnowOne - "Mother India" tratto dall' album Positivity (numero zero - 3-3-2006)

La grande corsa della comunicazione (the running man) 


Nella "grande corsa della comunicazione", le agenzie di pubblicità sembrano arrancare.

Ci si chiede se sia un problema di allenamento. Sicuramente non è questo.

Pensate ad una persona che si allena tutti i giorni per battere il suo record nei 100 metri, fino ad arrivare a correre in tempi ridottissimi. Cosa succede quando questa persona si accorge che invece deve partecipare ad una maratona e non è preparato per questo tipo di gara?

I pubblicitari hanno sviluppato grandi doti di sintesi. Riassumere in una frase gli elementi rilevanti di un brand non è certamente cosa da poco. Raccontare in 30 secondi, le magie di un prodotto non è un'impresa banale.

Cosa succede quando le regole del gioco sono cambiate e il fattore premiante non è più la sintesi, ma la dilatazione? Che accade quando si richiede ad un pubblicitario di conoscere intimamente diverse tipologie di pubblico che hanno interessi, motivazioni, propensioni differenti e di impostare proposte creative che spingano al dialogo?

Le cose da fare sono essenzialmente tre:
  1. essere consapevoli che la disciplina sportiva è cambiata
  2. cambiare radicalmente la tipologia di allenamento
  3. cominciare a frequentare nuovi circoli sportivi
C'è un'altra alternativa, ma non è sicuramente piacevole per qualcuno:
  1. smettere di correre
Le aziende stanno cambiando disciplina sportiva, cosa vogliono fare le agenzie di comunicazione?

La foto è di Limna

venerdì, febbraio 15, 2008

Social Coffee 


Sono stato rimproverato dagli amici di non essermi fatto vedere ultimamente, hanno ragione. E' un periodo troppo intenso, ma occorre porre rimedio.

Incontrerò alcuni amici al Social Media Lab oggi pomeriggio allo IULM, che è già alla seconda edizione. Ho suggerito agli studenti del mio corso di e-branding di partecipare e credo che ci sarà parecchia gente.

Domani sono invitato come relatore a Bergamo, alla fiera No Frills, Travel Technology Expo, un'altra occasione per incontrare altri amici che non vedo da tempo.

Se qualcuno volesse prendere un caffè, tra oggi e domani, sa dove trovarmi.

giovedì, febbraio 14, 2008

Combattere la burocrazia 


Attenzione, post ironico, da non prendere troppo sul serio.

La burocrazia è devastante. Alcune procedure, non hanno alcun senso nell'era di internet e dei media digitali.

Il Parlamento Europeo, ha da tempo attivato una serie di iniziative che si propongono di semplificare la legislazione ed abrogare le norme obsolete per cercare di aumentare il livello di efficienza delle istituzioni europee.

La burocrazia è soprattutto un "atteggiamento mentale" dietro al quale si nascondono persone e le organizzazioni che non vogliono prendersi le loro responsabilità. In molti casi ho avuto a che fare con impiegati statali o di aziende pubbliche che hanno dimostrato (di loro iniziativa personale) un eccellente spirito di servizio.

Spesso ci si sente impotenti contro la burocrazia e ci si accorge che agitarsi non serve perché non puoi prendertela con un "apparato". L'unica cosa che possiamo fare è cercare di smontarla con le sue stesse armi.

Oggi mi è capitato di dovermi recare a Novara per lavoro e ho deciso di prendere il treno. Non essendo sicuro che le biglietterie automatiche siano in grado di emettere fattura, opto per la biglietteria tradizionale.
Sono stato particolarmente fortunato, non ho trovato quasi nessuno in coda alla biglietteria, soprattutto perchè era molto presto. Ho richiesto all'addetto un biglietto con relativa fattura, come faccio sempre quando viaggio per lavoro.

L'impiegato alla biglietteria mi fa notare che essendo il prezzo del biglietto di soli otto euro, non conviene a Trenitalia emettere una fattura con un importo così basso.

Penso di istinto a tutte quelle procedure di relazione che Trenitalia ha reso difficile, basti pensare alle avventure per ottenere il rimborso di un biglietto, ma mi mantengo assolutamente calmo e lucido.

Chiedo con un sorriso " è mio diritto richiedere una fattura indipendentemente dall'importo"? La risposta è naturalmente positiva, allora impietoso, infierisco, "caro signore, se lei non ha voglia di lavorare, questo non è certamente un problema mio, io non devo certo giustificarmi, spiegandole le ragioni per cui mi serve la fattura. Se ci fosse un modo per richiederla centralmente in modo semplice o per stamparla on line lo farei, ma non c'è, per cui lei cominci a farmi la fattura e se lo desidera può sempre fare un reclamo scritto alla direzione di Trenitalia per lamentarsi della scarsa efficienza delle loro procedure.

L'addetto alla biglietteria non ha battuto ciglio e mi ha perfettamente compreso, forse perchè il burocratichese, lo conosce molto bene.

Forse se un milione di persone cominciassero a utilizzare con la burocrazia lo stesso linguaggio e gli stessi modi, qualcosa comincierebbe a cambiare davvero.

L'immagine è della North Eastern University

mercoledì, febbraio 13, 2008

Un incubo terribile 


Sembra che Vanz, abbia avuto un incubo davvero terribile.

Ieri sera prima di andare a letto mi è ricaduto l'occhio su questo post di Mafe su Punto Informatico. Sarà stato il post, sarà stata la peperonata, fatto sta che ho avuto un incubo. Ho sognato che andavo a letto, mi addormentavo e il mattino dopo mi svegliavo in una città grigia e piena di gente con lo sguardo triste che non poteva avere quello che desiderava.

Era un sistema economico in cui il governo e vari poteri forti decidevano cosa i cittadini possono avere e cosa no. Se decidevi di uscire per comprare qualcosa, potevi solo presentarti, in orari imposti, in un negozio e sperare che avessero la merce che desideravi.

Spesso c'era un solo prodotto (se eri fortunato) che corrispondeva vagamente alle tue aspettative: non potevi sceglierne le funzioni, non potevi avere alternative basate sui tuoi bisogni reali. Potevi averlo di qualunque colore purché fosse nero.

Se desideravi qualcosa che non era disponibile in negozio ma sapevi esistere sul mercato, un commesso in divisa ti diceva con fare sgarbato e autoritario che non te lo avrebbe procurato.

Spesso dovevi fare la fila per pagare, e dovevi accettare che il prodotto che acquistavi avrebbe potuto essere rotto. In quel caso, non avevi la certezza che ti sarebbe stato sostituito. Se te lo facevi spedire a casa, non avevi la certezza che sarebbe arrivato.

Se volevi comprare della musica, potevi scegliere solo tra quella selezionata per te da un organismo preposto.Se volevi un film, non potevi averlo come era stato pensato e realizzato: lo potevi comprare solo doppiato, tagliato e rimontato dall'organismo preposto a decidere quale edizione del film era adatta al cittadino medio. Se volevi vedere un film nuovo, dovevi aspettarlo il tempo necessario perché le leggi e i negozi ti consentissero di acquistarlo: a volte anni.

Se volevi sapere se il film era bello o brutto, potevi fidarti solo dell'opinione del commesso autoritario. A sentire lui, i film erano tutti bellissimi.Non potevi confrontare i prezzi con altre offerte: tutti i negozi avevano più o meno gli stessi prezzi, nonostante tutti sapessero che quello stesso prodotto era disponibile sul mercato a prezzi nettamente inferiori.

Se volevi acquistarlo dovevi essere disposto ad accollarti costi che, in un libero mercato, sarebbero a carico dell'impresa.Era un bruttissimo sogno, era la negazione del mercato di libera concorrenza, era l'incubo di un'economia da socialismo reale.

Meno male che era solo un sogno.

L'immagine è di Joe Thorn

lunedì, febbraio 11, 2008

Lo rivediamo il budget di comunicazione? 


E' oramai una domanda retorica che non aveva ancora avuto una risposta esauriente (fino ad ora), tanto è vero che è il titolo di un articolo pubblicato sul sito della Wharton University: "Se la comunicazione on line è il futuro, come mai qualche direttore marketing continua a vivere nel passato?"

L'articolo è molto interessante, per questo non mi limito ad inserirne in questo post il link, ma ne copio-incollo il testo, perché sarei davvero molto interessato a sapere la vostra opinione in merito.

Americans spend an average of 14 hours a week online and 14 hours watching TV. But marketers spend 22% of their advertising dollars on TV and only 6% online, according to data compiled and analyzed by Google.

"Of all the advertising platforms, the Internet is one of the few on an upward trend," says Wharton marketing professor Patti Williams. "But if you look in terms of the sheer amount of time most consumers are spending online and the amount of dollars being spent to reach them, it is still probably way under what it should be."

Indeed, as computer screens, mobile phones and other devices offer what amounts to billboard space for display ads, video and tie-ins to Internet searches, the advertising landscape is undergoing a major transformation. New media is growing at a fast pace, but industry analysts and Wharton faculty say senior marketers still lag in adopting the Internet and other digital technology to reach their customers.

Spending on Internet marketing is expected to grow 13.4% in 2008, but that will only add up to 7.2% of the total amount spent on all U.S. advertising, which is expected to hit $153.7 billion, according to TNS Media Intelligence.

Williams says that while the Internet provides advertisers with the ability to closely track consumer response to ads by measuring clicks or other online behavior, their reluctance to embrace the Internet may be due to uncertainty about how well it can shape broader brand messages.

"It's not clear how Crest should leverage search advertising," says Williams. "How many people are going online to search for toothpaste? It's not [obvious that] a little ad on the screen is going to attract them. For the biggest bulk of media spending, online is just hard to figure out. The Internet is not that good at big brand building objectives, so there are a lot of companies struggling with a way to take advantage of the tremendous opportunity Google and other searches offer."

It Takes a Village

According to Wharton marketing professor David Reibstein, another obstacle to moving advertising online is the difficulty of reaching a broad audience with an efficient media buying operation. When three television networks dominated the advertising world, it was easy for mass advertisers and their agencies to place commercial messages. Now, they are confronted with a complex web of options, including the Internet, which itself is highly fragmented, in-store promotions, social networking and mobile phone technology as well as traditional media.

"Each one of the pieces is effective, but that effectiveness is overwhelmed by management of the pieces," says Reibstein, adding that many small start-up companies are going into business to help advertisers reach specific markets online, but that may only stymie advertisers more. An advertiser's response to these companies and their promising technology "is likely to be, 'Great, but I would have to deal with 10,000 of you. I would need a manager to manage this interface and that becomes an overwhelming task.' To some degree, the beauty of the new technology is its narrow, focused audiences," Reibstein notes. "The downside is that it takes a village of these before we can have an impact."

According to Wharton marketing professor Peter Fader, the possibility of a recession may further retard advertising's move online. In an economic slump, he says, marketers should move spending toward Internet platforms because they are more targeted and customer-centric, with easily measured results. "Here's the irony," he notes. "When bad times come, people say, 'We can't abandon the brand. We can do those customer-centric things next year.' The CMO will stay with the skills and responsibilities that he has traditionally relied upon."

Donovan Neale-May, executive director of the CMO Council, a marketing executive trade group, says some of the lag in acceptance of digital advertising is due to advertisers' long-term relationships with ad agencies, which focus on creative, brand-building messages, and with traditional media companies. "The media itself has yet to evolve their offerings," he says. "What's going on today with the big media companies is they are all scrambling to figure out their strategy for what advertisers want."

Differences in attitudes toward advertising online exist, depending on the specific company or industry sector, Neale-May adds. Not surprisingly, new companies -- those without a legacy of traditional advertising -- and web-based businesses are embracing digital technologies faster than other firms. "The larger global companies are works in progress. In many cases, institutionalized cultures, agency relationships and media relationships are still limiting them."

Gopi Kallayil, who leads Google's AdSense marketing team, which works with Internet publishers, says CMOs now have a tremendous opportunity to communicate with and influence audiences by leveraging Internet marketing.

"The Internet gives advertisers the opportunity to build mind share more effectively by targeting the right context at the right time, ensuring their messages are relevant to the people they are trying to reach," Kallayil says. "Advertising networks have proven very effective in building brand awareness and generating demand. In addition, the Internet gives marketers more precise, measurable accountability for their ad spending than do traditional media. Demand fulfillment has never been more accurately measured."

Large and small companies are able to use new media to engage in what Kallayil calls "mass micro marketing." Marketers can use the Internet to target specific, well-defined audience segments, yet reach a large audience scaling across many markets. By using the Google network, Kallayil contends, advertisers could reach 80% of the estimated billion people around the world who use the Internet.

Solid Data and Gut Feel

According to Chris Moloney, CMO of Scottrade, an Internet brokerage firm, senior marketers need a better understanding of how relationships between offline and online advertising work. For example, he says, a company might run a television ad geared toward brand building that encourages a viewer to visit the company's web site. "It's hard to tell if TV or the Internet was the driver," he says. "The Internet gets credit for activity that might come from watching CNN. In some ways, the Internet causes TV to look less impactful, but in order to continue to do a mixture of both, you need to use a combination of very solid measurements and total gut feel."

And while advertisers are getting better at quantifying the payback for their investment, advertising remains as much art as science: About 75% of Internet advertising spending can be reliably tracked while the figure for television is closer to 25%. "That averages out to 50%, but it's getting better," says Moloney. Television is definitely losing appeal to marketers particularly with the medium's current rate structure. "There's a [sense] of arrogance in the TV world -- [an attitude] that their product deserves a premium price when, in fact, you can get a more measurable return on the Internet. That's going to make the road ahead for TV very hard."

Despite declining circulation, newspapers are still a good advertising buy because their demographics are strong with well-educated, high-income readers, Moloney states. "Newspapers deliver good results. While it is a smaller audience than in the past, it is very focused and has very attractive demographics. We get good results from newspapers."

At the moment, he says, the industry is focusing heavily on Internet search advertising offered at major sites such as Google and Yahoo. Indeed, potential advertising revenue is a motivation behind Microsoft's $44.6 billion bid to acquire Yahoo.

Mobile and wireless devices are also beginning to have a place in the market, adds Moloney, but many remain cumbersome. He cites the Apple iPhone as one device that has "leapfrogged" other devices in accessibility. "The opportunities with the iPhone are endless because it is a flexible software platform." Apple software, he notes, allows the creation of small applications, or "widgets," for weather or stock information that can become prime advertising vehicles because they are targeted, but not bothersome.

"Many people think of Internet advertising as an intrusive, interruptive experience with dancing aliens jumping across the screen and perpetual pop-up windows," Moloney says, adding that Scottrade favors ads that provide information that is meaningful to customers, such as a real-time stock chart it offers through an ad on Yahoo. "The opportunities on the Internet are in providing relevant content that is not intrusive personally," he says, warning Internet marketers not to target customers too closely even though current technology allows them to do so. "Never overwhelm the customer with a feeling that you know too much." For example, if a company notices a person is researching college loan packages, it would be off-putting if the firm then approached the customer with loan information over the Internet using the name of that person's high school-aged son or daughter.

Kallayil says marketers these days are using the Internet to generate awareness, educate customers and complete sales. There are several points of touch with their audience -- when they are searching online, when they are researching and pursuing passions, and when they are spending time online engaged in other activities, such as social networking or watching videos. "In this new age of real-time advertising, it's not about eyeballs," he notes. "Marketers now have a tremendous amount of transparency and control. They know where their ads run and what their audience was doing at the moment when their ads were viewed."

For example, he says, an advertiser for yoga vacations can display ads when the customer is searching for yoga vacations, reading an article about yoga vacations, browsing a web site on holistic health or watching an online video on stress reduction.

CMOs now have more creative options online beyond text ads, including image, video and interactive ads, Kallayil says. "The kind of richness of ads that is possible on television is now increasingly becoming possible and available [online], while a few years ago it was restricted mostly to text."

Best Time to Fertilize Crops

The Internet is only part of an evolving digital landscape. In addition to search and display advertising, marketers are also using the Internet and other techniques to generate word-of-mouth or "buzz" marketing, says Neale-May.

One new idea he points to is digital printing. Companies can produce mailers, or any other literature, from a central computer, then use printers in different countries to produce exactly the number of mailers needed -- tailoring them to whatever regulatory or cultural restrictions exist. The companies thereby save time and money on warehousing and shipping costs. Another new technique is using text messaging to help customers. For example, a fertilizer company in Europe can send text messages to farmers about the best time to fertilize crops and pharmaceutical companies can text patients when it is time to update prescriptions, says Neale-May.

Moloney estimates that about half the CMOs he knows are extremely knowledgeable about the Internet and prepared to take advantage of what it can offer over traditional media. "It's going to be impossible for a CMO in the next three to five years to do their job effectively and not understand Internet metrics very well. The Internet has influenced the way we look at television. It has impacted the way we look at all advertising."

Part of CMOs' lag in moving advertising to the Internet may be generational, Fader adds. "It takes time to get up the organizational chart and they were raised on skills that are different. As time goes by they will take on the customer-centric mindset and skills, but it's not happening real fast."

He also says there are cultural reasons for delays in adding digital technology to the marketing mix. CMOs tend to give more visibility to staff focused on branding and creative work while those assigned to customer-centric, data-based work are viewed as "analytical geeks," says Fader.

Some of the lag may also be due to the nature of the CMO job itself, he adds. "When you think about it, the CMO is a relatively new position that didn't exist 10 years ago. The jury is still out on whether it is a C-level position that contributes to the firm the way other C-level positions do." There are many unrelated jobs that tend to fall under the CMO's authority -- from marketing to brand building to sales -- which creates tension in the marketing ranks that may lead to the delay in moving to digital technology, he says. "What makes you a good, warm and fuzzy creative team is very different from what makes you a good sales manager and what makes you good at interactive marketing."

Too often, Fader notes, CMOs delegate their web-oriented customer-tracking initiatives. He has a set of test questions about customers that he often asks marketing executives, "such as, 'What is the distribution of repeat purchases across your customer base?' or, 'Of all the new customers you acquire this year, what percent will be with you a year later?' Many proudly reply that they have systems in place and can get the answer in a few moments. That's not good enough, says Fader. "You need to know it. If a CMO does not have a good sense of this, all the talk about customer centricity is just lip service."

Se non vogliamo continuare ad attorcigliarci sulla stessa domanda, io chiederei invece qualcosa di leggermente diverso, insistendo a porre il mio solito interrogativo:

gli operatori dell'offerta, consulenti, agenzie, centri media, concessionarie, editori, stanno facendo tutto il possibile per aiutare i marketing manager a riequilibrare i propri budget? Sono solo i responsabili marketing a non volere modificare le loro scelte di investimento o è qualcun altro che rema contro, perchè non è ancora preparato ad affrontare i grossi cambiamenti in atto?

Ne vogliamo parlare o continuiamo a fare finta di nulla?

L'immagine è di Piper Report.

domenica, febbraio 10, 2008

The future of advertising 



E' difficile riassumere le caratteristiche dell'advertising del futuro. In questa interessante conversazione si usa un neologismo interessante "Contvertising" che può avere una serie di connotazioni (alcune le ho aggiunte io) che si traducono in mondi da esplorare.

Contvertising
  • Content + Advertising
  • Context + Avertising
  • Contact + Adverting
  • Continuum + Advertising
  • Contiguity + Advertising
  • Contagious + Advertising
  • Contamination + Advertising
  • Contemporized + Advertising
  • Contingence + Advertising
Sono questi alcuni territori da esplorare in cui siamo appena entrati.
# html> # # # # ... # # # ... # # # # # # Disclaimer: questo blog è ad alto tasso di innovazione, potrebbe destabilizzare la vostra azienda/agenzia