giovedì, giugno 29, 2006

Il cambio di paradigma 

Oramai tutti concordano con il fatto che la pubblicità non si debba fermare al livello dell'attenzione, oggi vera risorsa scarsa.

Basta andare "in giro" per la rete per riuscire a trovare centinaia di documenti sull'importanza del coinvolgimento degli utenti e sul loro ruolo attivo nel processo di comunicazione.

La realtà dei fatti è che le campagne di comunicazione sono ancora organizzate a compartimenti stagni (on line- offline, comunicazione istituzionale- comunicazione di prodotto, promozioni, eventi...), in cui in pochissimi casi si può riscontrare una visione di insieme ed un approccio realmente olistico.

Il primo passo forse è quello di chiarirci sui concetti base.

Cosa vuol dire coinvolgere l'utente?

In prossimi post, mi piacerebbe fare qualche riflessione sull'argomento, ma sono sicuro che anche voi avete qualche idea in merito, vero?

L'immagine è di James Harris Gallery

Lasciate da parte gli spot pubblicitari, che ne pensate degli interactive live games?

mercoledì, giugno 28, 2006

L'utente salmone 

Un attimo di attenzione prego.

Osservate bene. Nella foto troverete un nuovo esemplare di utente. Non se ne parla ancora, è il nuovo utente della rete, il navigatore salmone.

Se ancora non sapete la differenza tra un portale ed un destination site, se state aggregando contenuti di terzi contando sulla fedeltà degli utenti, sappiate che il navigatore salmone, risale la corrente e cerca l'informazione dove viene prodotta.

E' un utente smaliziato, ripercorre la corrente e cerca l'informazione o l'affare quando deve acquistare on line direttamente alla sua fonte.

Sa usare i siti di comparazione e naturalmente anche gli aggregatori.

Il navigatore salmone, bypassa con grande nonchalance quei siti o blog, che si limitano a fare da cassa di risonanza a fatti e opinioni altrui senza aggiungere valore, confronta e valuta e molto spesso partecipa e soprattutto non clicca sui banner o lo fa meno di altri utenti.

Forse le società di rilevazione delle audience come Nielsen, lo definiscono diversamente, ma per questo utente, servono sicuramente nuove modalità di comunicazione, ne vogliamo parlare?

Quando i segnali deboli diventano forti 

Lo avevo detto a gran voce quando organizzai il convegno dal titolo le Televisioni Digitali: la tv al singolare è morta, viva la tv. Non esiste più un unico modo di concepire la televisione.

In effetti la tv tradizionale, almeno a livello internazionale si sta adeguando ai cambiamenti in atto e sicuramente non mi riferisco solo a quelli di natura prettamente tecnologica.

Nuovi modelli di fruizione, nuovi contenuti, nuovi modelli produttivi sono oggi sotto la lente di ingrandimento, sotto osservazione da parte dei più grossi network e delle principali emittenti televisive nel mondo.

Il nuovo avanza e porta con se nuovi attori e protagonisti, uno di questi è sicuramente YouTube.

YouTube ha dato e continua a dare fastidio a molti broadcaster perchè è un competitor in termini di attenzione. Prima o poi verrà acquistato, fidatevi.

Società del calibro di NBC hanno cercato di combattere il fenomento YouTube e hanno clamorosamente fallito, tanto è vero che il colosso americano ha deciso di creare un nuovo canale all'interno di YouTube come riporta la rivista Adage.

Dal Miptv di Cannes avevo preannunciato un anno, il 2006 denso di cambiamenti. Infatti il mondo mediale è in forte fermento. I diversi segnali deboli stanno diventando sempre più forti.

Questo è per me un periodo molto intenso dal punto di vista professionale, ma visto che non lo faccio mai, permettetemi di ricordarvi che sono un consulente di comunicazione innovativa e se siete un'agenzia pubblicitaria, un editore o un'impresa sono qui a vostra disposizione. Qui di fianco trovate anche un bottoncino per contattarmi via skype, che volete di più, non pagate nemmeno la telefonata :)

Visto che qualcuno mi rimprovera di occuparmi troppo del futuro, questo post è all'insegna dell'antico spottone autoreferenziale.

Magari a qualcuno piace così.

Stay tuned.

martedì, giugno 27, 2006

La sfida del web 

Su dai, oramai anche le imprese hanno preso confidenza con il mezzo. Sanno che il web non è un medium da pianificazione, da un tot al chilo, della serie paghiamo solo in pay per performance pura.

"E' il branding", urla l'account del centro media, visibilmente rosso in viso, ma tanto al telefono non si vede: "vuoi mettere con tutte quelle esposizioni l'effetto di brand awareness?

Brand awareness cosa? Risponde il marketing manager, "quella la ottengo dalla televisione". Tu portami dal web quei target che non riesco ad ottenere altrove, lascia stare la brand awareness, se proprio vuoi parlare difficile, vogliamo ragionare in termini di brand favourability?
Pronto, pronto, ci sei ancora...............

Caduta la linea.

In Italia il customer care è inesistente, mentre negli Stati Uniti gli addetti al call center vengono ben formati, talvolta anche troppo.... con esiti veramente disastrosi.

Quando l'ottima pubblicità è un problema 

Pensavo di essere il solo a pensarlo, mi rincuora che anche Joseph Jaffè, sia dello stesso avviso.

La buona pubblicità è efficace, l'ottima pubblicità ti può mandare a Cannes a vincere un premio, ma può essere controproducente.

Cosa succede quando la pubblicità vola basso? Il risultato è che non viene notata.

Ma cosa succede, quando promette troppo? Il risultato è che l'esperienza del cliente si distacca molto da quanto promesso in pubblicità e crea una distonia.

Come non essere d'accordo con le conclusioni di Jaffè quando afferma che investire nella customer care, non porta sicuramente a vincere un premio, forse da meno soddisfazioni professionali, ma permette all'impresa di soddisfare i propri clienti.

Scusate se è poco.

Che cosa sono i new media?
Quando un medium non è più nuovo?
Quale è il futuro dell'advertising?

Il mercato dei convegni 

Esistono due tipi di convegni, quelli organizzati con obiettivi di comunicazione e quelli progettati per fare formazione e divulgazione, essi rispondono a logiche completamente diverse.

I primi necessitano di un pubblico numeroso, solitamente i relatori sono di grande richiamo, per la loro posizione oppure perché personalità celebri, spesso i relatori non sono pagati e il livello di innovazione nei contenuti non è molto alto.

In questi convegni è importante esserci a prescindere sia per chi parla sia per chi ascolta. E' importante essere al tavolo dei relatori, perchè questo rappresenta una sorta di conferma che l'azienda sponsor è comunque presente, che ha qualcosa da dire, ma anche in sala, perchè è possibile scambiarsi biglietti da visita e cercare di parlare con "quel dirigente" così difficile da contattare.

Talvolta questi convegni hanno una natura istituzionale e prevedono l'alternanza di relatori aziendali, provenienti dalla pubblica amministrazione e dalle realtà locale e hanno valenza puramente relazionale per chi parla. Servono a mostrare impegno, partecipazione e coinvolgimento ai temi a cui è dedicato il convegno stesso. Il pubblico in sale è spesso invitato ufficialmente e partecipa per mille ragioni differenti.

Sono convegni solitamente gratuiti, in cui il pubblico non paga, per questo spesso i contenuti sono squilibrati e se non mediati da una sapiente regia, corrono il rischio di essere percepiti come grandi "spottoni autoreferenziali".

Ci sono poi i convegni dove ci si confronta in modo approfondito su temi molto ben circoscritti. Sono spesso convegni a pagamento oppure offerti da sponsor lungimiranti che credono nella diffusione della cultura per la creazione di un mercato.

I relatori vengono selezionati accuratamente per la loro competenza e per la loro capacità oratoria e non solo per la loro visibilità. Le agende vengono costruite con grande attenzione, con l'obiettivo non solo di trasferire conoscenza, ma anche di alimentare il dibattito. Vengono offerti al pubblico strumenti operativi, scenari, numeri e cifre, nonchè una buona dose di casi nazionali ed internazionali.

I migliori convegni attirano un pubblico internazionale e creano il mercato, in altri casi anticipano delle tendenze. Per questi convegni che hanno spesso luogo a Cannes, Londra, Barcellona, Amsterdam, la gente si sposta perchè sono ritenuti uno strumento operativo molto importante.

Servono sia i convegni di comunicazione, sia quelli di divulgazione, a condizione che vengano progettati tenendo in considerazione anche le esigenze dei partecipanti e non solo quelle degli sponsor e degli organizzatori.

In un periodo di difficoltà per l'allocamento di budget e di reperimento di sponsor, come quello presente, anche nel settore convegnistico ci sarà nei prossimi mesi una grande competizione.

Avranno successo quelli che sapranno offirire risposte concrete al mercato, mentre si troveranno in difficoltà tutti gli altri. Natualmente c'è grande spazio anche per rinnovarne la formula, attraverso format innovativi.

I convegni sono oggi come l'informazione, l'offerta è superiore alla capacità di recepimento. Ci sarà sicuramente una forte selezione naturale, solo i migliori resisteranno.

lunedì, giugno 26, 2006

Arrampicarsi sugli specchi 

Un'altra esilarante vignetta di Doug Savage

L'interattività in televisione non sarà la panacea di tutti i mali, ma dovrà essere diversa da quella che viene progettata oggi sul digitale terrestre.
Ne abbiamo di strada da fare... Vi piace questo canale di giochi?

Intanto ripensiamo i formati pubblicitari, anche se il DVR non si diffonderà in Italia prima di 24 mesi o anche più in là. Io ci lavoro già da quattro anni.

Dopo l'afa ci saranno i temporali 

La foto è di TimSk

I cambiamenti nel panorama mediale 

Per chi sa leggerli i cambiamenti cominciano con gli avvicendamenti ai vertici.

Seguite il borsino delle carriere nei prossimi sei mesi nel comparto dei media, ne vedrete delle belle. E' sicuramente un momento caotico, questo in cui viviamo.

Grandi cambiamenti nel comparto della Comunicazione 

Ci saranno grandi cambiamenti nel comparto della Comunicazione nei prossimi 24 mesi.

Fusioni ed acquisizioni nel settore dei media (editori, content provider, agenzie creative)
Evoluzione molto rapido dello sviluppo tecnologico sulle diverse piattaforme ed introduzione di nuovi servizi web 2.0 based.
Riorganizzazione dei "palinsesti" per i progetti televisivi, internet e cartacei

Il più grande cambiamento riguarderà la rincorsa ai talenti. Di questo ne avevo già scritto, ma i segnali sono sempre più forti, tanto è vero che se ne scrive sempre di più.

Mancano competenze specifiche per i nuovi progetti editoriali e di comunicazione e queste verranno acquisite tramite assunzioni o facendo ricorso a consulenti specializzati.

Alcuni forti scossoni, si avranno a partire da ottobre con una serie di annunci provenienti da società telefoniche, società internet e da parte di alcuni importanti content aggregator che daranno un forte impulso al mercato. In passato non mi sono sbagliato, infatti il Miptv 2006 ha rappresentato un forte momento di discontinuità. Credo che siamo solo all'inizio.

Prevedo, per quello che mi riguarda professionalmente un autunno molto caldo.

Investire in competenze ora più che mai paga.

L'immagine è di Worried Shrimp

domenica, giugno 25, 2006


Questo video è dedicato a chi crede che la rivoluzione del "my time" sia ancora lontana.
Cari pubblicitari, questo è quello che vi aspetta.

Abbiamo bisogno di aria fresca 

La foto è di Zyber

Qual'è la strategia del virale? 

Permettetemi di differenziarmi da altri blog che studiano il marketing virale.

Ho pensato di non riportare su Marketing Usabile un link alle migliori campagne, ci sono altri blog che fanno molto bene questo lavoro e consentono di trovare nuove idee ed ispirazioni.

Ho scelto volutamente di affrontare i temi di comunicazione e di marketing da un punto di vista concettuale e quasi filosofico, consapevole del rischio di annoiare profondamente i frequentatori di questo blog. Qualcuno lo deve pur fare :)

Come molti sanno, il tema su cui sto lavorando attualmente, è la capitalizzazione dell'attenzione, una volta ottenuta, proprio perchè ritengo che essa sia un punto di partenza e sicuramente non di arrivo nella comunicazione nell'era digitale.

Spesso molte campagne di marketing virale, mi ricordano quei musicisti da strada che hanno un gran talento e che riescono ad attirare l'attenzione dei passanti spesso così frettolosi.

Come questi musicisti on the road sanno molto bene, il momento della verità, è quello in cui questi passanti mettono la moneta nel piattino.

Perchè fermarsi all'attenzione?

venerdì, giugno 23, 2006


Il futuro dei media secondo Accenture Labs

Media sotto assedio 

C'è chi continua a raccontare la favoletta che la transizione al digitale sta andando benissimo, che siamo i migliori al mondo sul digitale terrestre e che la penetrazione delle linee adsl ci mostra dei dati incoraggianti e ci fa ben sperare in un futuro digitale.

La verità non è questa. Da una parte abbiamo i dati che ci dimostrano quanto sia radicato l'analfabetismo digitale nel nostro Paese e dall'altra parte abbiamo un'industria dei media sotto assedio.

I media italiani, soprattutto i broadcaster, (ma anche gli editori non stanno meglio), si trovano tra l'incudine e il martello. Da una parte non sono in grado di competere con le produzioni televisive internazionali ad alto budget, se non in rari casi. Dall'altro subiscono la concorrenza sotto il profilo dell'attenzione dei contenuti generati dagli utenti disponibili su internet.

I media si trovano proiettati in un mondo in profonda evoluzione caratterizzato da un rapido cambiamento tecnologico e si trovano a dovere ripensare i propri modelli di business oggi profondamente in crisi a causa di un'audience che si frammenta sempre di più.

Nelle conferenze pubbliche si dice che tutto va bene, mentre nelle sale riunioni, in privato, si ammette che la situazione non è poi cosi rosea.

Credo che un primo passo sia quello di ammettere che c'è ancora tanto da fare e cominciare ad unire le forze, non per ottenere qualche finanziamento a pioggia in più, ma per cercare di comprendere come rendere il futuro dei media italiani più competitivo.

Chi comincia?

Nell'immagine, l'assedio di Monselice 1510 come narrata dal Guicciardini.

Gli italiani a Cannes e la pubblicità digitale 

Ho letto in diverse interviste le dichiarazioni sconsolate di Raffaella Bertini giurato ai Cyberlyons di Cannes, riguardo lo stato dell'arte della creatività italiana per la comunicazione digitale. "Siamo decisamente molto indietro rispetto agli altri Paesi.", questo è il condensato del suo pensiero.

Raffaella ha tutte le carte in regola per potere esprimere un giudizio equilibrato. Non l'ho mai conosciuta personalmente, ma ho seguito a distanza i suoi eccellenti lavori, come la serie cartoons Maga Dragò, anni luce avanti rispetto alla "logica tabellare" che ancora permea l'ambiente creativo delle agenzie italiane.

Ritengo che il "problema italiano" non sia solo un problema di creatività, ma di scarsa cultura del mezzo digitale.

Il digitale è sempre stato considerato come la Cenerentola della comunicazione da parte delle nostre agenzie creative.

Nelle tre giurie in cui ho collaborato quest'anno ho avuto la stessa sensazione di Raffaella. Ma le cose possono cambiare.

Ho in cantiere una serie di iniziative, voglio ancora dare il mio piccolo contributo. Sempre che le agenzie creative si dimostrino interessate. Vorrei tanto che crescessero anche sui media digitali.

Ovviamente stay tuned
.

giovedì, giugno 22, 2006

Prove tecniche di disintermediazione 

Non sto dicendo che le agenzie di pubblicità verrano totalmente disintermediate e sostituite da amatori, certo è che il fatto che Brand del calibro di L'Oreal, Toyota, Sony, chiedano agli utenti di creare spot per i loro prodotti attraverso Current Tv la dice lunga sull'importanza dei CGM (consumer generated media) e di quello che Current tv definise Viewer Created Ad Message.

Parlando ieri con importanti pubblicitari di questi temi, mi sono molto meravigliato nel constatare che loro non avevano la minima idea di ciò di cui stessi parlando.

Un po' comincerei a preoccuparmi se fossi un manager di un'agenzia pubblicitaria, o forse sono troppo pessimista?

Errata corrige 


Forse l'esempio di Virgilio, fatto al post precedente, non è quello più appropriato, perchè avendo cambiato dominio, è difficile calcolare l'effetto netto di traffico dopo il cambio di brand e in seguito al passaggio del portale sotto il brand di Alice.

Forse potrei trovare esempi più calzanti, ma non cambierebbero la sostanza. Oggi il contenuto è sempre più importante, visto che se non vuole essere percepito come una commodity, deve essere di qualità.

Il contenuto oggi è di nuovo centrale 


Come qualcuno sa, sono un consulente di marketing innovativo, questo significa che da diversi anni mi occupo di ricerca e sviluppo di nuove forme di comunicazione di marketing, studio nuovi formati pubblicitari, nuovi modelli non pubblicitari e nuove forme di integrazione tra contenuti editoriali e messaggi di marketing.

Collaboro con università, con editori, broadcaster, con società di consulenza, web agencies e agenzie di pubblicità oltre che con società organizzatrici di eventi e di progetti di formazione.

Credo di non avere mai investito in pubblicità, ho sempre ottenuto molta visibilità scrivendo molto su argomenti legati all'innovazione di marketing. La mia caratteristica è quella di avere affrontato per primo gli argomenti più scottanti della comunicazione e del marketing: dal web marketing, alla pubblicità interattiva sulla tv digitale, ai modelli di misurazione del product placement e via discorrendo.

Da quanto ho iniziato ad occuparmi di marketing digitale, molte cose sono cambiate: negli anni 90 era ancora molto importante il "canale, il medium", oggi lo è molto meno, almeno nel mio caso.

Con molti importanti siti ho chiuso diversi anni fa, degli accordi di scambio di contenuto contro visibilità, perchè la tendenza italiana e quella di non pagare (quando ciò è possibile) i contenuti, a meno di avere un progetto editoriale con giornalisti professionisti.

Questo è stato un rapporto win win che ha ben funzionato fino ad ora.

Ci troviamo oggi in una situazione dove l'informazione è veramente sovrabbondante e dove molti buoni contenuti si trovano anche nei blog, se si è bravi ad andarla a cercare o se si usa un aggregatore di feed con intelligenza.

Oggi avere un canale di distribuzione dell'informazione o di aggregazione dell'utenza non è più un elemento di vantaggio competitivo come in passato; con strumenti come YouTube, con i network di blog, o con iTunes, è possibilel distribuire l'informazione in modo rapido ed efficace e anche di avere un proprio pubblico.

Per questo i siti, i portali non possono contare sul proprio traffico in eterno, i navigatori della rete si spostano da un sito all'altro dove trovano l'informazione a cui sono interessati, sono sicuramente poco fedeli, visto che come salmoni, cercano di risalire la corrente e vanno alla fonte dell'informazione. E'inevitabile.

Nel grafico potete ben vedere l'andamento del traffico di Virgilio, il portale più importante in Italia, almeno un tempo, credo che la figura parli da sola.

Alcuni miei colleghi hanno deciso di sponsorizzare ricerche da divulgare presso la stampa, come elemento di visibilità. Era un'ottima idea negli anni 90 oggi un po' meno, perchè il tempo di attenzione si è ridotto in modo drammatico.

L'unico modo per essere visibile oggi è essere mediaticamente sempre presenti e nel mio settore lo si può fare solo se si è in grado di offrire costantemente contenuti ritenuti interessanti dalle proprie audience.

Avranno sempre più problemi gli organizzatori di conferenze che credono di risparmiare non pagando i contenuti, così come le società telefoniche che fanno gli accordi con i content provider per far circolare sempre gli stessi contenuti non solo non creando valore, ma contribuendo all'inquinamento mediale.

La tendenza mi sembra molto chiara, l'utente vuole oggi contenuti validi e sicuramente ne trova tanti disponibili in forma gratuita.

Se ci si vuole distinguere in rete per qualsivoglia motivo, se si vuole far pagare gli utenti, occorre oggi tornare ad investire sui contenuti. Perchè i contenuti sono sempre più un elemento centrale. L'esperienza del digitale terrestre dovrebbe avere insegnato qualcosa.

Andate da una società come Endemol o da una Major a offrire visibilità in cambio di contenuti........

Per queste ragioni il rapporto si è ribaltato. Da oggi i contenuti si pagano, ed è giusto che sia così, così come si paga la carne dal macellaio a cui non si può promettere visibilità.

Ma si sa i macellai sono molto più lungimiranti.

mercoledì, giugno 21, 2006


Lezioni di product placement. Efficace strumento di comunicazione ma può essere anche un pericoloso boomerang.
Da maneggiare con cura.

A breve il product placement potrebbe essere consentito anche in televisione, grazie alla revisione della Direttiva Tv senza Frontiere.

Speriamo che il product placement sia fatto meglio di così....

Centro media cerca personale - gennaio 2010 



Si, avete letto bene, questo è l'annuncio di un centro media importante, alla ricerca di un nuovo account, pubblicato da una primaria rivista pubblicitaria nel gennaio del 2010.

Cercasi account dinamico e creativo. Non è richiesta una forte esperienza nei media, ma deve aver lavorato per un periodo sufficientemente lungo in discoteca. Deve conoscere le dinamiche in grado di far spostare le persone da una discoteca all'altra. Un'esperienza nei villaggi turistici come animatore è un elemento preferenziale, così come la buona conoscenza degli strumenti del web 2.0. Deve anche avere suonato come musicista da strada in una piazza e avere compreso che avere tanta gente intorno quando si suona non serve a nulla, se non ti mettono la moneta nel piattino. E' gradito un forte senso dell'umorismo per sopportare un management che non vuole saperne di innovare. La paga è uno schifo, ma il bar di fronte fa dei panini più che dignitosi. Di stock option non ne parliamo più, visto che non ci crede più nessuno. Si garantisce un ambiente di lavoro stimolante è orari assurdi, ma la possibilità di lavorare in un settore che vivrà i più intensi cambiamenti. Se quando leggete questo annuncio, saremo ancora aperti, vi preghiamo di mandare il vostro curriculum all'indirizzo itistimetochange@thebestmediacenterintown.it

Il Politecnico e l'innovazione nel marketing 

Del nuovo progetto M.A.P.P.A a cui sto lavorando con il Politecnico, ne ho già scritto su Imlog.
Questo è il momento della verità, ora scopriremo se l'innovazione nel marketing interessa realmente a qualcuno nel nostro Paese.

Il progetto partirà se raccoglierà un numero sufficiente di sponsor.

Lo steering comitee è composta da un team affiatato che ha esperienza nel marketing e nei mezzi digitali: Professor Franco Giacomazzi, Prof Giuliano Noci, Prof. Andrea Rangone, dottor Marco Camisani Calzolari e da me.

Se volete saperne di più potete contattarmi. Se volete diffondere, sarà molto apprezzato.

Ridefinire la creatività 

Mentre si discute sul pensiero creativo e sulle nuove forme di creatività nelle agenzie pubblicitarie, qualcuno, ritiene che la vera creatività stia oggi nella capacità di progettare nuove forme di collaborazione.

Non sarà casuale, ma si assiste attualmente negli Stati Uniti ad un profondo processo di rinnovamento organizzativo nel comparto della Comunicazione. E' un intero settore, quello delle agenzie che si sta interrogando con serietà, sul significato della pubblicità in quest'era di profonde trasformazioni.

Che sta succedendo in Italia?

Ancora sul Guerrilla Marketing 

Non c'è che dire, questo articolo aggiunge altra benzina al fuoco del dibattito.

Sono assolutamente d'accordo, la maggior parte delle campagne di marketing virale che vedo, sono quanto di più convenzionale ci sia.

Ma qual'è l'obiettivo del Guerilla Marketing, strappare un po' di visibilità, con poco budget, o attrezzarsi per cambiare il mondo?

Sarà anche una provocazione, ma l'idea mi piace davvero.

martedì, giugno 20, 2006

Aria di cambiamento nell'advertising 

C'è aria di cambiamento nel comparto dell'advertising. Credo che siano le prime avvisaglie.

A proposito, mi sono sempre chiesto, quanto tempo deve passare affinchè un nuovo medium, non sia più considerato nuovo. Chissà se qualcuno è in grado di illuminarmi.

Se il servizio lascia a desiderare, certi clienti lo dicono a tutto il mondo, anche a costo di avere problemi con la privacy. Certo che bisogna fare arrabbiare un cliente per farlo reagire in questo modo.

Qualcuno ne fa dell'ironia, ma il video rappresenta come vengono trattati normalmente i clienti in tanti negozi in Italia.
La cultura del servizio, non è certamente nel nostro D.N.A.
Se vuoi comprare, bene, altrimenti fai a meno.

La giusta dieta mediatica 

Cosa succede se una persona mangiasse per un mese solo pasta e pane?

La risposta è ovvia, una dieta ricca di carboidrati non è molto indicata per molte persone, ma per alcune si; le mie due figlie che hanno entrambe un'eta prescolare devono crescere, per questo hanno una alimentazione mista ed equilibrata ma che comprende una buona dose di carboidrati.

Chi mi conosce, sa bene che io invece dovrei farne a meno :)

Un'azienda molto giovane ha anch'essa molto bisogno di carboidrati e per questo spesso investe molto in pubblicità per potere crescere. Ha la necessità di farsi conoscere presso tutti i suoi potenziali interlocutori (clienti, fornitori, partner, ecc) che non sanno ciò che quest'impresa fa, quali prodotti o servizi offre nè come essa opera sul mercato.

Ci sono invece aziende già consolidate che continuano ad investire, ma solo in pubblicità, tralasciando altre forme di comunicazione egualmente importanti. Spesso insistono sulla notorietà, quando i loro prodotti e servizi sono già abbastanza conosciuti, ma non la propensione al loro acquisto.

Ci sono imprese considerate antipatiche, inaffidabili, poco orientate al servizio, non disponibili che se anche aumentassero i loro budget pubblicitari considerevolmente, non avrebbero alcun appeal presso certi segmenti di utenza.

Ecco perchè così come una persona, anche i brand hanno bisogno di una giusta "dieta mediatica" relativamente ai loro investimenti di comunicazione, che dovrebbero comprendere non solo la pubblicità, ma anche l'impiego di mezzi più relazionali, in un mix equilibrato.

Ovviamente sull'argomento ci tornero diffusamente.

Stay tuned.

lunedì, giugno 19, 2006

Cosa vuol dire comunicare? 

Il mondo sta diventando sempre più complesso, non esistono più teorie universalmente valide.
Prendiamo l'ambito della comunicazione. Che cosa significa comunicare oggi?

Lasciamo per un attimo da parte le teorie e cerchiamo di rispondere. Che cosa significa comunicare per noi?

Ognuno di noi darà una risposta differente, perchè anche tra i professionisti della comunicazione esistono diversi modi di concepire e di progettare la comunicazione.

C'è chi ritiene che la comunicazione, sia questione di immagine. Si tratta di presentarsi ai propri pubblici nel miglior modo possibile. L'obiettivo e di veicolare nel modo migliore, utilizzando i mezzi più adatti, rivolgendosi ai giusti target, nei tempi più opportuni, un messaggio volto a creare attenzione, a trasformare questa attenzione in interesse, questo interesse in un acquisto, possibilmente ripetuto.

In tale ottica, i messaggi devono sapere toccare tutte le corde percettive, usando argomentazioni, razionali, emozionali, sociali, valoriali.
Questi messaggi devono provocare un comportamento preciso. Una modifica di un atteggiamento, una maggiore consapevolezza, un'esperienza positiva e indurre ad un'azione possibilmente precisa e direttamente misurabile.

Se il punto centrale è l'immagine, la comunicazione deve essere integrata e coordinata, carismatica, autorevole, perchè deve essere persuasiva, convincente e permettere di presentarsi nel modo migliore possibile per costruire consenso, per fare "bella figura".
La forma è sostanza, tutto deve essere preciso e al posto giusto, il tono deve essere corretto, mai mostrare un lato differente , creerebbe, contraddizioni nel proprio posizionamento, che è ciò che si desidera che i propri pubblici pensino del proprio brand, quando esso viene evocato.

C'è chi ritiene che la comunicazione sia questione di identità. Si tratta di fornire una propria visione del mondo, consapevoli che non sarà l'unica, ma una delle tante possibili. La consapevolezza è quella di non essere in grado di piacere a tutti, ma solo a precisi segmenti di pubblico.

L'obiettivo in questo caso, non è veicolare un messaggio, ma consentire di creare dinamiche relazionali, poichè il messaggio verrà adattato e rielaborato da parte dei propri pubblici. Lo scopo è quello di offire delle motivazioni per aderire ad un mondo valoriale aperto, in cui il comunicatore ha il compito di ispirare, e di concretizzare la propria visione in comportamenti coerenti, in modo da non creare distonie tra la sua comunicazione (promesse) e le esperienze che i suoi pubblici vivono quotidianamente in tutti i momenti e luoghi di contatto (touch points).

Il proponimento non è il dire, il raccontare, ma la condivisione, la partecipazione.

C'è invece chi ritiene che la comunicazione sia un processo olistico che ha la necessità sia di forma sia di sostanza. Che pensa che obiettivo della comunicazione, sia quella di narrare delle storie, di creare sogni, ma anche di essere presente coerentemente, costantemente, positivamente, ma collaborativamente nella vita delle persone.

Non esiste un modello ideale di comunicazione, perchè la comunicazione dipende dal livello di maturità sia dell'emittente che del ricevente, dalla qualità delle dinamiche sociali/relazionali tra i soggetti coinvolti.

Il vero significato della comunicazione è sicuramente frutto dello spirito del tempo (zeitgest).

E' bello far scegliere, rendere protagonisti, ma ciò comporta responsabilità e non sempre tutti hanno voglia di prendersela.

Una comunicazione che si incentra sulla relazione e sulla creazione di rapporti basati sulla fiducia, comporta un processo di responsabilizzazione e questo può aver luogo soltanto se, come emittenti si è disposti a cedere parte del controllo (e quindi potere) e se come destinatari, si è disposti ad essere protagonisti delle proprie scelte con tutti i vantaggi e gli oneri che questo comporta.

Ci sono ovviamente altre visioni del concetto di comunicare, che partono da presupposti completamente differenti poichè emittente e destinatari assumono ruoli differenti nel processo comunicativo.

Immagino che se chiediamo alla Fiat, alla Prada, alla Diesel, alla Vodaphone, alla Ryan Air o alla Virgin, il significato del concetto di comunicazione, otterremmo con grande probabilità risposte molto differenti.

Non esiste quindi un modello di comunicazione buono per tutte le stagioni e per tutti i contesti, questo è bene saperlo.

Credits per l'immagine: http://www.eagle-vision-communication.de

venerdì, giugno 16, 2006

La vera faccia del passaparola 

Il passaparola per quanto possa essere sollecitato, ha spesso una sua origine spontanea che nasce dall'esigenza di comunicare.

Oggi ho parlato di "wourd of mouse", a proposito delle mie disavventure con la compagnia telefonica Wind, ma per correttezza devo scrivere anche delle mie relazioni con la compagnia aerea South African Airlines.

Essendo mia moglie sudafricana, mi capita spesso di andare a Cape Town, dove unisco impegni familiari con il lavoro. (I fedelissimi di Marketing Usabile, avranno letto i miei frequenti report)

Ho volato con diverse compagnie aeree tra cui la South African Airlines.

Devo precisare che devo riconoscere alla SAA il merito per alcuni viaggi piacevoli e anche qualche arrabbiatura, quando dopo un'operazione alla schiena, ho avuto l'esperienza di un fare un volo con personale poco attento e disponibile, tanto da avere costretto mia moglie ad inviare un reclamo scritto all'ufficio marketing in Sudafrica.

Succede che mia moglie e le mie bambine si trovino attualmente ancora in Sudafrica, per assistere mia suocera, malata terminale, agli ultimi giorni di vita.

Il biglietto aereo di mia moglie e delle mie figlie ha una durata ben definita, dopo tale data, inesorabilmente scade.

Mia moglie ha già spostato per ben due volte la data del rientro, per disponibilità del personale della linea aerea e ora che il biglietto è scaduto, ha avuto la rassicurazione che potrà lo stesso utilizzarlo, essendo questa una situazione del tutto straordinaria, come tale è stata gestita.

Mia moglie non sa, quando potrà rientrare in Italia, ma la disponibilità del personale della South African Airlines di Cape Town è stata straordinaria, al di la di ciò che erano tenuti a fare.

Ecco perchè il mio giudizio sulla compagnia è totalmente cambiato. Ecco perchè sono qui a scriverne. Ecco perchè volero ancora con la SAA.

Può sembrare un'ovvietà, ma il vero passaparola viene innescato dal servizio e dalla esperienza di un cliente, sia se è molto positiva, sia se molto negativa. E' alla fine dei conti quella che conta.

Questo post ne è una prova.

L'obbligatorieta del blog 

Sia chiaro, reputo il blog uno straordinario strumento di relazione, per questo credo che sia sterile la polemica di chi attacca i blog anche se è vero che in molti casi servono più a chi li scrive che a chi li legge.

Non posso non essere d'accordo con Giancarlo Livraghi, che esprime un pensiero molto chiaro sull'obbligatorietà del blog.

Sono assolutamente convinto che il blog non sia uno strumento per tutti, come ho già scritto tante volte.

Se è vero che un blog con pochissimi post e soprattutto non aggiornato offre al lettore un'immagine di tristezza e desolazione, è altrettanto vero che lo scrivere per il solo gusto di farlo, o per un senso di obbligo, quando non si ha niente da dire, è altrettanto desolante.

A cosa servono quei blog, come quello di Libero, che altro non fanno che riprendere post scritti da altri senza aggiungere valore, se non a guadagnare qualche soldino con AdSense, come scriveva giustamente Mauro ? [senza fare nomi :-) ]

Faccio mia la conclusione di Giancarlo Livraghi che scrive:

Teniamoci i blog, quando servono. Ma cerchiamo di metterli al posto giusto nella cassetta degli attrezzi.

Quando il cliente ha torto 

Recentemente diversi blog hanno ospitato interessanti discussioni sul marketing virale e sulle diverse forme di marketing non convenzionale.

Negli ultimi due anni, diversi, blogger, miei colleghi, hanno fatto un lavoro straordinario di divulgazione della cultura del marketing partecipativo, sul ruolo dei blog, dei wiki e di altri strumenti collaborativi.

Come ho già avuto modo di scrivere, ritengo che sia altamente controproducente, far aprire un blog, o progettare una campagna virale a chi non è culturalmente pronto a farlo.

Il passaparola è un'attività antica come il mondo, solo che è stata amplificata da internet. La sua origine, per quanto possa essere sollecitata, è spontanea e nasce dall'esigenza di comunicare.

Gli strumenti collaborativi servono solo a chi è disponibile ad ascoltare e poi a modificare i propri comportamenti sulla base dei feedback ricevuti.

In Italia, la cultura del cliente è pressochè inesistente, per questo ci sono così tanti avvocati nelle grandi aziende.

Mi succede di avere la linea telefonica e l'accesso ad internet bloccati. Non mi è stato difficile capirne la ragione, avevo ricevuto un sollecito per un pagamento entro il termine ultimo di tre giorni di una fattura di 47,15 euro da parte di Wind risalente a marzo che io non avevo mai ricevuto, quindi non pagato. Conoscendo molto bene la cultura di servizio di Wind, mi è apparso subito chiaro che non si sono fatti scrupolo a tagliare la linea, non solo telefonica, ma anche internet.

Ho provveduto a pagare e ad inviare il fax per dimostrare l'avvenuto pagamento alla compagnia telefonica. Ho dovuto ripetere l'invio dieci volte, perchè il mio fax sembrava non arrivare e ho avuto il piacere di parlare con almeno sei operatori del call center, alcuni arroganti, altri desolati altri non curanti.

D "come potete tagliare la linea ad un cliente"?
R "Infostrada si riserva il diritto di sospendere il servizio a chi non paga"
D "ma io la fattura di marzo non l'ho mai ricevuta"
R "lei sa benissimo che noi inviamo la fattura ogni mese, quindi lei ha torto, poi noi non siamo responsabili se le Poste non consegnano la lettera"
D "Adesso però io ho pagato, vi ho inviato almeno dieci fax, perchè non riattivate la linea?

R "Non è colpa nostra, se lei era inadempiente, sa che da quando riceviamo il pagamento passano almeno 24 ore per riattivare la linea".
D Ma io il primo fax l'ho inviato due giorni fa
R Si ma noi non l'abbiamo ricevuto, forse sarà arrivato illeggibile"
D "Sarebbe questa la cultura di servizio? Lo sa che io ne scriverò su diversi blog?"
R "Faccia come le pare".

Infatti sono qui a scriverne, in modo equilibrato e pacato. Non offenderò nessuno, perchè Wind ed il suo esercito di avvocati hanno ragione ed io torto.

Non scriverò un solo rigo contro questa società, perfetta che non sbaglia mai, tanto è vero che in un'aula di tribunale avrebbero sicuramente ragione loro ed io torto.

Per questo io oggi sono qui a dichiarare che quando il contratto me lo consentirà, passerò a Fastweb.

Per favore cari blogger non proponete a Wind di aprire un blog, cari colleghi del marketing non convenzionale, non progettate un video virale per questa società, perdete il vostro tempo.

Piantiamola di parlare di marketing non convenzionale, prima mettiamo a posto quello convenzionale poi su quello non convenzionale ci possiamo fare un pensiero.

Anche io dovrei smetterla di parlare di innovazione nel marketing, sarebbe opportuno ritornare alle radici, imparare a mettere il cliente al centro dell'attenzione, imparare a servirlo....... tutto il resto sono dettagli.

giovedì, giugno 15, 2006


C'è chi è disposto a pagare ingenti somme per la progettazione di uno spot televisivo, poi annoia i partecipanti ad una conferenza con le sue slide di powerpoint. E' comunicazione anche quella. Per chi non avesse visto la presentazione di Dick Hardt, questa è un'occasione, non solo per comprendere i concetti dell'identity 2.0, ma di come utilizzare in modo efficace Powerpoint.

mercoledì, giugno 14, 2006

Il marketing che evolve 

Ho riflettuto a fondo su quanto ho letto in rete nell'ultimo periodo e credo che sia necessario correggere il tiro.

Ho insistito molto sull'importanza dell'innovazione nel marketing, rendendomi conto che le argomentazioni che adducevo potevano apparire deboli.

Occorre innovare perchè il cliente è cambiato e chiede di più, è un concetto che non offre sicuramente una spinta propulsiva all'azione.

Ho provato a dire alle agenzie creative che devono innovare perchè potrebbero correre il rischio di venire disintermediate in molte delle funzioni che oggi svolgono, ma sono consapevole che il messaggio potrebbe venire mal interpretato ed essere considerato una critica anzicchè un suggerimento costruttivo.

Ci ho pensato e ripensato, fintanto che mi sono imbattuto casualmente in un post di Marco Fossati, che mi ha condotto a due presentazioni di Carsten Beck e Adam Morgan che ho scaricato dal blog della conferenza sull'innovazione nel business che si è tenuta nel marzo scorso a Copenhagen dal titolo: Don't stop thinking about tomorrow, che cita esplictamente una delle canzoni più belle dei Fleetwood Mac.

Adam Morgan, in particolare, mi ha fatto uscire dall'impasse e mi ha chiarito le idee affermando:

challengers don't talk about innovation a lot, they seam to talk instead about a different kind of concept. They seem to talk about opportunity.

Il concetto di innovazione ha delle implicazioni molto precise. L'innovazione viene infatti percepita come:
  • tecnica
  • per specialisti
  • difficile da comprendere
  • orientata ai prodotti (e ai processi - aggiungo io)
  • funzionale
Ecco perchè è indispensabile parlare di opportunità, concetto che invece è associato a:
  • imprenditorialità
  • aperta a tutti
  • exciting (non posso tradurre il termine letteralmente, per ovvie ragioni)
  • estesa ad ogni campo
  • emozionale e funzionale al contempo
Care agenzie di comunicazione, e cari imprenditori, sembra che abbia anche io avuto un problema di linguaggio, per questo non scriverò nè parlerò più di innovazione, ma di opportunità.

Vogliamo parlare di opportunità insieme? :)

martedì, giugno 13, 2006


Quello che non vi hanno mai raccontato sulla pubblicità

Da grande lavorerò in pubblicità

Fare innovazione o descriverla?

Disintermediazione e creazione di valore nella filiera della comunicazione 

All'ultimo Miptv di Cannes si è parlato molto del concetto di disintermediazione.

In realtà, osservava qualcuno, disintermediazione è un modo più elegante per dire che qualche soggetto della catena del valore sta diventando irrilevante, ovvero che non crea più valore per il mercato.

Prendiamo le agenzie di viaggio e le attività di prenotazione/acquisto di un biglietto del treno o dell'aereo.

Oggi attraverso internet o un call center, è possibile acquistare ad esempio un biglietto aereo e ritirarlo al check in, risparmiando tempo e denaro.

In questa attività, le agenzie viaggio non offrono alcun valore, così come nella vendita di viaggi standard, che sempre più le persone acquistano in rete.

In realtà in molti settori non si sta assistendo ad un processo di disintermediazione, ma alla affermazione di nuove figure di intermediario. Expedia, Rates to Go, Trip Advisor, sono solo alcuni esempi nel settore del turismo.

Alcuni centri media hanno perso una parte dei loro clienti, poichè questi ultimi hanno deciso di svolgere l'attività di pianificazione media al loro interno, perchè hanno ritenuto più conveniente farlo.

Non sempre i clienti che hanno preso questa decisione erano insoddisfatti del servizio ricevuto, in diversi casi, lo hanno considerato alla stregua di una commodity, il servizio nella loro percezione si è, come dire, banalizzato.

Assisteremo in un prossimo futuro a strane contraddizioni; da una parte nel comparto della comunicazione, alcune attività che erano date dalle imprese in outsourcing, torneranno ad essere svolte internamente, mentre altre verranno esternalizzate.

La mia domanda di qualche post fa, su cosa chiedono i clienti ad un'agenzia creativa o ad un centro media, non era volta a determinare un mero elenco di elementi/requisiti, ma si proponeva di fare un primo passo nella riflessione sul significato di valore aggiunto nel comparto della comunicazione.

La seconda domanda che pongo e su cui vorrei riflettere con questo post è quindi la seguente: quali sono i rischi che qualche funzione svolta da agenzie di comunicazione e centri media, venga nuovamente internalizzata? Questo visto da un altro punto di vista significa interrogarsi sul ruolo di questi soggetti, nella filiera della comunicazione.

Per questo insisto tanto sul concetto di innovazione. Si è tanto presi dal quotidiano che spesso nel giro di sei mesi, si può diventare totalmente irrilevanti senza capirne le ragioni.

Qualcuno mi ha giustamente domandato, come mai io capitalizzi così male le mie attività di ricerca e sviluppo, ovvero come mai una volta individuato un filone interessante, non proseguo in quella direzione, invece di passare a progettare nuove iniziative.

La domanda è più che legittima e la mia risposta è relativa al mio posizionamento sul mercato e al ruolo che ho voluto assumere. Non mi occupo di pianificazione media, non faccio progetti di comunicazione tradizionale, ma lavoro solo con clienti molto avanzati che vogliono essere i primi a sperimentare nuove soluzioni. Questa è la mia business proposition. Per questo indivuo nuove tendenze e progetto nuovi formati oltre a sperimentare nuove modelli di misurazione dell'efficacia.

Ci sono ovviamente alcuni clienti che non sono interessati alla mia proposta e che quindi non vogliono pagare per questo tipo di valore fornito, altri invece si io mi rivolgo a questi ultimi.

Lavorerò fintanto che qualcuno riterrà che il mio sistema di offerta crea valore.

Per questo sono molto d'accordo sul fatto che laddove si sia in grado di creare valore aggiunto, per effetto di competenze specifiche acquisite, per la capacità di creare economie di scala o di processo, o per qualsiasi ragione riconosciuta sul mercato, non ci sarà un processo di disintermediazione, ma la sostituzione di vecchi intermediari con nuovi.

Per questa serie di ragioni, continuo a meravigliarmi quando diverse agenzie di comunicazione, sembrano non riflettere abbastanza sul loro ruolo futuro. Intanto pensiamo al presente, il futuro verrà. Qualcuno potrebbe venire disintermediato, senza capirne le ragioni. E allora sarà veramente troppo tardi.

Il motivo per cui mi preoccupo è che agenzie creative e centri media sono una parte dei miei clienti potenziali :-)


L'immagine è tratta da una presentazione di Cisco

domenica, giugno 11, 2006

Progettare la comunicazione non pubblicitaria 

Perchè acquistare degli spazi pubblicitari, quando invece si potrebbe diventare editori? Questo è uno dei temi su cui sto lavorando intensamente e riguarda i nuovi criteri di progettazione della comunicazione non pubblicitaria.

E' evidente che la CNP, non è un sostitutivo della pubblicità, non lo credo io e non lo crede nemmeno David Kirkpatrick, senior editor di Fortune, autore di questo interessante articolo.


Due clienti per l'agenzia di comunicazione 

Molte agenzie italiane di pubblicità si sono già attrezzate, altre stanno per farlo. Oramai la maggior parte di esse ha perfettamente compreso che la comunicazione sta diventando digitale e con essa tutto ciò che questo processo sta portando nell'evoluzione dei paradigmi.

Analizzare i nuovi mezzi oggi a disposizione, imparare a progettare un DAL per una campagna interattiva sulla tv digitale, comprendere l'importanza dei feed RSS nella distribuzione dei contenuti periodici o di come automatizzare il processo di distribuzione di un podcast sono cose che si possono imparare con grande facilità, più difficile modificare un atteggiamento sopratutto se è radicato.

Parlando con amici e colleghi pubblicitari, si sente spesso una certa lamentela nei confronti dei clienti che non osano, che desiderano l'innovazione ma che poi scelgono le proposte più conservative. Ma poi si sa, il cliente ha sempre ragione.

Sono oltre dieci anni che mi occupo di comunicazione interattiva e credo di aver maturato un convincimento che mi porta a considerare di avere per ogni progetto di comunicazione non un cliente, ma due.

Il primo cliente è il committente, è quello che mi paga per la consulenza, per l'implementazione di nuovi formati di comunicazione, quello che finanzia la mia attività di ricerca e sviluppo sui nuovi modelli di misurazione delle attività di marketing.

Ho anche un secondo cliente, che è rappresentato dall'insieme degli utenti finali del progetto di comunicazione, che determineranno il successo o l'insuccesso del progetto stesso.

Solo se si considera di avere due clienti, che hanno gli stessi diritti, anche se uno ha un'effettivo esborso finanziario, mentre il secondo paga con la propria attenzione, si è in grado di lavorare in modo equilibrato, avendo più forza nel non accettare quei compromessi che potrebbero avere gravi impatti sull'efficacia del progetto.

Non posso negare che questo atteggiamento, nel breve periodo possa sembrare controproducente, ma alla lunga, porta ad ottimi risultati.

Adoro i media interattivi, perchè sono mezzi che alla fine rendono giustiza ad ogni progetto di comunicazione, nel bene e nel male.

Se mi ascolti, mi amerai

sabato, giugno 10, 2006

L'abito del comunicatore 


E un tessitore disse: parlaci dell'Abito.
E lui rispose.

Il vostro abito copre molto di quel che in voi è bello, ma non copre quel che bello non è.


E sebbene cerchiate nei vestiti una libertà personale, voi potreste trovare un guinzaglio ed un collare.

Vorrei che sentiste il sole ed il vento più sulla vostra pelle e meno sulle stoffe.
Poichè il respiro della vita è nella luce del sole, e la mano della vita è nel vento.


Qualcuno tra voi dice: "E' il vento del nord che ha tessuto le vesti che portiamo."

E io vi dico: si è stato il vento del nord, ma la vergogna fu il suo telaio e la mollezza di un fiore il suo filamento.

E quando ebbe compiuta la sua opera se la rise nella foresta.
Non dimenticate che la modestia serve per fare scudo contro lo sguardo dell'impuro.

Ma quando l'impuro sarà scomparso, cosa sarà la modestia se non un cappio e una perfidia della mente?

E non dimenticate che la terra gode a sentire i vostri piedi nudi e che i venti vi cercano per giocare con i vostri capelli.


Gibran Kahlil Gibran Il profeta

L'era del coinvolgimento 


Mi rendo perfettamente conto che il concetto di coinvolgimento sia chiaro a molti. Internet consente di coinvolgere attraverso l'interattività, comprenderlo non è difficile, più complicato e attuarlo.

Coinvolgere significa essere sulla stessa lunghezza d'onda. E' un processo delicato, da fare in punta dei piedi e con grande umiltà.

Lo sanno molto bene gli animatori dei vilaggi turistici, loro che hanno a che fare, con persone che vogliono solo rilassarsi su una spiaggia a prendere il sole, o che desiderano leggersi un libro tutto di un fiato, o che preferiscono stancarsi con gli sport acquatici o trovare l'amore per una notte o per la vita.

Loro lo sanno, che ogni turista è diverso e capiscono dove fermarsi; sanno quando serve un sorriso, una parola di incoraggiamento oppure saper ascoltare in silenzio senza dire una parola.

L'animatore conosce bene il significato del termine coinvolgimento, ha conosciuto migliaia di turisti, ha lavorato in villaggi di ogni dimensione e livello. Si è sporcato le mani, ha passato notti insonni, si è divertito molto, ma ha anche lavorato molto.

C'è chi crede che coinvolgere utilizzando i mezzi digitali sia semplice. I navigatori sono come i turisti del villaggio, hanno diverse esigenze, aspettative, insomma sono diversi l'uno dall'altro.

La rete non assomiglia ad una spiaggia, le sue connotazioni sono variegate, c'è sicuramente la spiaggia ed il mare, ma anche la montagna, la collina, la grande città, il paese tranquillo, la savana, i grandi spazi, il deserto e l'arcipelago.

Ci sono le palafitte, i condomini moderni, le ville, ma anche i palazzoni in cemento.

In rete fa molto caldo, ma anche molto freddo, il clima è rigido ma anche temperato.

In rete, ci sono le persone, come in un villaggio turistico e come in un villaggio le persone giocano, ma non solo.

In rete, come in un villaggio, per coinvolgere le persone non basta un gioco. E' più complesso di così.

La foto è tratta dal sito di Mattia Morelli

venerdì, giugno 09, 2006

Facciamo finta? 

Un'altra straordinaria vignetta di Doug Savage

Il nuovo ruolo della comunicazione 

A livello internazionale ci si sta interrogando sul ruolo della comunicazione oggi, nell'era della frammentazione dei pubblici.

Quando facciamo un'attività di pr, quando costruiamo un blog, quando progettiamo una campagna di web advertising il nostro vero problema non deve essere la visibilità.

Il fallimento della New Economy è da imputarsi ad un errore di valutazione. Si è ritenuto che la visibilità da sola potesse trasformare visitatori in acquirenti. La realtà dei fatti ci ha dimostrato che non è cosi. Ci vuole un prodotto, ci vuole un buon servizio ed una buona comunicazione a tutti i livelli, non solo una campagna pubblicitaria.

Quando viene pubblicato un video virale, se il risultato ottenuto è solo quello di avere un po' di visibilità abbiamo lavorato solo a metà.
Joseph Jaffe ci spiega molto bene che oggi il punto centrale è il coinvolgimento, non l'attenzione.

“Engagement is turning on a prospect to a brand idea enhanced by the surrounding context.”

Queste sono alcune regole che Joseph Jaffe, ci suggerisce di tenere in mente:

  1. Engagement is doing our damn jobs properly (for a start)
  2. Engagement is our mea culpa that our entire metrics, measurements and standards are built and based on antiquated, irrelevant and outdated methodologies, assumptions and constructs
  3. Engagement is the ability to demonstrate to our clients that our ads were seen, understood, internalized, remembered and able to be acted on.
E' evidente che c'è un grande lavoro da fare per passare dall'esposizione al coinvolgimento, visto che oggi i mezzi digitali, ci consentono di ottenere dei feedback.

Aggiunge Joseph che esposizione e coinvolgimento sono due concetti nettamente distinti.

Engagement has nothing to do with Exposure.

The industry has it all completely backwards in terms of its red herring/smokescreen about proving that TV ads were seen. This has nothing to do with enagement - it's about recall, message association i.e. awareness and it is at the very bottom of the food chain.

Exposure is a precursor to Engagement, but it is not the only ingredient; it certainly is not the main ingredient; AND it is not necessarily enough to lead to engagement

Without Interactivity, Exposure and Engagement cannot occur at the same time, with the same ad unit/format.

Ecco perché non mi piace parlare di Brand Awareness, come punto di arrivo. L'awareness è il primo punto da cui far partire una Brand Relation.

E' inutile analizzare i nuovi mezzi di comunicazione in modo isolato, è il paradigma che deve essere cambiato.

Scriveva Marc Gobè nel suo illuminante testo "Emotional Branding" che:

Essere conosciuti non vuol dire essere scelti.

Dobbiamo avere il coraggio di comprendere che la missione della comunicazione è cambiata, perchè noi siamo cambiati. Vogliamo essere ascoltati e non solo essere informati.

L'immagine è di Curtis Castillow

Creatività Digitale 

Lo IAB ha recentemente organizzato un incontro dal titolo "la creatività nell'era digitale, a cui purtroppo non ho potuto partecipare.

Vorrei poter esprimere la mia opinione sul tema creatività e digitale, visto che nell'anno in corso sono stato in giuria in ben tre premi: quello di Media Stars, l'Internet Key Award e da ultimo Targa Oro.

Non credo che il problema sia da affrontare solo in termini di creatività, perchè nei vari progetti che ho avuto modo di vedere, non è mancata.

Quello che invece ho riscontrato in modo diffuso, è una mancanza di comprensione della cultura del mezzo. Oggi come dieci anni fa, ho visto molti progetti concepiti con logiche mutuate dai mezzi tradizionali. Si è lavorato troppo poco sui nuovi paradigmi della comunicazione.

C'è da fare un enorme lavoro dal punto di vista dei linguaggi, ma è questo è possibile solo se c'è una vera volonta di sperimentare, di sbagliare e quindi di innovare.

Siamo sempre al solito problema. Chi la paga questa innovazione, visto che tutti sembrano ragionare con logiche di breve periodo?

giovedì, giugno 08, 2006

Ecco a voi il Viral Market 


La foto è di Triborough

Lo chiameremo ancora centro media? 

Sto ideando nuovi corsi per l’anno prossimo che riguardano la determinazione dei criteri di progettazione del “nuovo messaggio di marketing sui mezzi digitali”, ma sono consapevole che l’elemento di più grande innovazione afferisce all’evoluzione del mestiere di planner.

Non sono l’unico a pensare che il centro media così come lo conosciamo, subirà già nei prossimi 36 mesi profondi scossoni fino arrivare ad un nuovo assestamento.

Scrive Jeff Jarvis in un post riportato da Robin Good che è già emblematico nel titolo:

The Future Of Media is In Content Aggregation, not in Distribution

Content and news aggregators, remixers, thematic content search engines and directories, topic-specific curators, newsmasters are the new front lines to where new media publishers, unbundled from the need to be tied to one, unique physical distribution network will be moving to. The more you will be able let your content find its distribution channels online without trying to own and control each choke point, the least resistance you will be offering to the sweeping transformations that are already shaping the way that people access and engage with their favorite content. This is how new and traditional media expert, Jeff Jarvis, sees the world of media being transformed as we go along. Networks are all about sharing

Decentramento dell’informazione, nuovi modelli di distribuzione del messaggio di marketing sono esattamente il contrario di quello che è avvenuto fino ad ora soprattutto sul web, con attività di media planning legate all'orientamento ed al controllo dei flussi di traffico degli utenti.

Parlando con i miei colleghi d’oltre oceano emerge che è i cambiamenti più profondi saranno quelli a livello di planning, ecco perché già sei anni fa, non mi piaceva dire di lavorare in un centro media, mi sembrava alquanto riduttivo. Forse non avevo tutti i torti.

La foto è tratta dal sito di Aedvertising

Innovazione e formazione 

Nessuno è immune dai luoghi comuni. Abbiamo in mente che gli enti pubblici siano costantemente indietro mentre le imprese siano estremamente innovative, spesso la realtà dei fatti è diversa.

Ho appena ultimato un progetto di formazione per la Regione Lombardia. Ho trovato i partecipanti al corso molto preparati professionalmente e qualcuno di essi, mi ha detto che la Regione Lombardia ha previsto un piano di formazione per i propri dipendenti di oltre 1.000 ore per l'anno in corso.

Prendiamo per buono questo dato, visto che non conosco i dettagli, ma mi sorge spontanea una domanda (come direbbe qualcuno).

Ma un'agenzia di pubblicità o un centro media che dovrebbero vivere di innovazione, quante ore dedicano alla formazione dei propri dipendenti?

L'evoluzione del centro media 

Come qualcuno sa, ho lavorato in un centro media, anche se specializzato sui mezzi digitali.

Credo che in questo mondo mediale in profondo cambiamento anche il ruolo dei centri media dovrebbe mutare radicalmente.

Ho scritto diverso tempo fa un articolo in cui auspicavo una nuova "unione" tra centri media e agenzie creative, separate nei ruoli per ragioni di specializzazione che oggi a mio parere non hanno più ragione di esistere.

Purtroppo molti centri media sono diventati dei "pianimentificatici", quando oggi il mercato a fronte della frammentazione delle audience e della moltiplicazione dei canali chiede loro di adeguarsi all'evoluzione di questo nuovo panorama dei media e ai nuovi modelli di fruizione degli utilizzatori di tali media.

In Italia, non so quanti siano d'accordo con la mia posizione, mentre all'estero trovo continue conferme al mio pensiero, da ultimo questo interessante post, che spiega perchè gli account planner dovrebbero trasformarsi oggi in "digital enablers".

Un approccio olistico al branding 

E' proprio vero che le idee sono nell'aria.

Mentre sto lavorando su un nuovo modello olistico di branding che cerca di integrare la sfera razionale, con quelle emozionali, valoriali, sociali e via discorrendo relative all'influenza dei mezzi digitali sul processo decisionale d'acquisto, dall'altra parte dell'oceano, il vulcanico Joseph Jaffe, riprende un interessante post di David Armano, che nel suo blog Logic+Emotion cerca di trovare dei punti di intersezione tra il Brand Engagement, l'Experience Design e la sfera più razionale del Marketing 2.0 (etichetta di fantasia che in questo momento dice tutto e niente).

Purtroppo la maggior parte delle campagne di comunicazione che vedo, agiscono su queste diverse sfere in modo separato. Sono pochissime le agenzie di comunicazione in Italia interessate a questi modelli di integrazione.

Nei blog americani, se ne parla diffusamente, ma in termini generali, mentre i modelli applicativi vengono "giustamente" mantenuti riservati, per evitare le solite sortite dei "tagliaincollatori".

mercoledì, giugno 07, 2006

L'innovazione nel marketing e nella comunicazione 

Mentre all'estero si organizzano spesso momenti di incontro e di riflessione dove discutere di reale innovazione nel marketing e nella comunicazione, purtroppo nel nostro Paese, i convegni vengono utilizzati molto spesso come strumento promozionale e come vetrina per prodotti e servizi e per far parlare i soliti noti.

Mi piacerebbe tanto ad assistere ad un convegno innovativo in cui per una volta si ascolta veramente.

Si ascoltano le persone, si ascoltano i rappresentanti delle associazioni di categoria, si ascoltano gli studenti per chiedere loro quale potrebbe essere secondo la loro opinione una comunicazione ideale.

Sono sicuro che tutti i professionisti della comunicazione imparerebbero qualcosa, ma ho i miei dubbi che ci sia l'interesse ad organizzare un simile convegno. Intanto io ho lanciato il sasso.


La foto è tratta dal sito del Medical College della Georgia

...infatti a distanza di tempo, vedo e rivedo, questo straordinario spot realizzato da una Grande Agenzia e penso che probabilmente questo genere di commercial non verrà skippato.

Un'idea veramente creativa, lascia comunque il segno

Agenzia pubblicitaria da1 $ al giorno 

La foto è di Daniel 193

martedì, giugno 06, 2006

Che cosa chiedono i clienti all'agenzia di comunicazione? 

Che cosa chiedono i clienti alla propria agenzia o al proprio consulente di comunicazione?

Ho individuato dieci elementi/requisiti, anche se non sono in grado di metterli in ordine di priorità.

  1. creatività
  2. precisione nel raggiungere i target
  3. conoscenza operativa di tutti i mezzi di comunicazione vecchi e nuovi
  4. costi
  5. velocità del processo produttivo (dal brief al golive)
  6. sistemi di misurazione e di monitoraggio dell'efficacia
  7. livello di propositività, innovazione e metodo
  8. problem setting & problem solving
  9. flessibilità e versatilità
  10. feeling

Mi piacerebbe molto verificare quanti dei lettori di Marketing Usabile, sono d'accordo con questa classificazione o se invece modificherebbero questa lista.
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